Capitolo 2

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Altair se la ricordava adesso, e anzi si domandava come avesse fatto a non riconoscerla subito. L'ultima volta che l'aveva vista, quella marmocchietta che le stava di fronte abbracciava ancora il suo orsacchiotto per dormire la notte. La chiamava Alai con la sua vocina acuta e tremolante, un soprannome affiabbiatole perché non era capace di pronunciare il nome della sorella maggiore per intero.

Il tempo l'aveva davvero cambiata. Faticava a far combaciare l'immagine impressa nella memoria di quella bambina con il viso della ragazzina. All'epoca i chili di troppo le gonfiavano le guance e un paio di orecchini dorati le scintillavano alle orecchie.

Altair si chinò a recuperare il casco. «Eri così carina da piccola, non avrei mai detto che avresti spezzato le braccia dei tuoi fidanzati.»

«Sono successe un sacco di cose da quando te ne sei andata.» Giunse le dita delle mani sul petto.

Da quando te ne sei andata.

Altair si chiese quanto sapesse, quante stronzate le avesse rifilato la madre. Sapeva almeno cos'era in realtà, o la stronza le aveva tenuto nascosto anche questo?

Tirò le labbra in un sorriso affettato e nascose la testa nel casco. Risalì sulla moto, proprio quando uno dei tizi tatuati le passò di fianco a tutto gas. Le mandò una scia di fumo che le appannò la visiera. Lei rispose in automatico con un dito medio sollevato verso di lui, ben consapevole che ormai fosse troppo lontano per vederla.

«Vieni,» disse alla sorella.

Nim si guardò indietro, dove la sua moto vecchia e deturpata dagli adesivi giaceva ad attenderla.

«Lascia perdere quella carretta, tanto fra qualche chilometro si sfascia da sola.»

Soltanto allora Nim si decise a fare come le chiedeva. Seduta alle sue spalle, si agitò per un po' prima di trovare la posizione che più le aggradava; le cinse la vita fra le braccia e borbottò qualcosa.

Altair non comprese le sue parole, ma non le importava. Mise in moto e si allontanò lungo la strada. Incrociò un Logan dagli occhi sgranati che si sbracciava per attirare la sua attenzione; lo superò con un leggero sorriso nascosto dietro il casco, sollevando una spirale di pulviscolo dietro di sé.

Si allontanò dalla pista improvvisata su una delle strade di periferia e si addentrò nel centro di Nuova Folk. Solo un'altra macchina le sbarrava la via. Procedeva con una lentezza che le fece venire voglia di bestemmiare in tutte le lingue che non aveva mai studiato. Rallentarono e si fermarono per lasciar attraversare un branco di adolescenti ubriachi.

Altair si spazientì. Dimenticò di inserire la freccia, fece rombare la moto in avanti e sorpassò l'auto prima ancora che quella riprendesse a muoversi. Il suono del clackson coprì le urla di Nim.

Poco avanti le attendeva un semaforo rosso. Non si preoccupò nemmeno di quello e continuò spedita. La sorella le premette la testa contro le scapole. I fulmini nello stomaco di Altair sobbalzarono senza un perché.

Impiegarono meno di dieci minuti per raggiungere casa. Appena voltato l'angolo, incurante dell'ennesimo semaforo, Altair parcheggiò proprio sul ciglio del marciapiede, accanto a un'altra moto e una bicicletta. Controllò l'ora sul cruscotto: le due e mezza di notte. Non si stupiva che non si aggirasse nemmeno un'anima viva nei dintorni.

Un lampione proprio sopra di loro emanava un fascio di luce giallastra che si accendeva e spegneva a intermittenza. Da giorni funzionava male, eppure nessuno si degnava di aggiustarla.

Nim scese senza fare troppe storie e si tolse il casco di dosso. Altair spense il motore e fece altrettanto. Le chiavi le roteavano attorno al dito, mentre si dirigeva verso il portone della palazzina più vicina.

La Voce della TempestaWhere stories live. Discover now