I. La città e il sogno - seconda parte

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Aprì la botola e si issò, facendo leva su entrambe le mani per entrare nella stanza – nell'antro – di Sergej. Andrej non aveva ancora capito perché il giovane figlio del Vor si fosse ostinato a sistemarsi lì quando c'erano infinite camere più agevoli in tutto l'edificio che costituiva il quartier generale della sua druzina. Manie di grandezza, supponeva: Sergej Novikh voleva essere sopra tutto e tutti in ogni cosa.

«Allora?» chiese subito il suddetto senza guardarlo e senza sollevare gli occhi dalla pistola che stava pulendo. Una Makarov 7.5, modello semiautomatico con canna d'argento, come se ne trovavano poche, ormai.

Dopo aver chiuso la botola dietro di sé, Andrej si avvicinò con le mani in tasca. «Lo hanno addormentato.»

«Un lupo vero, bah, credevo che ormai fossero quasi estinti» Sergej osservava le scalmanature della canna con occhio attento; fletté il braccio per constatare la lucidatura sotto il bagliore delle lampade. «Aleksandr si dovrà rimangiare le sue teorie.»

«Che intenzioni hai con lui?»

Doveva pensare: doveva toglierlo via da lì prima che chiunque si rendesse conto di cos'era davvero. Andrej non aveva calcolato il loro arrivo repentino, la neve lo aveva confuso. Quando si era accorto di chi aveva davanti, un vulkulaki come lui, era stato troppo tardi per liberarlo. Aveva dovuto difendersi, solo per questo aveva attivato quella trappola, ma lo avrebbe fatto andar via se non fossero sopraggiunti gli altri. Bisognava farlo fuggire; un modo doveva trovarlo.

Sapeva già a chi rivolgersi.

«Sai, mi è venuta un'idea.» Sergej si voltò, il suo solito ghigno stampato sulla faccia pallida e spigolosa. «Credi che mio padre gradirebbe un esemplare raro di lupo per il suo cinquantasettesimo compleanno?»

«Un esemplare vivo?»

«Esatto.» Sorrideva da lato a lato. Sganciò il cane della pistola e si sfiorò il mento con la punta della canna. «Pensa alla sua faccia, alla faccia di Aleksandr.»

Mancavano circa due mesi al compleanno del Vor; erano un tempo sufficiente per farlo sparire e scamparla. Quantomeno Andrej ci sperava.

Dio, in che razza di situazione si era andato a cacciare.

Perché quel tipo lo aveva attaccato? Perché aveva continuato a lottare? Una volta resosi conto della sua natura, Andrej avrebbe voluto solo parlargli, indicargli una via di fuga, ma l'altro lo aveva assalito con le sue zanne e il sangue era eruttato, scuro e scintillante, contro il bianco accecante della neve.

Era stato inaspettato e... elettrizzante. Una vera e pura scarica di adrenalina come non ne assaporava da tempo.

«Tuo fratello creperà d'invidia» assicurò, increspando le labbra, poi si avvicinò, piano, un po' di più, ancora un po', tanto da potergli quasi sfiorare le labbra.

Sergej Novikh era alto, alto come tutti quelli della sua famiglia: adoni biondi dalla pelle bianca di latte venata dall'azzurro delle vene, occhi chiarissimi, come fatti di vetro, quel sorriso affilato atteggiato a un'espressione di perenne insofferenza; il sorriso di chi si è sempre sentito legittimato a fare tutto quello che voleva.

Andrej si inginocchiò in mezzo alle sue gambe, cominciò a sbottonargli i pantaloni.

«Affidalo a me.»

«Cosa?»

«Me ne occupo io, del lupo.»

Da parte di lui uno sbuffo divertito. «Vuoi giocare col cagnolino? Ho gente con un bel po' di anni più di te che può svolgere il compito.»

«Ma nessuno di loro ha mai avuto a che fare con un lupo prima.»

Gli aprì la cerniera, concentrato solo sui movimenti della mano, cadenzati, sinuosi, senza fare neanche il cenno di alzare gli occhi. Nel suo palmo il sesso di Sergej era già duro e caldo e questo provocò in Andrej il solito brivido di potere al pensiero di essere sotto ma di tenerlo tra le mani, giocando con lui, solleticandolo con consumata lentezza, blandendolo prima di concedersi – ingannandolo.

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now