XXVIII. Tra sconosciuti - prima parte

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Era entrato in ospedale senza aspettarsi di incontrare Raisa Zaranska. Quando la donna lo aveva visto nell'ingresso, mentre Sasha si guardava attorno alla ricerca del reparto di Ilyas, gli aveva fatto cenno di avvicinarsi. Lui lo aveva fatto immediatamente, come se avesse avuto una molla sotto i piedi.

«Sei venuto a trovare il tuo amico?»

«Sì, però non ho capito dove si trova.»

«Reparto ortopedia. È al secondo piano.»

«Ma questo posto...» Aveva gettato un'occhiata all'atrio lindo e poco affollato. «Sono tutti vulkulaki qui?»

«È un ospedale patrocinato dai Vosikiev. Tutto il personale appartiene alla nostra specie e vengono ammessi solo vulkulaki.»

«Oh» aveva detto lui, ma poi si era rimproverato per quell'esclamazione sorpresa: era normale, intelligente, che avessero un ospedale tutto loro, dove poter curare e ricoverare vulkulaki all'oscuro dagli umani.

Si stava ancora guardando intorno quando lei gli aveva fatto quella domanda: «Posso parlarti un attimo prima che vai?»

Cosa avrebbe potuto dire Sasha? Certo che aveva acconsentito e l'aveva seguita: sembrava una cosa seria e lui voleva mostrarsi disponibile, pronto a dare il proprio contributo alla causa – qualunque essa fosse. E poi non credeva di essere il tipo in grado di negare qualunque cosa a una donna come lei, onestamente.

Erano andati al bar del piano-terra, quello vicino alla piscina per la riabilitazione. Come nell'atrio non c'era quasi nessuno: era un ambiente ampio e asettico, dai tavolinetti d'acciaio e lunghe finestre a losanga che davano sull'azzurro della piscina. Le pareti avevano quel tipico colore indefinito d'ospedale, un bianco da chiara d'uovo. Servivano il tè da un samovar gorgogliante in cui un solerte inserviente gettava cortecce di betulla. Era l'unico odore, penetrante e vivo, insieme a quello del disinfettante.

Sasha decise di prendersi giusto un tè.

«Ho bisogno di un'informazione» esordì Raisa appena si sedettero. «E voglio subito dirti che mi dispiace metterti in una posizione difficile.»

«Difficile? In che senso?»

«Riguarda la tua famiglia, i Novikh.»

Lo fissava dritto, l'espressione concentrata, forse alla ricerca di qualsiasi emozione traditrice sul suo volto. Sasha si chiese se stesse provando a leggergli il pensiero: lui non sentiva niente in testa.

«I Novikh... io, in verità...»

«Si tratta dell'attacco della scorsa notte.»

«C'entrano i Novikh?»

«Non loro direttamente. Abbiamo motivo di credere che i vulkulaki ribelli fossero interessati ad alcuni dati dei Novikh e della SAVKA, custoditi al Cremlino.» Parlava lentamente, indugiando su ogni singola parola. «Non posso dirti altro, peraltro neanche noi abbiamo la sicurezza al cento per cento. Saprai che la ristrutturazione del Cremlino non è solo un progetto edilizio.»

«Sì, l'ho intuito, diciamo.»

«Tuo zio, il Master Belyi, ha stretto un'alleanza con gli alti vertici militari: il Cremlino diventerà la nuova base della SAVKA, al centro di Mosca. Hanno incominciato in questi giorni a trasferire dati e archivi e credo – crediamo – che alcuni di questi dati abbiano a che fare con un progetto militare di alta riservatezza a cui questi lupi ribelli sono interessati.»

«Ma non hanno rapito qualcuno?» chiese, incerto. «Ieri hai detto...»

«Quella è un'altra questione. O forse sono legate. Purtroppo sappiamo ben poco, per questo abbiamo bisogno del tuo aiuto.»

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now