XIV. Il lupo bianco - seconda parte

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«Mer...» iniziò Andrej, già pronto a girarsi.

Avvertì un movimento dietro di sé, ma non fece in tempo: qualcosa lo avvolse in una morsa gelida. Un braccio bianco quanto la neve appena caduta lo circondò e lo bloccò all'altezza del busto. Avrebbe voluto urlare, ma lo sfregare di un coltello contro la gola glielo impedì. Era vicinissimo, troppo vicino; lungo la carne pallida del collo cominciarono a stillare delle gocce di sangue.

«Non muoverti» gli sibilò una voce all'orecchio, una voce umana, un po' rauca in sottofondo, come velata di ruggine; una voce che con fatica trovava le parole come se non fosse più abituata a farlo.

«Ehi, calma» balbettò Andrej, tendendo i muscoli del collo, tutto il corpo teso, premuto contro quello nudo dell'altro. Era ancora nudo, sì, e lo stringeva con tale forza che sembrava in procinto di stritolarlo.

«Dove mi trovo?»

«Sei... sei al sicuro.»

Il coltello – aveva lasciato la cucina incustodita, maledizione! – premette con più forza contro la gola, facendo stillare altro sangue.

«Ho chiesto: dove mi trovo?»

«A casa mia, sei... ti prego, posa il coltello.»

Uno spiraglio: gli lasciò a malapena uno spiraglio, quello necessario per respirare normalmente. Andrej sentiva l'odore della propria paura, acre e metallico. Non poteva utilizzare il suo potere, non così stretto all'altro. Un movimento sbagliato e quella lama gli avrebbe tranciato la gola.

«Ascoltami, ti prego» continuò. «Ti ho portato qui per aiutarti.»

«Non mi stavi aiutando.»

La lama tornò a premersi contro la carne e Andrej chiuse gli occhi.

Ecco come finiva, in quel modo stupido e rozzo, senza senso. Ecco come finiva a fare la cosa giusta in un mondo sbagliato...

... giusta? Ma chi voleva prendere in giro? Non aveva certo inseguito la giustizia quella notte.

«Lasciami andare.» Tentò fino all'ultimo; gli sfiorò il braccio con la mano. «Lasciami.»

Un colpo alla porta ingoiò la risposta dell'altro.

Andrej si tese come si tese il suo assalitore: sentì i muscoli di Sereb irrigidirsi e la presa farsi più ferrea. Gli sibilò all'orecchio: «Chi è?»

Raisa.

«Nessuno.»

Un altro colpo, questo più forte, poi il silenzio che si allungò fino a diventare assordante.

Una goccia di sudore gli scivolò lungo il lato del viso, gli rimase in bilico sul mento. Deglutì forte e la pelle sfregò contro la lama.

«Chi...» stava richiedendo Sereb quando la porta si aprì dopo uno sferragliare metallico. Sulla soglia la sagoma alta di Raisa era nitida e netta anche contro la penombra del corridoio. Indossava una delle sue pellicce chiare, su cui i capelli erano sparsi come una cortina d'oro pallido.

«Chi sei?» urlò quasi Sereb, indietreggiando e costringendo Andrej a fare altrettanto.

Andrej sbarrò gli occhi, alla ricerca di quelli di lei, che invece erano calmi e con tranquillità lo oltrepassarono per posarsi su quelli del ragazzo-lupo.

«Lascialo» ordinò, facendo un passo avanti ed entrando nell'appartamento.

«Chi sei?» ripeté lui e alzò il coltello. «Se ti avvicini, lo uccido.»

«Lascialo.» Di nuovo quell'ordine, ma seguito da uno strano bagliore.

Andrej sbatté le palpebre. Per un attimo gli parve che Raisa venisse contornata da un guizzo di luce, poi si accorse che erano i suoi occhi, che si erano fatti opachi, la pupilla inghiottita nell'iride verde. La mano di Sereb lentamente si abbassò. Lo sentì stridere i denti, sibilare un'imprecazione tra essi. Stava ansimando, le dita che tremavano attorno all'impugnatura. Il coltello continuò ad abbassarsi fino a creare uno spazio sufficiente per svicolare via. Lo teneva ancora strettamente con un braccio alla vita, ma Andrej, approfittando della sua lotta contro la mano che stringeva l'arma, conficcò le unghie nel suo braccio e si svolse dalla stretta. In quell'esatto istante Raisa attaccò.

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now