Capitolo 26 - seconda parte

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Lewis



Quei due giorni a Parigi erano stati, forse, i migliori della mia vita.

Avevo visitato quella città in altre occasioni, ma farlo in compagnia della mia fidanzata aveva reso quella fuga -da tutto e soprattutto da tutti- incredibilmente perfetta.

Fin da subito avevo dato a Jane carta bianca, facendo decidere a lei cosa fare per soddisfare la sua insana curiosità ma, non avendo nell'immediato il giusto tempo per capire le priorità tra le decine di monumenti, mi aveva letteralmente sballottato da una parte all'altra della capitale: nessun accompagnatore e nessun taxi, solo mezzi pubblici e lunghe camminate. Sebbene all'inizio quella sua scelta mi aveva fatto pentire di averle concesso piena facoltà decisionale, mi era bastata un'ora per cambiare totalmente idea.

Ed io, testardo tutto d'un pezzo, non lo facevo spesso.

Vedere Jane immersa in quel contesto, come una qualsiasi spensierata e gioiosa turista -con lo sguardo sempre proiettato verso qualcosa, la mente occupata solo dal numero o dal nome delle fermate della metro e il sorriso travolgente di una bambina-, mi aveva conquistato così tanto da non accorgermi di tutte le cose circostanti.
In quei due giorni non era esistito cattedrale o dipinto o monumento o scultura per me, ma solo lei. E quella nuova sensazione di puro calore che avvertito all'altezza del petto mi faceva fremere.

"Vorrei rimanere qui per sempre..."

Il mio sguardo si spostò su Jane e subito sorrisi.

Indossava dei leggins grigi, una maglia nera a maniche corte e aveva i capelli castani raccolti in una coda disordinata, ma nonostante la palese stanchezza -che si evinceva dal modo in cui il suo corpo era poggiato sullo stipite della portafinestra che portava al balcone della camera-, i suoi occhi brillavano ancora di meraviglia mentre guardava la Tour Eiffel illuminata.

"Le prossime gare saranno tutte in Europa, quindi chissà, magari potremmo ritornare prima di quanto pensi..."

"Davvero?" Mi chiese con voce squillante.

"Basta organizzarsi."

Jane mi sorrise, in un modo così puro da farmi tremare le gambe.

Nonostante ciò, con passi lenti e misurati la raggiunsi e senza attendere oltre, abbassai la maniglia in metallo della portafinestra e ne spalancai le ante. Strinsi la sua mano con la mia e la portai fuori, in quel piccolo e privato spazio che si affacciava elegantemente sulla città.

"Non riesco ancora a credere che tu abbia organizzato questo viaggio." Disse Jane, attirando la mia attenzione.

"Te l'ho detto: io volevo stare con te e scappare da tutti mi è sembrata l'unica buona idea" le risposi subito, con estrema sincerità. "In più ero sicuro che Parigi ti sarebbe piaciuta."

"E come facevi a saperlo?"

"Me l'hai detto tu." Risposi, scrollando le spalle.

Jane interruppe il contatto tra le nostre mani e corrucciando la fronte, portò entrambe le braccia strette sotto al petto.
Mi venne quasi da ridere nel guardarla, con le guance rosse a causa del leggero fresco e il labbro inferiore un pò più sporgente di quello superiore.

"Quando?"

"La sera in cui ci siamo conosciuti."

Ascoltando quelle parole, lei sbarrò gli occhi per la sorpresa.

"Che cosa?" urlò, facendo alcuni passi indietro. "Dio, non ci posso credere! Davvero mi sono ubriacata e ho raccontato tutta la mia vita ad uno sconosciuto?"

Mi maledissi per aver tirato fuori l'argomento perché se in quelle settimane trascorse insieme avessi notato una sola cosa di Jane, sarebbe stata senza ombra di dubbio la riservatezza con cui accenni al suo passato.
Nonostante la maggior parte delle volte entrambi scherzassimo sul modo in cui la nostra relazione sentimentale fosse cominciata, sapevo bene che Jane -di quella sera- rinnegasse due cose fondamentali: l'aver bevuto in modo eccessivo e l'essersi lasciata completamente andare con uno sconosciuto.
Non tanto per ciò che di fisico fosse accaduto tra noi, bensì per l'aspetto mentale.

Spesso mi ripetevo che -forse- fosse stato proprio il destino, che lei avesse deciso quella sera di abbassare ogni sua barriera emotiva proprio con me per un qualche strano disegno spirituale, ma se da una parte mi sentissi lusingato per averla involontariamente indotta a raccontarmi di lei stessa, dall'altra un senso di colpa non faceva altro che attanagliarmi l'anima.

"Non ho proferito nemmeno una parola di ciò che mi hai raccontato quella sera, lo sai vero? E sai che non lo farò mai -con nessuno- senza il tuo consenso, giusto?"

Jane, accorgendosi del nervosismo e della quasi tristezza che aveva preso possesso del mio corpo, non ci pensò due volte ad allargare le braccia e a buttarsi letteralmente su di me.

"Certo che lo so Lewis!" rispose. "Mi fido di te e sono felice che quella notte fossi tu e nessun altro."

Sospirai, libero da quel peso sullo stomaco, e non attendendo oltre, la strinsi contatto di me. Portai la testa nell'incavo del suo collo e lì chiusi gli occhi, beandomi del suo profumo, del suo calore e del battito frenetico del suo cuore che andava di pari passo col mio.

"Anche se, delle volte, non posso fare a meno di chiedermi a cosa tu abbia pensato nel ritrovarti davanti una tipa così..."

"Fortunato" risposi, sapendo bene cosa intendesse. "Ho pensato di essere un ragazzo fortunato."

"Dai, non scherzare!" disse, alzando gli occhi al cielo. "Mi sono ubriacata, ti ho raccontato tutta la mia vita, abbiamo fatto sesso e poi, la mattina dopo, sono fuggita! Sono stata... indecente!"

"No, sei stata sorprendente" ribattei, cercando di nuovo il suo sguardo. "Eri brillante, divertente, sempre con il sorriso sulle labbra, autentica e incredibilmente bella" continuai, stringendola ancora di più. "Non t'interessava mostrarti per quella che non fossi e di certo non eri influenzata dalla mia presenza... anzi, ogni volta che ne avevi la possibilità, eri sempre pronta a prendermi in giro per essere il quattro volte campione del mondo."

"Mi avrai odiato allora!"

Ridacchiai, prima di lasciarle un bacio in fronte.

"In realtà ero totalmente affascinato" ammisi, facendola imbarazzare. "E sai, ripensandoci, credo di essermi innamorato di te proprio quella sera."

Avvertii il corpo di Jane tendersi dopo quelle parole, ma sapevo che quella sua immediata reazione non fosse negativa e ne ebbi la conferma quando abbassai lo sguardo sul suo volto: era sbalordita -chiaramente presa in contropiede da tale rivelazione-, però allo stesso tempo era raggiante, come se quella confessione fosse per lei la cosa più desiderata al mondo.

"Ammetto che le tempistiche non sono state uguali, ma anch'io mi sono innamorata di te Lewis."

"Lo so!"

Lei rise e io non potetti che fare altrettanto.

"Davvero? E sentiamo, quando lo avresti capito?" Mi domandò, allacciando le braccia dietro al mio collo.

"Un paio di settimane fa" risposi, scrollando le spalle. "Una mattina, mentre ancora eravamo a letto, ho guardato i tuoi occhi e lì ho visto lo stesso tipo d'amore che ero sicuro tu potessi leggere nei miei."

Jane, allora, mi baciò e per quella notte -esattamente come accadde la prima volta- non ci separammo più.




Angolo autrice: io odio questi capitoli perché sinceramente non so scriverli. O sono troppo romantici e "diabetici" oppure troppo confusi, quindi -mi conosco- e se stavo lì ancora a rileggerlo, probabilmente lo avrei cancellato e chissà quando riscritto. Meglio pubblicarlo e passare avanti, no? (tipo al momento in cui figliano, ma okay).

A proposito di pubblicazioni: per chi non lo sapesse, sul mio profilo troverete una nuova storia intitolata "DELICATE", e tratta sempre di F1 ma con protagonista il crucco cuccioloso di Sebastian Vettel!

Detto ciò, scompaio.

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora