37. Tre Colori

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TW: menzione di morte

Gwen

Gwen è seduta sul limitare del suo letto, una lettera in mano e tre emozioni con tre colori che combattono nella sua mente.

Il primo è il rosso sangue. La rabbia. Lo sente mentre le fa contrarre le mani in pugni. La riempe fino a farla traboccare, dalla testa ai piedi. La incita ad urlare, a strappare quella lettera fra le sue mani, pestare i piedi dalla rabbia, tirare un pugno al muro di pietra lì vicino.
Abbracciare la collera, per cui è nota, per un po' l'ha aiutata. Aleggia ovunque in quella stanza, nel castello sopra di lei, sotto la sua pelle.
La rabbia che si tiene dentro da un anno.

Il secondo colore è il grigio. Sospetto, che si insinua nella sua pancia come un coltello, freddo e duro. E in quel lasso di tempo ha sperato che tutto fosse un trucco, l'ennesima bugia manipolatrice dei suoi genitori che sono sempre un passo avanti alla propria figlia.
Ma Gwen sa nel profondo di sé stessa che tutto questo è vero.

Il modo in cui l'hanno guardata quel giorno.
Le grida, le valige, le minacce, le lacrime. Quando le hanno portato via quella piccola luce di speranza in quella casa che le è sempre sembrata il proprio Inferno.

Lo sguardo di suo fratello mentre varca la porta, mostrandole per l'ultima volta il suo dolce sorriso. Cercando di tranquillizzarla da quei singhiozzi e dal suo sbattersi come un animale in gabbia tra le braccia di suo padre.

Ancora si ricorda lo sguardo di suo padre quando la porta si chiude, quel bagliore soddisfatto e senza neanche un briciolo di rimorso.
“Lo facciamo per il vostro bene zuccherino.”

E così la collera uccide il sospetto. L'affoga sotto litri di liquido denso e scarlatto.

Ma dopo quel grigio e freddo del sospetto arriva la tristezza. Nera come le nuvole di una tempesta, nera come la pece. Riesce a trasformare le imprecazioni in singhiozzi.
Si accascia su quel materasso presente in ogni singolo dormitorio di tutta la scuola, poi inizia a piangere.
Come una bambina.
Come una neonata.

Lascia che sofferenza, angoscia, ripugnanza, schifo, vergogna le escano dalle labbra e le colino su tutto il viso finché i suoi occhi non sono iniettati di sangue e la sua gola dolorante ed infiammata.

La ragazza continua a fissare quella lettera, l'inchiostro che forma parole precise e nette come solo la scrittura di sua madre sa essere.
Decide di leggerla di nuovo:

“Cara Gwen,
 
Spero che tu stia passando bene questi giorni e che ti stia impegnando per i tuoi imminenti G.U.F.O, ma ahimè, devo darti questa orribile notizia.
Una lettera da parte del Ministero della Magia ci ha informato della tragica scomparsa di tuo fratello. Ancora non sappiamo nessun dettaglio su cosa sia successo o come, appena io e tuo padre avremo informazioni ti invieremo una lettera.
Spero che Alex ti rimanga vicino in questo momento così delicato. Concentrati nello studio per non pensarci, impegnati e rendici orgogliosi.
Ti vogliamo bene.
                                                                                                             Mamma e papà.”

Le lacrime, che quasi le impediscono di leggere, cadono sulla pergamena bagnandola e sbafa leggermente quelle lettere così meticolosamente ordinate.

Continua a rileggere, sperando che le parole prima o poi cambino. Che prima o poi riescano a comunicare qualcosa di diverso.

Qualcosa che per Gwen non sia dolore.

All'arrivo della lettera, qualche ora fa, si sentiva elettrizzata spronata dalla speranza che fosse sua.
Si era dileguata in fretta e furia da Alex e Regulus per dirigersi in dormitorio. Tutto quel entusiasmo era svanito non appena vide il sigillo della lettera con il marchio della propria famiglia.

I Want It BackWhere stories live. Discover now