Capitolo 33

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Germania - Giorno 1 (giovedì pomeriggio)


"Siamo arrivati signorina."

Subito mi sporsi verso il finestrino per osservare edificio davanti al quale il taxi si era fermato, poi -senza perdere altro tempo- dalla borsa presi alcune banconote e le consegnai all'autista.

Lo salutai e non facendo nemmeno caso al fatto che non possedessi un ombrello, aprii lo sportello: anche se il tratto di strada tra la corsia dei taxi e l'entrata dell'hotel era breve, la pioggia battente non mi lasciò scampo e a pagarne le conseguenze furono principalmente le mie scarpe di tela.
Dovrei imparare a controllare il meteo prima di vestirmi.

Una volta varcato l'ampio ingresso, rallentai un istante per guardarmi attorno e appena individuato il bancone della reception, mi affrettai nel raggiungerlo.

"Benvenuta" mi salutò con un sorriso l'uomo in giacca e cravatta posto dietro ad esso. "Come posso aiutarla?"

Deglutii e cercai di non sembrare nervosa.

"La signora Cullen dovrebbe aver lasciato qualcosa per me: mi chiamo Jane Morgan."

Lui, come da prassi, mi chiese un documento d'identità e dopo aver paragonato la foto del mio passaporto e il mio volto reale, mi consegnò quasi con discrezione una piccola busta bianca.

"Tredicesimo piano" mi disse, con un cenno. "Le consiglio di prendere gli ascensori sulla sinistra, sono quelli meno affollati."

Lo ringraziai cordialmente e, con passo un pò incerto, m'incamminai verso l'area che lui stesso mi aveva indicato; trascorsi solo pochi minuti d'attesa, poi mi ritrovai -nella completa solitudine- proprio nel corridoio del tredicesimo piano.

Fu allora che aprii la busta consegnatami in precedenza: al suo interno vi era solo una tessera magnetica nera con su stampato un numero a quattro cifre, ma era tutto ciò che mi servisse per poter accedere alla suite giusta.

Quella registrata a nome di Lewis Hamilton.

Sapevo che lui non fosse presente, così -sia per non perdere l'uso dei piedi sia per non sporcare il parquet lucido- mi tolsi le scarpe bagnate.
Mi guardai attorno, non stupendomi della sfarzosità presente -ma, comunque, mai originale- e con passi lenti mi avvicinai alla grande vetrata che dava sulla cittadina tedesca: uno dei tanti aspetti del mio lavoro, il viaggiare. Essere il giorno prima in una città e quella dopo in un'altra, ad infiniti chilometri di distanza, era spesso stancante ma per me, in quel momento, era solo rasserenante.
Con uno sbuffo mi sedetti sulla poltrona posta vicino al letto e, mettendomi comoda con le ginocchia piegate al petto, abbassai le palpebre.

Almeno fin quando non sentii la porta nuovamente cigolare.

"Ciao."

Lewis fu sorpreso nel vedermi lì e quasi mi lasciai sfuggire un sospiro di sollievo quando scorsi i suoi occhi -puntati su di me- illuminarsi, ma presto quel pizzico di felicità trapelata lasciò spazio solo alla durezza dei suoi lineamenti.

"Che cosa ci fai qui?" Mi domandò con voce fredda.

Bene, non sarà per niente facile questa conversazione.

Mi misi in piedi e continuai a guardarlo mentre lui si liberava del cappotto e dello zaino.

"Angela mi ha fatto entrare" dissi, avvicinandomi. "Volevo parlarti."

"Meglio tardi che mai." Ribatté.

Sospirai e per il nervosismo cominciai a torturarmi le dita delle mani, un gesto che sapevo bene lui odiasse.

"Mi dispiace esser scomparsa in questi ultimi giorni, ma è stata una settimana difficile e avevo bisogno del tempo per me stessa."

"Beh, potevi avvisarmi!" rispose stizzito, scrollando le spalle. "Cos'è successo?" Mi chiese con risolutezza.

Abbassai per un istante la testa, poi presi coraggio e tornai a guardarlo.

"Lewis..."

Feci per parlare, ma lui sbuffò e cominciò a camminare avanti e indietro per la stanza, visibilmente innervosito e scocciato dalla situazione.

"Ti ho chiesto di vivere con me, tu hai detto di sì ma dopo cinque minuti sei sparita!" urlò, allargando la braccia con fare teatrale. "Non ti ho più trovata e quando ho chiesto a mio padre cosa fosse successo lui mi ha detto che eri scappata!"

Scossi la testa e per quanto volessi mantenere quella conversazioni su toni più pacifici possibili, non riuscii a trattenere la rabbia.

"Tuo padre ti ha anche detto di aver fatto ricerche su mia madre?"

L'espressione di Lewis mutò due volte nel giro di pochi istanti: prima spalancò gli occhi per la sorpresa, poi corrucciò la fronte per la confusione e ben presto fu facile cogliere dello scetticismo nel suo sguardo.

Quella cosa mi ferii.

"Ma che cosa..."

"Non solo, si è anche permesso di paragonarmi a lei! Alla donna che mi ha abbandonato e che non vedo e non sento da più di vent'anni!" dissi, alzando il tono della voce. "E sai il motivo per cui l'ha fatto? Perché ha scoperto che mia madre è un'eccentrica egoista che si è rifatta una vita dall'altra parte del mondo con un milionario!" continuai, avvicinandomi quasi inconsciamente alla sua figura. "Forse papà Hamilton ha paura che io possa essere come lei... ne avete mai discusso? Del fatto che io possa stare con te solo per il tuo conto in banca?"

Seppi di aver esagerato l'attimo dopo aver pronunciato quell'ultime parola.

Mi ero letteralmente imbucata nella sua suite per chiedergli scusa, per spiegargli tutto quello che era accaduto negli ultimi giorni, invece ero finita con l'urlagli contro e ciò mi suscitava un insano senso di incompetenza.
E mi sentii ancora peggio quando focalizzai meglio la mia attenzione su Lewis: i suoi lineamenti erano tornati ad essere spigolosi e il suo volto era vuoto, privo di qualsiasi segno che potesse far trapelare una qualunque emozione, tanto che se non fosse stato per le mani strette a pugno lungo i fianchi -quasi bianche per la sforzo che stava compiendo per tenerle salde- lo avrei addirittura percepito come spaventoso.

Rimasi lì, immobile, aspettando una sua risposta ma nulla. Così mi affrettai nell'indossare le mie scarpe -ancora bagnate- e nel recuperare il cellulare, poi raggiunsi la porta.

E mi bloccai.

Sii matura Jane, sii forte.

"Ti amo Lewis" dissi, voltandomi di nuovo nella sua direzione. "E se non avessi voluto venir a vivere con te, avrei detto di no fin dal principio ma è innegabile per me ammettere che adoro trascorrere quanto più tempo possibile insieme, sia che si tratti di un incontro di lavoro sia di una serata tranquilla sul divano di casa" continuai, lasciando cadere ogni barriera. "Solo che... è difficile stare con te, con il campione Lewis Hamilton davanti al mondo intero... ma diventa impossibile farlo senza la tua fiducia."

Lui mi osservò, in silenzio.

E alla fine andai via.



Angolo autrice: Buonasera! Ecco a voi un altro capitolo! Prometto che il prossimo arriverà molto presto visto che, praticamente, è quasi già completo!

Volevo inoltre dirvi che ho intrapreso una nuova Fanfiction, questa volta in tema social (Instagram) sul calcio... quindi per chi volesse, può andare a dare un'occhiata!

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora