Capitolo 31

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Vega ripiegava il fazzoletto di stoffa con estrema cura. Appoggiato sul tavolo, non esisteva nulla oltre al tovagliolo e alla musica dalle note lente e deprimenti che accompagnava il chiacchiericcio del locale. Da tanto le sue mani non si destreggiavano in azioni del genere, perciò dovette tornare sui propri passi diverse volte.

«Sareste voi due gli amici di mia figlia?»

Lui aggiustò la punta del becco del cigno, schiacciandolo fra le dita. Lanciò un'occhiata a Elettra, seduta lì accanto, e la notò sistemarsi il visore e sollevarsi per tendere la mano alla nuova arrivata. Con un sospiro rassegnato, Vega seguì il suo movimento con lo sguardo, il tovagliolo ancora fra le mani.

La donna ricambiò la stretta di Elettra. Qualcosa, nel modo in cui stirò le labbra, sapeva di artificiale. Un accenno di derisione le illuminò gli occhi cangianti dopo che ebbe scrutato entrambi da capo a piedi.

«Il piacere è nostro. La ringraziamo per averci ricevuti,» diceva Elettra, ma l'altra non la ascoltava. Voltava la testa da una parte all'altra, osservava il locale, i tavolini bianchi e vuoti, i divanetti dalla forma a "U", il lampadario di vetro che pendeva dal soffitto.

La donna si aggiustò la gonna di un beige slavato e si accomodò di fronte a Elettra. «Vedo che mia figlia continua a stringere amicizie particolari.» Mostrò i denti. I canini erano più lunghi del dovuto.

«Lo prenderemo come un complimento,» rispose Elettra, in un tono freddo e distante. «Signora Green...»

«Chiamatemi pure Paula,» la interruppe lei.

Elettra fece schioccare le unghie una contro l'altra. «Paula, Evelyn l'ha già messa al corrente del motivo di questo incontro?»

Paula si pizzicava il mento. «Non c'è bisogno di essere così formali. Volete informazioni sul progetto di Miura, no? Be', prima che ci addentriamo nella conversazione, lasciatevi dire una cosa,» si sporse verso l'altra, e una collana le luccicò lungo il collo, «mettersi contro Kosaki non è una buona idea, quale che sia il motivo.»

Il cameriere scelse proprio quel momento per prendere gli ordini. Vega chiese solo un bicchiere di vino, Elettra un tè caldo e Paula una crema di liquore al caffè. Attesero che si allontanasse e la musica tranquilla e placida tornasse a essere l'unico suono nelle vicinanze.

«Non vogliamo metterci contro di lui,» riprese Elettra. Si umettò le labbra, prima di continuare: «Lavoriamo per lui, in realtà, e ci ha chiesto di aiutarlo nel suo piano.»

Paula faceva tamburellare le unghie troppo lunghe sul tavolo. «E allora come mai questo incontro clandestino?» Questa volta gli occhi seguirono il suo sorriso, e nascondevano lo stesso livello di acidità delle sue parole.

Elettra attese. Impassibile, con la parrucca rossa che le aveva prestato Evelyn, impersonava la pazienza in persona. «Vuole distruggere la cupola,» sbottò alla fine, in un'improvvisa ondata di energia. Forse non era poi tanto paziente, dopotutto, ma riabbassò il tono subito dopo essersi guardata attorno. «Non è certo una cosa da poco. Vorremmo almeno sapere perché proprio ora, cosa spera di fare quando ci sarà riuscito,» mormorò.

«Non ve l'ha detto?»

«Diciamo che non sono sicura della sua sincerità.»

Vega sistemò il cigno di fronte a sé. Aggiustò le ali, le sollevò per dare l'impressione di una creatura vivente e non di un fazzoletto pronto a richiudersi su se stesso.

Paula, dal canto suo, sghignazzava. «Quell'uomo è un tale idiota,» disse, e nessuno si azzardò a contraddirla. «Un sentimentale, ecco cos'è, anche se non gli piace ammetterlo. Non ha un motivo sensato per distruggere la cupola, lo fa per amore.» Quanto astio dietro quella singola parola.

La Voce della TempestaUnde poveștirile trăiesc. Descoperă acum