XXXIII. Mattine aliene - prima parte

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Bella gente, spero abbiate passato un bel Natale! Questo capitolo e quello che seguirà sono i miei regali per le feste. Lo dico: cadono limoni. Siamo in pieno NC-17, ma che dico, un genitore americano qui sverrebbe ^^'

Se non vi piacciono scene grafiche di sesso vi invito a saltare e ritornare tra questi lidi fra un paio di aggiornamenti. Cerco sempre di scrivere queste scene non fini a se stesse, per me infatti sono un'occasione preziosa per esplorare la psiche dei personaggi e i loro rapporti interpersonali oltre che divertirmi un po', ma ognuno ha i suoi gusti e leggere scene intime esplicite può giustamente non rientrare nei propri. 

Buona lettura a chi rimarrà e buon anno nuovo a tutti!


XXXIII. 

Mattine aliene


Quando Ilyas si svegliò, Lukas dormiva ancora. Ci mise un po' a sollevare il suo braccio che lo aveva tenuto stretto tutta la notte. Persino nel sonno la presa dell'uomo era d'acciaio, e sembrava possessiva. Vi si sfilò lentamente, i movimenti cauti, calibrati, attenti a non svegliarlo. L'altro doveva avere il sonno leggero. Lo immaginava non solo per via della sua istruzione militare: da quel che gli aveva raccontato doveva aver imparato a dormire con un occhio sempre aperto sin da ragazzino.

Riuscì infine a districarsi, scorrendo sul baldacchino finché non toccò il pavimento con i piedi e scivolò giù dal materasso. Si infilò nel bagno del corridoio dove aveva fatto la doccia la sera prima, per evitare di usare lo scarico di quello della camera da letto. Nello specchio appeso sopra il lavandino osservò l'alone scuro dei lividi e vi passò sopra le dita. Sapeva dove si trovavano anche senza vederli, ma averli sotto gli occhi lo aiutava a calmare il respiro. Era strano, ma era così.

Si ricordò quando, a diciannove anni, subito dopo essere diventato tenente, passava ore a specchiarsi su qualsiasi superficie riflettente, sempre alla ricerca di qualcosa che gli dicesse che il proprio corpo aveva urlato. Non aveva mai trovato nulla però. A quei tempi la sua pelle era stata intatta, liscia e intonsa, e il suo corpo un efficiente meccanismo di tendini e muscoli che emanava vigore, giovinezza, agilità; nessuna ferita, nessuna ombra sembrava potesse deturparlo o incrinarlo. Trovare ora quei segni così visibili, nonostante vedesse con l'occhio della mente anche la mano che li aveva fatti, gli faceva provare un insensato, morboso quanto si voleva, eppure autentico, senso di sollievo.

Questa volta era reale, davanti ai suoi occhi. Non avrebbe potuto distogliere lo sguardo.

Quando uscì dal bagno, ritornò nella camera da letto e trovò Lukas ancora addormentato, voltato a pancia in giù, con il viso rivolto da un lato e la schiena nuda dove anche il suo lupo sembrava riposare. Il suo respiro era profondo e regolare. Ilyas rimase a guardarlo per un po', poggiato contro lo stipite della porta, prima di inoltrarsi nel corridoio e raggiungere il salotto.

Erano appena le sette di mattina. Il cielo era grigio dietro le finestre, ma non stava piovendo, anzi, c'era pure un avanzo di sole salito con timidezza dall'alba appena sorta. Pareva che Mosca insistesse per portare avanti quella singhiozzante primavera.

Ilyas si affacciò in cucina e si guardò attorno, disorientato. Nella luce fredda ma luminosa che colmava le quattro mura l'appartamento gli appariva più insidioso di una taiga. Era la situazione a renderlo incerto: anomala, non spiacevole, ma di sicuro fuori dai suoi schemi. Non aveva mai passato la notte a casa di qualcuno. In realtà era la prima volta in assoluto che dormiva con qualcuno, senza peraltro farci niente. Sembrava tutto uno strano sogno; forse doveva ancora svegliarsi.

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now