Capitolo 22

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Quattro soggetti aspettavano in groppa alle loro moto nere e scintillanti davanti alla linea d'inizio. Solo uno teneva il casco sotto il braccio anziché in testa, e mostrava tutto fiero la sua lunga faccia da cavallo e il pizzetto da capra. Non appena i suoi occhi si poggiarono su Altair, si aprì in un sorriso che le provocò la voglia di fargli saltare un dente.

«Quindi, vedi, Furia, loro oggi hanno detto che vogliono sfidarti, sì, e lo so che tu sei davvero figa e che non ti batte nessuno, lo so, però loro sono fra i migliori, e hanno detto che ti faranno mangiare la polvere.» Logan continuava a cianciare accanto a lei, pulendosi di tanto in tanto le lenti sudicie di quei suoi stupidi occhialetti del cazzo con l'orlo della maglietta.

Altair fece sgommare la moto da ferma solo per coprire le sue chiacchiere con il rumore. Svegliarsi nel bel mezzo del pomeriggio, rendersi conto di aver saltato il lavoro ed Elettra sparita chissà dove era stato un ottimo modo per iniziare con il piede sbagliato. Il solo suono delle voci le agitava i fulmini. Ci sarebbe voluto davvero poco, a farli uscire e pestare tutti gli sfigati che incontrava. Magari si sarebbe sfogata.

Il pubblico quel giorno era esagerato. Tutti brutti ceffi dai fisici tarchiati e lo stile da camionista panciuto. Solo un paio di adolescenti fischiava nella calca. Uno dei due faceva roteare la maglia sopra la testa, il petto nudo e privo di peli in bella mostra. Perfino distante com'era, Altair distingueva le ossa delle costole spiccare sotto la pelle lattea.

Logan seguì il suo sguardo e annuì, rinforcando gli occhiali per la quindicesima volta. «Sarò franco, Furia, quasi nessuno ha scommesso per te, oggi, sono tutti ammiratori dei Bulldog, perciò se vincerai mi farai fare una cifra bella alta e...»

«Sì, ho capito, chiudi quella fogna.» Altair afferrò il casco che teneva appoggiato fra le gambe e fece per infilarlo.

Il rombo di un motore la convinse a riabbassarlo. Immersa in una nuvola di polvere, una carretta travestita da moto si fermò accanto a lei. Un solo colore spiccava, dal veicolo alla tuta della persona che lo guidava, e sulla schiena della ragazza si dispiegava la sua chioma, una coda rossa che stonava contro tutto quel giallo.

Altair si immobilizzò. Una piramide di fulmini le si arrampicava dall'interno. Scavavano nella carne come artigli e risalivano su, sempre più su, verso la gola; le causarono un brivido sul retro della nuca, e lei premette due dita contro quel punto, come se davvero bastasse a calmarli. Logan sferzava l'aria con l'indice, di fronte a sé, ma Altair lo prese per la spalla e lo spinse indietro, così forte che lo sentì ruzzolare dietro di lei.

«Non può partecipare alla gara all'ultimo secondo, questa è una cosa importante, non un gioco, e poi ho già raccolto tutte le quote.»

«Chiudi. Quel. Cazzo. Di. Becco.» Altair scandì ogni singola parola senza nemmeno voltarsi nella direzione dell'uomo-talpa. Avvicinatasi a Nim, la afferrò per il braccio e la costrinse a smontare. «Si può sapere che fine avevi fatto?»

Arricciò il naso per un attimo nel percepire la disperazione nascosta nella rabbia distruttiva nel proprio tono. Sotto il suo tocco, i muscoli di Nim si contrassero, eppure le sembrarono troppo mollicci, troppo piccoli, e le ossa troppo appuntite. Avrebbe dovuto costringerla a ingozzarsi di hamburger che sì, facevano schifo, però almeno per ingrassare erano la soluzione ideale.

Si aspettava un tentativo di svincolarsi, da parte di Nim, invece la marmocchietta liberò la testa dal casco e rimase lì di fronte a lei. Vulnerabile. Piccola. Fragile. Con le pupille tremanti e le iridi accerchiate di rosso, lo stesso rosso che le colorava le borse sotto gli occhi.

«Mi dispiace, Alai, non volevo farti preoccupare.»

Altair allentò la presa su di lei, solo per stringerla ancora di più il secondo dopo. La sentì gemere ma non ritrarsi, e riaprì le dita di scatto. «Mi prendi per il culo? Hai seguito un branco di stronzi criminali e sei sparita per giorni!»

La Voce della TempestaWhere stories live. Discover now