Capitolo 6

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Non appena l'auto si fermò, un sorriso prese forma dalle mie labbra.

Dal finestrino era ben visibile la costruzione che ormai da quindici anni chiamavo casa ed essere lì davanti -dopo quattro mesi dall'ultima volta- era la cosa migliore che potesse accadermi in quel periodo.

"Andiamo Jane, ti stanno aspettando!"

Le parole di mio zio -che già si trovava sul marciapiede con il mio trolley- mi scossero e subito scesi dalla macchina per raggiungerlo. Insieme camminammo verso la porta in legno e quando fummo davanti a essa, lui estrasse dalla tasca del suo cappotto le chiavi per aprirla. Con un cenno della testa mi fece segno di entrare per prima e non appena misi un piede sul parquet scuro, venni letteralmente assalita da mia zia Claire.

"Jane tesoro, da quanto tempo!" urlò al mio orecchio, abbracciandomi. "Sono così felice che tu sia tornata a casa per il week end!"

"Anche tu mi sei mancata zia!" risposi, chiudendo gli occhi e ricambiando l'abbraccio.

Alcuni attimi dopo, lei mi lasciò andare e io potetti finalmente muovermi per fare spazio a mio zio, il quale inerme era rimasto sul ciglio della porta a osservare la scena.

"Come stai?" mi domandò ancora lei, guardandomi dall'alto in basso.

Non ebbi nemmeno il tempo di rispondere che un tornado -con capelli biondi, occhi verdi e colmo di follia nel suo metro e ottanta- si precipitò giù dalle scale verso la sottoscritta.

"Oh mio Dio Jane!" urlò mia cugina Amy, quasi stritolandomi.

"Sono stati solo quattro mesi!" esclamai, alzando gli occhi al cielo.

"E tu non hai idea di quante cose dobbiamo parlare!" mi rispose Amy, allontanandosi di un solo passo e poggiando entrambe le mani sulle mie spalle.

Scossi la testa, sorridendo divertita.

E' una bella sensazione essere a casa.

"Perché non vai nella tua stanza per sistemarti? La cena sarà pronta tra poco."

Facendo cenno con la testa a mia zia, afferrai il manico del mio trolley e cominciai a salire le scale, consapevole di essere seguita a ruota da un'impaziente e pimpante Amy.

Quando aprii la porta in legno bianca, sospirai: era tutto esattamente come l'avevo lasciato, compresi la penna USB posta sulla scrivania e due libri del Trono di Spade sul letto che avevo dimenticato nel portare con me. Non si erano mossi nemmeno i tre collage fotografici appesi sulla parete destra della camera, i peluche che occupavano tutta la superficie della cassettiera e nemmeno i pochi vestiti presenti dentro l'armadio.

Abbandonato il trolley sul tappeto, mi buttai a peso morto sul letto e chiusi gli occhi. Era incredibile come i viaggi in treno -quello appena effettuato era durato ben tre ore e mezza- mi facessero venire sempre mal di testa.

"Allora, sputa il rospo!" disse mia cugina, prendendo posto accanto a me.

"Non ho niente di cui parlare." Borbottai in risposta.

"Oh andiamo Jane, non farmi estorcere la verità con la forza!" Continuò lei imperterrita, dandomi un colpo di cuscino sul volto.

Io sbuffai e dopo alcuni istanti -consapevole che Amy non mi avesse lasciata andare senza prima sapere per filo e per segno ogni singolo particolare sulla situazione che ormai da un mese mi tormentava tanto- riaprii gli occhi e facendo forza sulle gambe e sull'addome, mi misi in piedi.

Mi affacciai con la nuca dalla porta della mia stanza e sentendo le voci dei miei zii provenire dal piano di sotto, la chiusi; poggiai le spalle sulla superficie liscia e fredda e tornai a guardare mia cugina.

Photograph - Lewis HamiltonDove le storie prendono vita. Scoprilo ora