XXIII. Aria di tempesta - prima parte

150 12 69
                                    

La terra sotto le zampe era umida, morbida, quasi friabile. Ebbe la tentazione di tuffarci il muso per riempirsi i polmoni del suo odore verde e muschioso. Sentiva un frinire sommesso provenire dai meandri della foresta, un battito tenue ma insistente. L'intera foresta, in realtà, sembrava frusciare nel vento che spirava tra i rami, fitta di suoni palpitanti, come di passi o sospiri. Lui la sentiva, sentiva tutto, i rumori, gli odori; la sensazione, straniante e confortante al tempo stesso, di essere diventato parte della terra su cui stava camminando, del cielo sopra di loro, di ogni albero che superavano.

"È diverso dalla prima volta" disse ad Aisha attraverso quel canale di comunicazione telepatica che, a quanto pareva, tutti loro avevano quando si trasformavano – Sasha doveva ancora abituarcisi. "Questa volta è... bello."

La prima volta che si era trasformato aveva avuto paura di impazzire. Il dolore era stato lacerante, la paura incontrollabile. Non era durato molto e nessuno lo aveva visto; era stato abbastanza traumatico, comunque, da spingerlo ad abbandonare Krasnodar e andare lì, a Mosca. Passati mesi da quel giorno, si chiese quanto sarebbe stata diversa la sua vita ora, se non avesse fatto quella scelta.

Sbirciò la lupa che camminava accanto a lui, la sua sagoma snella e scattante, il muso dalla forma affusolata. Ilyas li precedeva a poca distanza. Sia lui che Aisha avevano il pelo folto e marrone, ma quello di lei era di una sfumatura più chiara, un caldo color nocciola dalle sfumature di miele come la sua pelle e i suoi occhi in forma umana.

Era stata lei a proporre quella "scampagnata" nella foresta di Khimki per vedere se, finalmente, dopo tutte quelle settimane di prove, Sasha fosse in grado di trasformarsi senza problemi. E ci era riuscito, se ne era sorpreso lui per primo; camminava ora in quelle sembianze con naturalezza, le narici allargate, le zampe immerse nel terreno, l'anima affondata nella struttura sotterranea dell'universo, ogni singolo senso connesso con la natura circostante. Il bosco respirava e a lui sembrava che premesse le labbra su di lui, un alito caldo che gli scorreva nelle vene. Si sentiva come nel mezzo di un'antica byliny, un quasi novello Ilja Muromec a galoppo sul suo Sìvka-bùrka dal lungo crine, anche se, a pensarci bene, più che identificarsi con l'eroe avrebbe dovuto sentirsi vicino al cavallo magico. ¹

"È proprio bello" seguitò. "È come... lo senti anche tu? È come se sentissi tutto attorno a me. Come essere un'antenna collegata alla natura. No, forse non è il paragone più adatto – faccio schifo con le metafore –, ma è giusto per dire..."

"Sì, è bello" concordò lei e parve assentire col muso. "Ti sembra di sentire il cuore del mondo."

Sasha non si aspettava quella frase da lei, così sentita, quasi poetica, e se fosse stato umano con molta probabilità l'avrebbe guardata con stupore. Da lupo si limitò a stare in silenzio, continuando a camminare. Videro Ilyas fermarsi a pochi metri di distanza. Emise un basso ululato e li chiamò col pensiero. C'era una traccia di sangue impigliata nell'aria, che tutti e tre percepirono con nettezza.

"Un animale ferito" dichiarò Ilyas e fece segno di seguirlo.

Sasha obbedì, docile ed eccitato. Si muoveva con sicurezza, ogni passo più disinvolto del precedente, nonostante i grovigli di rovi che intralciavano il passaggio. Betulle dalla corteccia argentata ed enormi querce scure li circondavano; il sole stava tramontando proprio in quel momento tra i rami, fiammeggiando morente nel crepuscolo viola chimico. Superarono un paio di colline irte di pietre e una cava allagata, la cui superficie d'acqua aveva assunto la sfumatura grigia di una slavina di ghiaccio. Trovarono l'animale ferito poco più in là, al centro di una breve radura. Era un cervo e si stava contorcendo piano su un fianco, le budella sparse per terra. Era splendido. Le sue corna bianche e possenti si protendevano come se fossero germogliate dalla terra e l'unico raggio di sole che cadeva dal cielo, perforando il fitto fogliame, illuminava i riflessi ramati del suo manto chiazzato di sangue.

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now