XXIX In your memories - terza parte

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«Sei stato tenuto per quasi un anno in un laboratorio segreto, a Sarov, da uno scienziato di nome Rodion Karanev. Ti dice qualcosa?»

Sereb scosse la testa.

«E Sarov?»

Di nuovo uno scuotimento del capo. Sereb sedeva rigido sulla sedia, come se qualcuno lo avesse inchiodato allo schienale. Non aveva cambiato di una virgola la postura da quando era entrato in quella stanza, una delle tante nascosta nei tunnel della "tana" del clan, quella sorta di bunker sotterraneo la cui ampiezza continuava a sfuggire ad Andrej. La stanza in cui si trovavano doveva servire da sala riunioni o qualcosa di simile: l'arredamento era ridotto a una lunga tavola di basalto nero e a poche sedie. Non c'erano apparecchiature elettroniche, né armi. C'era il fuoco però: quattro bracieri ardevano ai quattro lati della sala proiettando ombre iridescenti sui presenti. Al momento a occupare le sedie erano solo Katrina, che sedeva a capo-tavola, e Zarema e Misha, che sedevano ai suoi lati, come ali o una strana parodia della rappresentazione dell'antica Trinità.

Andrej aveva avuto quel pensiero appena entrato e si era dovuto trattenere dal ridere istericamente. Erano giorni che provava la voglia di ridere per poi scoppiare in un pianto dirotto.

Non sapeva perché avessero portato lì anche lui. Quando un paio di vulkulaki erano venuti a prelevare Sereb dalla loro cella, uno spazio angusto rischiarato dal fuoco che dimorava in quel luogo, onnipresente, in grado di brillare anche sottoterra e all'apparenza impossibile da spegnere, non si era aspettato di doverlo seguire. Ma forse serviva la sua presenza per tenere buono l'altro. Come lo aveva definito Misha? Un salvacondotto. Erano stati abbastanza espliciti su quella che pensavano fosse la sua utilità. Andrej si chiedeva ormai con una certa spassionatezza quando lo avrebbero ucciso.

«Sarov è una città che non esiste più» spiegò Misha. Sedeva al lato destro di Katrina e teneva le braccia incrociate. «Un tempo era una "città chiusa", una di quelle non segnate su nessuna mappa, create dall'URSS per impiantare stabilimenti e fabbriche segrete dove si svolgevano attività di ricerca e sviluppo di armi e tecnologie militari. Dopo l'Ultima Guerra sono state rase al suolo tutte, ma Sarov aveva dei laboratori sotterranei. È lì che ti ha portato quell'uomo.»

«Possibile che non ricordi niente?» chiese Zarema.

Misha rispose al posto di Sereb: «Ve l'ho già detto: ho sondato la sua memoria e non ho trovato nulla. Non ricorda niente perché Karanev ha cancellato qualsiasi ricordo avesse del suo passato, anche quelli più recenti. Era come un software che veniva continuamente riscritto.»

La posa di Sereb si fece più rigida. «Io non sono...»

«Cosa non sei, ragazzo, una cavia? Ho una brutta notizia per te: lo eri. Ti sei chiesto perché non ricordi nulla del tuo passato? La tua non è un'amnesia normale. La tua memoria è stata cancellata come una cache svuotata. Anche quel poco che ricordi non è affidabile. Un branco che corre nella steppa e un incendio all'orizzonte? Sembrano immagini uscite da un film. Sì, non fare quella faccia: le ho viste. È uno dei miei poteri. Devono essere false, dei ricordi impiantati da Karanev stesso. Sono pronto a scommettere che anche il suo nome non è vero, potrebbe persino essere un codice.»

Misha era tornato a parlare alle sue compagne, mentre Sereb sembrava diventato della stessa materia inerte del tavolo. A malapena si sentiva il respiro fuoriuscirgli dalle narici. Andrej avrebbe voluto allungargli una mano, sfiorarlo e dirgli che era tutto a posto, che sbagliavano, non poteva essere...

«Chi è questo Karanev?» chiese, un pigolio sottile che sperò non attirasse troppa attenzione.

A rispondere fu Zarema: «Uno scienziato famoso, un genetista per l'esattezza, esperto di biotecnologia, bioingegneria, biomeccanica e bioqualunquecosa.» Fece un sorriso tirato ed emise uno sbuffo. «Il Divi Filius dei "bambini geneticamente modificati", lo chiamavano. Ha aiutato un sacco di russi ad avere bambini sani, biondi e con gli occhi azzurri, dei prototipi perfetti con tanto di ricevuta di ritorno.»

Wolfen - Vol. 1Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora