Capitolo 14

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Un locale di merda, ecco dove l'aveva portata Nim. Certo che i suoi gusti facevano davvero schifo. Che razza di sfigato dava appuntamento in un posto del genere?

Altair picchiò il bicchiere contro il bancone. Qualsiasi cosa avesse appena ingurgitato, sapeva di pipì fredda. Non vendevano nemmeno alcol decente, lì dentro.

Si sporse in avanti e schioccò le dita per richiamare l'attenzione del barista, un moccioso appena uscito dalla pubertà. Solo qualche pelo sporadico gli spuntava sul mento, e il risultato lo rendeva più simile a un gatto rognoso che a un uomo. Una penna gli sbucava dal taschino sul petto.

«Ehi, verginello, portami una Coca.» Scacciò l'aria con la mano per intimargli di darsi una mossa.

Annuendo, quello si protese verso un uomo appena arrivato al bancone. Ripulì il ripiano con la pezza che portava appesa alla spalla. Il sedile scricchiolò quando il cliente si accomodò, come se le viti che lo reggevano fossero sull'orlo di un collasso. Il tipo certo l'aria leggera non ce l'aveva, né di fisico né di carattere, data la nuvoletta di depressione e rabbia che lo accompagnava.

Quel giorno non indossava nemmeno la cravatta sgargiante che gli donava un minimo di allegria, ma solo una camicia sgualcita e un paio di pantaloni scuri.

Altair picchiettò il dito sul bancone. Che piccola, Nuova Folk. Ovunque andasse, incontrava sempre le stesse facce da cazzo.

Dopo aver scambiato un paio di parole con l'uomo di colore, il barista tornò da lei con il bicchiere di Coca. Una fetta di limone galleggiava accerchiata da un'infinità di cubetti di ghiaccio. Il tempo per lei di alzare il sopracciglio e lui già era all'altro capo del bancone a mescolare alcol di tutti i tipi.

«Singolare, ordinare una granita in un locale come questo.»

Altair si sistemò sullo sgabello per osservare l'uomo apparso alla sua sinistra. Capelli castani, altezza media, abbigliamento elegante e schiena dritta.

«Scommetto che me la faranno pagare un occhio della testa, questa merda annacquata.» Portò le labbra alla cannuccia.

«Non sono famosi per i prezzi bassi, no.» Mostrò un sorrisetto. «Ma seriamente, non sapevo nemmeno vendessero roba non alcolica, qui dentro. Sei astemia?»

Voto al metodo di rimorchio: quattro meno, e solo perché almeno l'aspetto le piaceva. Per il resto, una noia mortale.

Si rigirò la cannuccia fra le dita. Le bollicine della Coca esplodevano contro i cubetti di ghiaccio. «Almeno sono sicura che questa roba non sa di acqua del cesso, come il resto dei drink che hanno qui dentro.»

La lingua di lui gli saettò fra le labbra, poi la mano andò ai capelli. Li portò all'indietro, e un ciuffo gli ricadde su una tempia. «Sto sbagliando totalmente approccio, vero?»

Altair gli rivolse un'occhiata in tralice. «Dipende, se il tuo obiettivo era un due di picche, hai azzeccato in pieno.»

«Aspetta, fammi riprovare.» Tossicchiò nella mano, allargò il sorriso e spalancò le palpebre. «Sai, la mia fidanzata mi ha lasciato dopo quattro anni insieme. Sono ancora distrutto, e non mi ricordo nemmeno più come si fa, a rimorchiare.» Si portò le dita al petto.

Altair sbuffò. «La tecnica dello sfigato è vecchia. E poi mi fa girare solo le palle.»

Lui estrasse il portafogli dalla tasca. Da quanto era pieno, sarebbe potuto esplodere da un momento all'altro. Avvicinò un paio di banconote al barista di passaggio. «Un Bloody Mary. E metti nel conto anche tutto quello che prende la signorina.»

«Certo!» Il ragazzo non se lo lasciò ripetere due volte, agguantò i soldi e si voltò. Cercò fra le bottiglie di alcolici sul mobile.

«La signorina?» ripeté Altair.

La Voce della TempestaWhere stories live. Discover now