XVI. Notti randagie - prima parte

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Il ricevimento che suo zio aveva organizzato per festeggiare il nuovo progetto del Cremlino si teneva nel suo palazzo a Kolomenskoe, costruito sulle fondamenta dell'antico palazzo degli zar, un'area tanto prestigiosa quanto maledetta. Nell'Ultima Guerra erano state rase al suolo le ultime vestigia del palazzo e della chiesa Kazanskaja per farne un centro di tortura dei prigionieri. C'era chi diceva che dove un tempo venivano intonate litanie e tra le stesse pareti che avevano visto la nascita della zarina Ekaterina I ora si potessero sentire solo le grida dei morti.

Sasha si tormentò il colletto; per l'ennesima volta se lo allentò e poi tornò a stringerlo. Stava soffocando dal caldo. La sala da ballo coi suoi stucchi dorati e i lampadari a gocce di cristallo rifletteva una luce soffusa e languida che rendeva l'ambiente torbido. Il risuonare dei calici di champagne insieme alle chiacchiere riproduceva una cacofonia che cozzava contro i pensieri e le emozioni delle persone presenti, pensieri che non riusciva del tutto a isolare. Doveva ancora allenarsi: era molto migliorato nel controllare quel potere, così come ora riusciva a trattenere il proprio odore, ma qualche guizzo di umanità altrui penetrava ancora nella sua mente e allora gli sembrava di rubare pezzi di esistenza.

Ivan gli diede una gomitata. «Lo finisci o no quello champagne?»

«Sì, un attimo. Lo sto gustando.»

«Io vorrei una cazzo di vodka» borbottò Igor.

«Mamma vuole che ritorni a Krasnodar» disse Ivan, annoiato.

«Le ho già detto di no.»

«Vedi di dirglielo meglio perché non ce la faccio più a sentire le sue lagne.»

Sasha non ribatté. Fissò il contenuto del suo calice, perdendosi nella trasparenza ambrata dello champagne. Emise un breve sospiro. Si era dimenticato come comportarsi alle feste dell'alta società.

Nella sala insieme ai balli si consumavano conciliaboli e accordi: vedeva suo zio Boris intento a parlare col Vor Mikhail Dazla; poco lontano c'era il figlio Aleksandr, affiancato da Raisa, la vulkulaki che aveva visto varie volte con Lukas Maraskin. I due stavano discorrendo coi figli di Roksana Vrubel, l'unica Vor donna delle alte sfere dell'Organizatsya. Quest'ultima lui l'aveva giusto intravista durante la serata: una signora avanti con gli anni, dallo sguardo di amianto.

Si soffermò più del dovuto sulla sua simile, Raisa: indossava un abito bianco che metteva in risalto la folta chioma bionda, simile a una cascata dorata lasciata sciolta sulle spalle. Si chiese cosa si provasse ad avere a che fare con una donna del genere. A dire il vero la prospettiva gli trasmetteva un po' di soggezione.

Prima gli era sembrato di vedere anche le figlie di Ljuba Vosikiev...

«Vado in bagno» annunciò e svirgolò via, facendosi largo tra la folla cangiante di vestiti. L'orchestra aveva iniziato a suonare una musica più vivace che spinse i più giovani a lanciarsi in pista.

Il palazzo era più grande di quanto avesse immaginato. I passi lungo il corridoio risuonavano simili a detonazioni di cannoni. Sulle pareti erano affrescati episodi della storia russa a partire dalla lotta ai boiari di Ivan il Terribile, la Prima Guerra del Nord e la Rivoluzione fino a sconfinare a fatti più recenti, l'Ultima Guerra e le dispute dei Vor. C'erano anche affreschi allegorici. In un riquadro era ritratto un lupo che ululava alla luna; stava vicino alla riva di un lago che rifletteva la sua immagine agonizzante nel sangue.

Accelerò il passo.

A un certo punto pensò di essersi perso. In quel dedalo di corridoi si ritrovò, non seppe come, in una stanza tutta nera. I paramenti erano scuri, color viola e antracite, il pavimento di marmo aveva delle venature biancastre. Al centro della stanza stava una piscina: un lago di acrilico nero simile a una pozza di inchiostro. Si fermò sulla soglia strabuzzando gli occhi. L'intera camera emanava la forte sensazione di trovarsi in un simulacro; il silenzio era uguale a quello che si consuma all'ombra di un chiostro medievale.

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now