Capitolo 4 - prima parte

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Cina - Giorno 1 (giovedì sera)


Il parcheggio che Lewis aveva scelto come luogo del nostro incontro era per la maggior parte occupato da auto marcate Mercedes.

Non che fosse una sorpresa, visto che quell'area dell'edificio era completamente riservata al team tedesco e di conseguenza sorvegliata ad ogni angolo dalla sicurezza scelta per l'occasione: io stessa, per accedervi, avevo dovuto riferire a uno degli uomini presenti -vestito come nei film americani con un completo scuro e dall'aria abbastanza minacciosa- il mio nome, che fortunatamente era stato inserito da qualcuno nella lista delle persone ben accette.

Grazie Angela. Lodata sia la tua pazienza.

Sospirai e strinsi le braccia al petto, continuando a passeggiare nella piccola hall.

Lewis mi aveva scritto d'indossare qualcosa di casual per la nostra uscita,  perciò avevo scelto di mettere i miei soliti jeans chiari, una maglia bianca con disegni incomprensibili di colore rosso, la giacca di pelle nera a causa del venticello che nel pomeriggio si era alzato e un paio di stivaletti dello stesso colore ai piedi. Sapevo che quello non fosse il tipico standard di Lewis -soprattutto per il suo ruolo di uomo sponsor di marchi d'abbigliamento-, ma lui stesso mi aveva detto che il luogo in cui avremmo trascorso la serata sarebbe stato distaccato dall'essere elegante e sofisticato.

Io, quindi, al massimo delle mie capacità mi ero adeguata.

Andiamo, non è nemmeno un appuntamento!

"Ciao Jane!"

Sentendo la voce di Lewis, mi voltai verso l'ascensore.

"Ciao!" lo salutai a mia volta, sorridendogli.

Notai subito il suo outfit, quasi uguale al mio a primo impatto, e mi diedi il cinque mentalmente per aver azzeccato la circostanza.

"Scusami per il ritardo, ma oggi le interviste sembravano non voler terminare!" continuò, arrivando ad essere proprio di fronte a me.

A quella distanza potevo sentire la fragranza intensa del suo profumo.

"Non ti preoccupare, sto aspettando solo da un paio di minuti!"

Lui ricambiò il mio sorriso e con un movimento del tutto inaspettato, si sporse ancora per darmi un leggero bacio sulla guancia.

Ed io mi bloccai sul posto.

Con la bocca semiaperta e gli occhi spalancati.

Completamente impacciata.

Ero consapevole del fatto che la mia reazione fosse inopportuna, visto che tra noi i limiti d'intimità erano stati superati al primo incontro senza ripensamenti, ma ancora né io né lui avevamo mai accennato a quella notte quindi il nostro rapporto -a livello fisico- era abbastanza confuso.

Poi, però, intravidi nel suo sguardo un pizzico di delusione e rimpianto e subito, d'istinto, decisi di abbandonare ogni paranoia che il mio cervello aveva e stava creando per prendere in mano la situazione.

"Pronto per andare?" gli domandai, piegano la testa di lato e sorridendo.

Lui mi osservò per qualche istante, quasi per comprendere meglio il mio comportamento altalenante, poi si rilassò.

"Certo, andiamo!"

Lewis cominciò a fare strada, in rigoroso silenzio, e solo dopo una decina di metri ci fermammo: mi voltai verso di lui e quando lo vidi tirare fuori dalla tasca dei suoi jeans un mazzo di chiavi, mi guardai intorno per vedere quale delle auto lì parcheggiate fosse la nostra. Non rimasi per nulla sorpresa nel vedere le luci della Mercedes Coupé Classe S accendersi, e subito spegnersi.

Cercando di non pensare al valore di mercato di quella macchina -che si aggirava intorno ai cento mila dollari-, mi diressi verso il lato passeggero, ma quando feci per aprire lo sportello, una mano anticipò la mia.

"Prego!" disse semplicemente Lewis, facendo cenno con la testa di prendere posto.

Lo ringraziai, ma dal suo sguardo divertito ero certa che avesse notato le mie guance colorarsi di rosso. Nessuno mi aveva mai riservato una tale attenzione e vederlo fare proprio per la prima volta al campione del mondo in carica di Formula 1, era tanto incredibile quanto imbarazzante.

"Allora, raccontami della tua giornata!" disse, non appena uscimmo dall'area dell'hotel.

Sospirai e quasi con impazienza, risposi.

"Di mattina, col team, abbiamo organizzato gli appuntamenti per il resto del week end mentre nel pomeriggio abbiamo lavorato in varie zone del circuito per montare il video della track walk."

"Di solito questi servizi non vengono trasmessi in diretta?"

"Sì, ma quando il fuso orario sfora le sette ore, a quanto pare è meglio registrarli!"

"C'era qualcuno in pista?"

"I due piloti della Sauber, Gasly, Stroll e anche Daniel" risposi, sistemandomi meglio sul sedile.

"Daniel?" Mi chiese incuriosito, e per la prima volta da quando partimmo, lo vidi distogliere lo sguardo dalla strada per puntarlo su di me.

"Ricciardo!" Precisai, come se fosse una cosa ovvia.

"Lo conosci?"

"Personalmente? No, purtroppo, anche se vorrei!"

"Perché?" Mi domandò ancora, continuando a muovere la nuca in entrambe le direzione.

Dal suo tono di voce, più rauco rispetto a prima, sembrava esser diventato nervoso.

"Beh, da quanto si vede in TV, è uno dei più simpatici! Ride e scherza sempre durante le interviste e anche quando tutto gli gira male, lui sorride" risposi, voltandomi completamente verso di lui. "Inoltre, è il mio pilota preferito!"

"Che cosa?!" Quasi urlò, drizzando la schiena.

Osservando l'espressione inorridita di Lewis, non potetti non cominciare a ridacchiare.

Immaginavo che una risposta del genere avrebbe provocato una reazione simile in uno come lui, un professionista fin troppo egocentrico e particolarmente suscettibile, ma l'occasione giuntami era troppo invitante per poter fare diversamente.

Anche se, in fin dei conti, non era poi una menzogna la mia preferenza.

"Scherzi, vero?"

"Perché dovrei?" Ribattei, non cancellando l'espressione di puro divertimento presente sul mio volto.

Lewis mi guardò ancora, poi scuotendo leggermente la testa, ridacchiò.

"Vuol dire che dovrò farti cambiare idea..."

"E come pensi di fare?"

Lui non rispose, e per tutto il tempo del viaggio evitò le mie provocazioni cambiando sempre discorso. Addirittura, pur di non farmi aprir bocca, mi parlò dei suoi ultimi impegni con gli sponsor, nonostante un paio di giorni prima mi avesse confessato che spesso li ritenesse noiosi e ripetitivi.

Solo dopo una decina di minuti, quando arrestò la macchina in uno spiazzale pieno di altre auto, si voltò con tutto il corpo verso di me e mi sorrise.

A primo impatto, sembrava quasi soddisfatto.

"Penso che portarti in uno dei tuoi luoghi preferiti possa farmi diventare il primo della tua lista, no?"

Io corrucciai la fronte, confusa.

Poi, seguendo il suo sguardo, mi spostai per osservare fuori dal finestrino e come una bambina di cinque anni, mi feci travolgere dall'entusiasmo alla vista di tutte quelle luci.

"O Dio, ma questo è un Luna Park!"

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora