XXIV. Luna rossa - seconda parte

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«Da questa parte!» gridò Dimitrij.

Nel frattempo avevano raggiunto il fiume. Il Khimka, ormai ridotto a poco più di un torrente, che come una zigzagante vena azzurra tagliava la foresta. La luna si rifletteva sulle sue acque in un riflesso sfrangiato. Il fiume brillava di una luce argentata e viva come un grande serpente di metallo.

Il muschio era blu, notò Lukas avanzando. Una nebbiolina sottile iniziò a levarsi dagli alberi e dal suolo; sembrava trasudare dalla terra stessa. Non è normale, pensò subito, allargando le narici.

«Dividiamoci in due gruppi» stava dicendo Dimitrij. «Efrem, Nikita, Lukas e tu, Petrov, con me, voialtri...»

«È strana questa nebbia» osservò Lukas. «Non trovate? Così sottile, ma non si vede un cazzo.»

«Lo stavo per dire io» fece Ivan Vasilyev e altri gli diedero manforte.

Yuri si stava guardando intorno, la mano stretta all'impugnatura del fucile.

Dimitrij sbottò: «È solo un po' di nebbia. Non cominciamo a fare come gli umani che vedono fantasmi ovunque. Stavo dicendo...»

«Perché non hai chiesto a Raisa di seguirci?» lo interruppe Lukas. Cominciava a non vederlo tanto bene: nella nebbia i contorni del viso di Dimitrij erano sfilacciati quanto il riflesso della luna sul fiume.

«Raisa deve controllare il perimetro. Così ci siamo accordati.»

«È una senziente. Il suo potere è utile in battaglia, non a fare la ronda. È l'unica tra noi che può individuare un vulkulaki senza l'aiuto dell'olfatto. Perché mai...»

Ma non finì quella frase perché la sua voce venne inghiottita dal rumore di uno sparo, che riecheggiò alto e stridulo fendendo l'aria torbida.

Con già tutti i muscoli tesi, si scansò al fischio del proiettile e nel secondo successivo si era già voltato con la Makarov in pugno, tutti i sensi in allerta. La nebbia era diventata densissima nel giro di pochi secondi, ma riuscì lo stesso a intravedere delle ombre delinearsi in quella foschia grigiastra ora accesa da un bagliore roseo, mortale. Sagome di uomini. Emersero dalla terra come vecchi incubi.

«Stiamo uniti!» sentì gridare. Era la voce alta e rauca di Efrem. «Non separ...»

Il boato del secondo sparo riverberò ancora più alto nel bosco. Efrem aveva la bocca aperta; Lukas lo vedeva, nonostante la scarsa visuale. Vide nettamente il proiettile colpirlo in mezzo alla fronte. Un fiotto denso di sangue raggiunse anche lui, imbrattandogli la faccia. Quel sangue, e il tonfo del corpo caduto, lo distrassero solo per un attimo; stava già sparando alle ombre, imitato dai compagni. Non sentiva nulla se non gli spari, che iniziarono a rimbalzare in un fragore metallico, e il tumulto del sangue, il cuore che forse gli era salito in gola.

Gli uomini gridavano. Le loro armi scintillavano nell'oscurità. Dagli alberi ne emersero altri; c'erano anche lupi. Una dozzina, calcolò Lukas a occhio e croce. Forse di più. Non riusciva a vedere... Si portò avanti, abbatté la sagoma saettante di un lupo nel momento in cui la sentì balzargli addosso. Per poco non perse l'equilibrio. Uno dei Khlysty era a terra, come Efrem, si stava tenendo un moncherino sanguinante e sputava imprecazioni.

Sono troppi, realizzò in un attimo, mentre si muoveva alla cieca, la nebbia sempre più fitta, una spessa coltre lattea che offuscava ogni senso. Non posso trasformarmi così...

Gli aggressori si erano disposti in un ampio cerchio, la classica mossa a tenaglia che aveva visto spesso in passato, nei boschi siberiani. Si erano divisi: metà erano umani e sparavano, l'altra metà li attaccava sotto forma di lupo. Grandi, feroci lupi dagli occhi gialli, luminosi come fari nel buio. Se ne ritrovò uno addosso, che cercava di strappargli la gamba. Gli sparò dritto tra gli occhi, vedendo la sua testa spappolarsi in una poltiglia rossa.

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now