XV. Faccia a faccia - seconda parte

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Una volta chiusa la porta Lukas parlò come al suo solito, come ormai Raisa aveva imparato a vederlo fare: con impeto trattenuto. In lui coglieva sempre un'energia in tensione, qualcosa di infiammato, intrappolato dietro le maglie robuste dell'autocontrollo. Si chiedeva se fosse stato l'esercito a disciplinare i suoi impulsi più nascosti e autentici o piuttosto la vita nel suo clan.

«Qualcuno mi spiega cosa sta succedendo? Perché avete affidato ad Andrej...»

«Si è dimostrato affidabile» lo interruppe il Vor. «Pochi mesi fa neanche io avrei scommesso un rublo su quel ragazzo, ma mi ha sorpreso in positivo.»

«Non è quello a cui mi riferivo. Non basto già io a star dietro ai nuovi lupetti? A questo punto potevate mandare anche questo spiantato nella mia druzina

Com'è protettivo. Raisa quasi sorrise. Anche senza usare i propri poteri sapeva che quel sentimento di protezione da parte di Lukas nei confronti di Andrej non era dettato da nessun doppio fine. Ricordava un fratello maggiore che fa da scudo a quello minore.

«Si fida di lui. Hai visto com'è diffidente? Se lo avessi mandato da te sarebbe scappato in due secondi.»

«Perché, pensi che uno come quello se ne starà buono in una cuccia? Ultimamente Mosca sembra invasa da lupi ribelli!»

«La decisione è stata presa» si mise in mezzo lei. «Ho sondato la mente di questo Sereb: vuole rimanere a Mosca, pensa che qui potrà recuperare i pezzi di memoria che gli mancano perché è stato chiamato dalla città.» Strinse le labbra, soppesando quelle parole. «E Andrej è l'unico essere vivente verso cui nutre un milligrammo di fiducia. Affidarlo a qualcun altro non avrebbe avuto senso.»

«Va bene» si arrese Lukas ed emise un altro sbuffo. «Va bene, ma se gli torce un capello...»

«Non lo farà» assicurò. Aveva sezionato i pensieri del lupo bianco: non aveva avvertito nessuna vera ostilità, solo diffidenza nei confronti di Andrej, pur sempre minore di quella che nutriva verso di loro.

Lukas avrebbe voluto ribattere, si vedeva, ma fu interrotto dall'aprirsi della porta secondaria della sala riunioni. Ne entrò Dimitrij senza essere annunciato, fatto che la mise subito in allerta. Quando vide poi il suo sguardo, si irrigidì.

«Raisa, Lukas. Vor.» Salutò tutti, ma si concentrò su Ljuba. «Dobbiamo parlare.»

Aveva un tono urgente e anche la sua mente vibrava di allarme. Raisa poteva avvertire il flusso dei suoi pensieri come un odore. Sembrava stesse usando tutta la sua concentrazione per trattenerli. Lo guardò con attenzione e notò che non si era tolto il cappotto. Aveva gli occhi incavati, lucidi e febbrili, come qualcuno che ha passato troppe notti sveglio, consunto dalla veglia, e sembrava smagrito, ridotto in se stesso, ma il suo sguardo era animato, le pupille che guizzavano nel chiaro dell'iride.

«È successo di nuovo» dichiarò.

Anche Ljuba si irrigidì a quelle parole. «A Krasnojarsk?»

«No, Vor, stavolta è accaduto più a sud, nel Krasnodar, un villaggio vicino Sochi. È sempre lo stesso schema: non ci sono sopravvissuti.»

«Nessuno?»

«Neanche un'anima.»

«Di cosa state parlando?» chiese Lukas.

«Non sono affari che ti riguardano» ribatté prontamente Dimitrij; parve solo in quel momento prendere piena consapevolezza di chi era presente nella stanza. «Non avrei dovuto accennarlo, Vor. Lukas...»

«Può rimanere» ordinò Ljuba con la sua voce asciutta. «Ormai è entrato abbastanza nell'organizzazione per sapere.»

La faccia di Lukas si venò di soddisfazione. Rivolse a Dimitrij un sorriso di trionfo, quest'ultimo lo ignorò. Emaciato e grave, si rivolgeva solo al Vor.

Wolfen - Vol. 1Unde poveștirile trăiesc. Descoperă acum