VIII. Amici nemici - prima parte

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A farli entrare fu una donna.

«Sono loro?» chiese, quando la porta a pannelli emise il suo ultimo cigolio, mostrando una stanza ampia con le pareti e i pavimenti di marmo dalle venature blu.

«Sì» rispose quel tale, Lukas Maraskin come si era presentato, il capo della druzina che li aveva catturati il giorno prima. Sasha spostò lo sguardo da lui alla donna e deglutì profondamente.

Lei era alta quasi quanto lui, portava i tacchi e una pelliccia bianca che faceva intravedere il bordo di un vestito scuro che le arrivava a metà coscia. Era bella, i tratti levigati, come incisi nel marmo, la pelle bianchissima, un'ondata di capelli d'oro pallido che le cadeva sulle spalle. Occhi verdi, il colore delle foglie dopo la pioggia. Era il tipo di donna che Sasha si sarebbe aspettato di vedere in una rivista patinata più che nel quartier generale di un gruppo della Mafiya.

«Lei è Raisa, loro sono i ragazzi.» Maraskin li presentò spicciamente. «Ilyas, Aisha e quello è il cuccioletto nobile: Aleksandr Kirayev.»

«Sasha» corresse lui e sorrise nervosamente alla donna. «Mi faccio chiamare così, altrimenti si fa confusione: siamo tanti Aleksandr in famiglia, lo stesso figlio del Vor Novikh si chia...»

Lei non lo fece continuare. «Il Vor vi sta aspettando.»

Girò i tacchi e li invitò a seguirli.

«Ma chi è? Un lupo anche lei?» chiese Sasha in un sussurro a Maraskin.

«Sì. E comanda una druzina

«Oh.»

Una donna che comandava una druzina; non ne aveva mai conosciuta una prima d'ora.

«Ehi, raccogli la bava prima di vedere quest'altro, il gran Vor» lo sbeffeggiò Ilyas, facendolo arrossire.

«Non sto sbavando!» disse lui tra i denti e guardò in direzione di Aisha, che però non lo stava guardando.

La donna li introdusse al cospetto di un uomo che stava in piedi di fronte a una finestra, la figura stagliata contro il cielo scuro. Mosca era visibile dietro il vetro, ricoperta di neve, addensata di ombre. Per arrivare lì avevano di nuovo viaggiato in un furgone, ma questa volta non erano stati legati e li aveva portati solo Maraskin. Per parlare con quell'uomo, aveva detto.

Si voltò verso di loro.

«Benvenuti, accomodatevi.»

Non aveva una fisionomia che restava impressa, osservò Sasha, scrutandolo di sottecchi, mentre si sedevano su dei divanetti di pelle scura. Era alto, la figura asciutta, il volto dai tratti spigolosi come molti russi. Aveva occhi chiari tendenti al grigio e capelli scuri lievemente brizzolati. La sua bocca dalle labbra sottili sembrava facile allo sdegno quanto ai sorrisi trattenuti. Nonostante la corporatura non massiccia, dava l'idea di riempire l'intera stanza.

Lukas Maraskin li presentò come aveva fatto con la donna. Gli occhi dell'uomo, un freddo color ardesia, si posarono su Sasha.

«Quindi tu sei un Kirayev?»

«Ho fatto vedere i documenti e si sono assicurati che non siano falsi» rispose, subito sulla difensiva.

«La tua famiglia sa che sei qui?»

«No, sono scappato di casa.»

«Perché?»

«Perché ho scoperto di essere un lupo.»

Iniziava a sentire un lieve giramento di testa. Si massaggiò la tempia. Sentiva qualcosa... una strana vibrazione nell'aria...

«Di chi sei figlio?» continuò l'uomo, che neanche si era presentato. Pareva di trovarsi in un interrogatorio anche se l'imbottitura del divano era morbida. «Di Yakov, di Valentin o...»

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now