Capitolo 7

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«Mi vedi adesso?»

Tante piccole luci rischiaravano il corpo di Yunca nel buio. Ne seguivano la forma, suggerivano una costituzione scheletrica, ed Elettra trattenne il respiro nel vederla. La voce dell'uomo glielo faceva immaginare grande, imponente, e non certo come uno che chissà da quanti giorni non mangiava.

Chiuse gli occhi un istante e si godette la luce che filtrava attraverso le palpebre. Un'ingenua, ecco cos'era. Non avrebbe dovuto aspettarsi niente di diverso da un senzatetto.

«Mi vedi?» ripeté l'uomo. Poggiava le dita su quelle di lei. La sua energia le provocava un fastidio appena percettibile contro la pelle, l'equivalente della puntura di una zanzara.

Elettra annuì. Non riusciva a staccare le pupille dal suo volto, dal suo naso, grosso e schiacciato, proprio come se lo era immaginato dopo averlo toccato.

Il mondo iniziava e terminava con lui. Il vuoto lo circondava, minacciava di inghiottirlo, ma lui restava solido, un corpo fatto di luce e fulmini seduto di fronte a lei. Non era immenso, né fuori controllo. Le sue folgori non si agitavano, riposavano placide sotto la sua pelle, gli scorrevano ovunque, ma con la tranquillità di chi aveva trovato la pace interiore.

Urla, schiamazzi e un vociare di sottofondo interruppero la magia del momento. L'oscurità che incombeva su Yunca era davvero rumorosa e, per quanto ci provasse, Elettra non riusciva a escluderla dal suo mondo. Restava lì, a provocare suoni fastidiosi, a distrarla dalla bellezza della visione che aveva davanti.

«Ora, concentrati, giovanotta. Concentrati su di me.» La voce di Yunca la aiutò a offuscare tutto il resto dalla sua mente per un momento.

Un tonfo a pochi passi di distanza la fece sobbalzare. Le dita le scivolarono da quelle dell'uomo e si alzarono a cercare il petto, dove il cuore batteva con furia.

«Pun, smettila di stare in mezzo alle palle!»

«Ho freddo, rivoglio la mia coperta.» Il calore del suo alito sulla guancia le provocò un brivido lungo la nuca.

«Smettila di fare lo stronzo,» gli disse Yunca.

Elettra si tolse la coperta di dosso, e il freddo la investì in pieno. La sventolò alla propria destra, dove il respiro di Pun e il suo odore continuavano a ricordarle della sua presenza. Nonostante tutto, si sforzò di sorridere. «Grazie per avermela prestata,» disse, cancellando ogni inflessione, ogni emozione dalle proprie parole.

Pun gliela strappò dalle mani con un grugnito. L'aria si smosse, e la zaffata di immondizia che le giunse si allontanò a poco a poco, assieme al rumore dei suoi passi.

Yunca si protese verso di lei. La sua luce la avvolse. «Lo so che non sembra, ma in fondo è un bravo ragazzo.»

«Com'è finito qui?» Elettra cercò nel buio, nel marasma di suoni che non sapeva discernere.

«Non ha mai voluto dirmelo. A giudicare da come gli suda la fronte ogni volta che lo vede qualche agente, però, direi che ha avuto qualche problema con la legge.»

Una risposta che cozzava con la definizione che Elettra aveva di "bravo ragazzo". Eppure, forse lei non meritava davvero di giudicarlo, dopotutto di problemi con la legge ne aveva anche lei. Anche se il suo unico errore era stato accogliere la Tempesta: un gesto che di certo non aveva fatto di proposito e, ancora meno, aveva desiderato.

Yunca si ritirò indietro. «Allora, sei pronta? Concentrati su di me.»

Elettra si riempì i polmoni della puzza che regnava. Allungò le mani, in attesa che l'altro le afferrasse come prima. Il suo tocco arrivò poco dopo, gentile ma ruvido.

La Voce della TempestaWhere stories live. Discover now