XXIV. Luna rossa - prima parte

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C'era qualcosa che gli sfuggiva di tutta quella situazione. Da più di un'ora cercava di capire cosa stesse succedendo. Tornò a controllare il cellulare forse per la terza volta in pochi minuti.

«Vedrai che sono al sicuro» disse Raisa.

Lukas quasi sobbalzò. Sollevò gli occhi a guardarla. «Hai...»

«No, non ti ho letto la mente. Più o meno» fece lei, vaga. «Vedrai che i ragazzi sono al sicuro.»

Lui non commentò. Non era il tipo che si faceva prendere dall'agitazione, ma non sapere dove fossero ora Ilyas, Aisha e Sasha non lo faceva neanche stare tranquillo. Non con una probabile sortita di nemici alle porte. I "tre moschettieri", come li aveva soprannominati nella sua testa, mancavano dal pomeriggio. Erano usciti, destinazione sconosciuta; forse adesso erano in qualche locale a bere vodka scadente. Forse Sasha Kirayev aveva trovato il coraggio per chiedere agli altri due di andare via dalla sede della druzina. Ne aveva accennato l'altro giorno a Lukas: aveva trovato un appartamento a Presnensky e aveva intenzione di trasferirsi, ma sperava che anche Ilyas e Aisha lo facessero.

«Per avere una casa loro» aveva detto, rosso in faccia. «Quindi, cioè, se potessi aumentargli la paga o potessimo aiutarli in qualche modo...»

A Lukas andava più che bene aiutare. Da quando tutti e tre avevano finito il loro periodo di addestramento, la loro paga era di fatto aumentata e, se non aveva capito male, aveva sentito gli stessi due fratelli discutere della possibilità di trovarsi una tana tutta loro. Era legittimo; tutti i giovani membri della druzina, se all'inizio usufruivano degli alloggi della sede, a un certo punto lasciavano il nido. Era più che normale. Non significava che se ne sarebbero andati – che lui se ne sarebbe andato.

Preferì non affrontare quell'ulteriore questione, che aveva lasciato in sospeso dopo il pranzo al Lupo Randagio. Era passato giusto un giorno da quando aveva recuperato Ilyas alla sede della SAVKA e non voleva forzarlo. Ci mancava giusto quello...

Raisa attirò nuovamente la sua attenzione. «Sono arrivati.»

Lukas si voltò. Nello spiazzo dove sostavano insieme a Dimitrij e altri membri dei Khlysty apparvero due macchine; le videro avanzare sul sentiero sterrato, i coni di luce dei fari che squarciavano il buio. Si trovavano poco lontani dall'ingresso della foresta, in uno slargo di terra fredda e rugosa, segnata da fosse e sterpaglie. Tutto attorno era un monotono dilatarsi di campi spogli, ritagliati nel cielo scuro. Solo la foresta, coi suoi alberi piantati come lapidi a fare da cupola d'entrata, sembrava muoversi in quel paesaggio atrofizzato, frusciando nel vento.

Dalle macchine scese un gruppo nutrito di uomini e donne. Tra loro c'era anche Yuri Petrov.

Lukas sbirciò Raisa, ma non notò nessun sommovimento nel suo viso liscio e immoto. Forse lo sapeva già. Ljuba era stato chiaro: quella non era un'innocua scorribanda di lupi sciolti; c'era un'organizzazione dietro e dovevano agire insieme per catturare i capi. Catturarli vivi.

«Raisa, Dimitrij» esordì un tipo che conosceva, Efrem Gulanov, rivolgendo un cenno anche a lui. Era armato di un Dragunov più lungo del suo intero braccio. «Nessuna traccia?»

«Nessuna. È come se non avessero odore.» Nel dir ciò, Raisa accennò una breve smorfia. Lukas notò che evitava di guardare in direzione di Petrov. «Devono essersi iniettati qualcosa per sopprimerlo.»

«Questo è un attacco programmato» fece Dimitrij, che sembrava ancor più emaciato e scavato sotto la luce della luna. «Mi raccomando: cautela. Non conosciamo la forza dell'avversario.»

«Sono potenti» si intromise allora Yuri Petrov. Anche lui aveva un fucile che gli pendeva mollemente dalla spalla, un kalashnikov AK TR-3 col calcio telescopico. Lo maneggiava come una seconda estensione del corpo. «Anche solo uno di loro ha mangiato più carne di tutti noi messi assieme.»

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now