Capitolo 45

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"Amy potresti smetterla di far tremare l'intera tribuna con quella gamba?"

Mia cugina, come se fosse stata colta in flagrante a fare chissà quale gesto inappropriato, si voltò subito verso di me con gli occhi sbarrati e quasi fece cadere i pacchi di patatine che aveva in mano.

"Sono nervosa."

"Non ne hai motivo: vinceremo anche questa." Controbatté con tono autoritario mio zio, sorseggiando il suo primo bicchiere di birra.

Con la coda dell'occhio vidi Amy fare una smorfia -più per scaramanzia che per altro- e non potetti fare a meno di ridacchiare.

Mi riposizionai meglio sul seggiolino e mi guardai attorno meravigliata: non importava quante volte ci fossi già stata, lo stadio di Anfield riusciva sempre a lasciarmi senza fiato. Con la sua struttura rettangolare era imponente e sembrava essere ancora più grande quando tutti gli spalti erano pieni di tifosi, rigorosamente vestiti con la maglia rossa del Liverpool.
E per quella partita, tra le due squadre calcistiche più titolate d'Inghilterra, non v'era nemmeno un posto vuoto.

"Peccato non aver trovato i biglietti per gli stessi posti dell'anno scorso!"

"Sono aumentati gli abbonati" spiegò mio zio, voltandosi alla sua destra. "E quasi tutti sono andati verso la Kop."

"E perché?" Chiese Amy, sporgendosi verso di noi.

"Quest'anno abbiamo una seria possibilità di vincere il campionato!"

Sorrisi tra me ascoltando quelle parole.

"Papà ne sarebbe entusiasta."

"Tuo padre sarebbe proprio stato uno degli abbonati" rispose ancora una volta mio zio, ridacchiando. "Solo l'amore per la sua famiglia superava quello per questa squadra."

Deglutii e prima che qualche lacrima solcasse le miei guance, venni distratta dalla suoneria del cellulare posto dentro la tasca destra del mio giubbotto.
Quando lessi il nome sullo schermo lampeggiante quasi mi venne un colpo.

Ma cosa diavolo...

"Non rispondere."

Mi voltai verso Amy e il suo sguardo tagliente, che mostrava in modo trasparente tutta la sua rabbia, mi spaventò a tal punto d'abbassare subito il cellulare e ignorarlo.

"Non ha motivo di chiamarti" continuò mia cugina, avvicinandosi al mio orecchio per non dover alzare troppo la voce. "Soprattutto non oggi, visto che sei in ferie."

Feci un segno d'affermazione con la nuca e raddrizzai le spalle, rinvigorita dalla determinazione di quelle sue parole ma quando il telefono riprese a squillare, le mie certezze svanirono di nuovo.

"Rispondi" mi consigliò, invece, mio zio. "Non sembra il tipo di uomo che si lascia chiudere una porta in faccia così facilmente."

Beh, non ha poi tutti i torti.

Sospirai e sotto lo sguardo attento di entrambi -Amy stava cercando di non strangolare suo padre in pubblico mentre lui stava deliberatamente ignorando il viso contrariato della figlia- lasciai la tribuna dello stadio. Fu abbastanza difficile districarsi tra la folla e trovare un angolino più o meno appartato e silenzioso dove rispondere, ma alla fine premetti il tasto verde sullo schermo.

"Ehi, scusa per averti..."

"È la quinta chiamata che ti faccio Jane Morgan!"

Nonostante avessi indossato le cuffie per soffocare il rumore causato dai tifosi, capii subito di aver fatto un errore colossale perché la voce di Torger Christian Wolff era decisamente più forte e assordante di tutti i cori che si potessero ascoltare allo stadio.

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora