Capitolo 4 - seconda parte

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Cina - Giorno 1 (giovedì sera)


"Tu sei completamente pazza!"

Quasi mi piegai in due dal ridere osservando con quanta drammaticità Lewis si allontanò dall'ennesima attrazione in cui lo avevo costretto a salire.

"Io non ci vado più là sopra!" continuò lui, indicando con fare piuttosto plateale la shot&drop tower dietro di noi.

Obiettivamente, però, non aveva tutti i torti.
Era una struttura in acciaio alta circa settanta metri, sulla quale si prendeva posto e si aspettava prima di essere lanciato verso la parte superiore con accelerazioni che sfidano le leggi della fisica, poi di precipitare quasi letteralmente verso il suolo.
Non era un cosa per deboli di cuore -lo sapevo bene, visto che ero già salita su quella giostra due volte in vita mia- e quello era uno dei motivo che mi avevano spinta a portare Lewis lassù con me: avevo pensato che, se lui riuscisse a raggiungere abitualmente i trecentosessanta chilometri orari con la sua monoposto senza timore, gestire quel tipo di adrenalina non sarebbe stato un problema.

Mi ero sbagliata.

"Oh andiamo, non è stato poi così traumatico!" risposi avvicinandomi, con un sorriso però che appariva del tutto sarcastico.
Lui, in risposta, mi lanciò uno sguardo assassino.
"Ehi, ricordati che sei stato tu a portarmi qui!"

"E non accadrà mai più!" controbatté svelto. "La prossima volta andremo in un ristorante, come tutte la persone normali."

"Sta già progettando un'altra uscita, signor Hamilton?" gli domandai, arrestando i miei passi e portando le braccia al petto.
Probabilmente per arrestare il battito troppo accelerato del mio cuore: non potevo credere che avesse davvero pronunciato quelle parole.

Lewis, notando i miei movimenti, si fermò e si volse verso di me. Il cappellino che aveva indossato una volta arrivati al parco -per non farsi riconoscere dai possibili fans presenti- copriva parzialmente il suo sguardo, ma sul suo volto era ben visibile un timido sorriso.

"Certo! Altrimenti come potrei convincerti che il pilota più simpatico di tutto il paddock sono proprio io?"

"E se scegliessi di non venire perché mi stai antipatico?" lo provocai, ma risultando poco credibile, tanto che lo vidi rilassarsi e distendere la sua espressione.

Lui fece un paio di passi verso di me, puntando i suoi occhi nei miei.

"Impossibile!" risposte con sicurezza. "Tra l'altro, se così fosse, non saresti nemmeno qui."

"Non che tu mi abbia dato molta scelta" dissi, con fare ironico. "E poi, potrei esser venuta solo per una questione di educazione."

Tutto d'un tratto, l'espressione di Lewis divenne sostenuta.
Si avvicinò ancora e il suo petto quasi si andò a poggiare completamente sulle mie braccia, ancora strette sotto al seno. Era più alto di me, anche se non di molto, ma a quella distanza per mantenere i nostri sguardi intrecciati, dovetti per forza alzare la nuca.
Non proferì parola per alcuni istanti e io faticai nel rimanere immobile al mio posto: il nervosismo, generato sia dall'impegnativa discussione sia dalla vicinanza fisica, mi stava dilaniando dentro e i dubbi riguardanti il mio dire o fare qualcosa di sbagliato stavano aumentando al trascorrere di ogni secondo.
Poi, all'improvviso, rise.

"Sei poco credibile Jane."

Boccheggiai, incredula, e d'impulso gli diedi un pugno sul braccio.

"Sei un'idiota!"

"Ma che ho fatto? Ti porto in uno dei tuoi posti preferiti e questo è il ringraziamento?" mi domandò lui, facendo un paio di passi indietro e portando la sua mano sinistra a massaggiarsi il punto in cui lo avevo colpito.
Osservando quel suo gesto ridacchiai, consapevole che ancora una volta stesse esagerando visto che la mia potenza era paragonabile a quella di una formica.

"Come facevi a sapere che i luna park mi piacessero?"

Fu in quel momento, ancora, che l'espressione di Lewis mutò. Com'era accaduto alcuni minuti prima, il suo volto assunse una mimica più severa ma a differenza della volta precedente, l'intensità della sua inquietudine potevano essere percepiti in tutto il suo corpo: dai muscoli della schiena e delle spalle che si erano irrigiditi, al suo respiro quasi impercettibile.

Probabilmente adesso ho detto o fatto qualcosa di sbagliato.

Lewis si guardò intorno e notando la grande quantità di persone attorno a noi, decise di prendermi per mano -non era la prima volta che lo faceva quella sera- e di trascinarmi verso una zona del parco un po' più tranquilla.
Io, confusa, lo seguii senza obiettare.

Quando fummo dietro una delle tante attrazioni lì presenti, un po' nascosti dal flusso di gente che si muoveva in ogni direzione, lui si bloccò. Inspirò in modo profondo, poi sollevò il cappellino firmato quel tanto che bastasse per permettermi di guardarlo completamente negli occhi.

"Che cosa ti ricordi di quella notte?"

Ero consapevole che quella domanda, un giorno, sarebbe stata formulata da lui ma nonostante ciò, non avevo mai trovato una risposta adeguata ad essa. Per questo boccheggiai e spostando lo sguardo da una parte all'altra, cercai d'inventarmi una frase di senso compiuto al momento.
Cosa che non mi riuscii per niente.

"Io... beh, veramente quando..."

"Jane, sii sincera."

Abbassai le spalle, sconfitta e imbarazzata.
"Non molto" risposi, evitando i suoi occhi. "Non sono mai stata brava a sopportare l'alcol, e quella sera... Dio, mi dispiace tantissimo! Mi sento uno schifo e..."

"Ehi, ehi! Tranquilla Jane!" m'interruppe lui, tornando ad essere troppo vicino a me. "Non mi devi chiedere scusa, non c'è alcun motivo per cui tu debba farlo."

Ascoltando quelle parole, alzai di nuovo lo sguardo verso di lui.
Era sincero e la cosa mi rincuorava.

"No?" chiesi, quasi sussurrando.

Lewis mi sorrise e spostò le sue mani all'altezza del mio volto, poggiandone  una per ogni lato: il suo tocco era delicato, fin troppo per uno abituato a stringere il volante della sua auto con vigore.

"No" rispose. "Ma forse, dovrei esserlo io a farlo."

"Perché dici così?"

"Beh perché... abbiamo entrambi bevuto molto, ma era palese che tu fossi in uno stato peggiore del mio e io non avrei dovuto..."

Lui si bloccò quando afferrai le sue mani con le mie.
Potevo immaginare quali pensieri stessero intasando la sua mente e semplicemente non era giusto che avesse trascorso tutto quel tempo con quei dubbi addosso.

"È stato voluto" dissi, intrecciando le nostre dita e abbassando le braccia all'altezza dell'addome. "Ero ubriaca, sì, ma se non avessi voluto, non sarei venuta a letto con te."

Lewis chiuse gli occhi e sospirò. Sembrava proprio che quella mia rassicurazione gli avesse tolto un enorme peso dalle spalle -segno che il mio intuito anche quelle volta ci aveva azzeccato-, ma quella sensazione di leggerezza durò poco.

"Non mi riferisco solo a quello..."

Corrucciai la fronte e inclinai leggermente la testa di lato, confusa.

"Il motivo per cui so che il luna park è uno dei tuoi luoghi preferiti... beh, quella notte mi hai parlato della tua famiglia."

Notando la mia espressione vuota, lui cercò di tenere saldo il tocco delle nostre mani, ma non ci riuscì, perché io fui più rapida nel fare due passi indietro.


Angolo autrice: buongiorno lettori! Mi dispiace per il ritardo, ma sono accadute giusto un paio di cose nelle ultime due settimane che mi hanno costretto a rimandare la pubblicazione del capitolo.
Per citarne una: mi sono laureata, di nuovo, e ho trascorso una settimana in Paese con la mia famiglia, quindi isolata da tutto il resto.
Per citarne un'altra: il mio PC è in riparazione, e dovrebbe esser pronto verso mercoledì. A questo proposito: è la prima volta che pubblico direttamente dall'app mobile, quindi mi dispiace se la lettura non si presenta fluida come nei capitoli precedenti. Provvederò a modificarla quando riavrò il portatile.

Infine, volevo ringraziarvi per l'interesse che questa fan fiction sta suscitando! Non avrei mai pensato a tutte quelle letture e stelline! Devo dedurre che vi stia piacendo, giusto?
Spero di sì!

Alla prossima!

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora