XII. Maslenitsa - prima parte

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Prima di arrivare a Mosca Lukas non aveva mai festeggiato la Maslenitsa. Era una festa di cui ormai si era persa la tradizione e in Siberia presso la sua gente in realtà non aveva mai preso piede. Sapeva che era legata all'antica Pasqua, a quando ancora quella festività veniva celebrata, e che durava sette giorni, ognuno con un nome diverso. Si mangiava, si beveva e si ballava, si salutava l'inverno e si pregava Dio. Un tempo. Nessuno se lo ricordava più.

«Non sapete cos'è la Maslenitsa?» chiese quella mattina quando varcarono l'entrata del parco Gorkij.

La ragazza scosse la testa, il fratello ovviamente non poté esimersi dal guardarlo con sufficienza.

«Dovremmo saperlo? Non siamo russi, delle vostre tradizioni non vedo cosa dovrebbe importarci.»

«Sia mai, ci vivi solo, in Russia» ribatté lui con calma. Si sistemò la pistola nella cintura e rivolse gli occhi al cielo limpido, piano e disteso, col sole che batteva tiepido sullo strato di neve fresca. «È la festa tradizionale per salutare l'inverno» spiegò ad Aisha, «un tempo era una festa religiosa, ora è solo un'occasione per far baldoria e istituire a Mosca almeno sette giorni di pace tra i gruppirovki

«Sul serio?»

Pareva scettica e lui dovette confermare: «Beh, "pace" è una parola grossa, diciamo che vengono seppellite alcune asce di guerra. Ci sono meno problemi.»

«Come si svolge?»

Al contrario del fratello sembrava interessata, anche se il suo tono era contenuto quanto l'espressione. Osservandola in quelle settimane che aveva trascorso nella druzina, durante le operazioni o nei momenti di convivialità, Lukas aveva riscontrato in lei un sangue freddo invidiabile. Non avrebbe dovuto sorprendersi: conosceva Raisa da anni, era stato in passato con una donna che non avrebbe avuto niente da invidiare al famigerato generale Inverno e nel suo clan c'erano state diverse donne combattenti, eppure era sempre per lui una sorpresa incontrarne altre. Forse gli anni nell'esercito, le cui fila erano composte esclusivamente da uomini, lo avevano influenzato in tal senso.

«Il lunedì, oggi, è la giornata dell'incontro, la vstrecha, come in passato. Si viene qui per incontrare gli altri, per mangiare e iniziare i giochi. Domani sarà invece la giornata in cui le ragazze faranno avances ai ragazzi.» Sogghignò. «Si faceva così un tempo: ragazze e ragazzi non sposati si incontravano per strada per conoscersi, mangiare bliny e ballare. Era permesso alle donne tentare approcci, adesso le cose sono un po' meno da "ballo delle debuttanti".»

«Cioè?»

Erano quasi arrivati al loro accampamento.

«Per tradizione le donne a fine giornata scelgono gli uomini con cui vogliono passare la notte e i prescelti non possono rifiutarsi.»

«E se uno non ci vuole andare?» chiese Ilyas, la fronte aggrottata.

«Deve. L'ho detto: è la tradizione. E non ti preoccupare, comunque: a te non sceglierà nessuna.»

«Perché sono un lurido khachi, vero?»

«Perché è preferibile avere a che fare con un ramo d'ortica infilato su per il culo che con te.» Detto ciò, tornò alla ragazza. «Il terzo giorno è la lakomka, la giornata del ghiottone. Si mangia, sostanzialmente, ma non solo. È il giorno in cui avvengono gli smerci.»

«Droga?»

«Esatto. Senza le solite barriere di territorio però. È l'unica occasione dell'anno in cui si possono eludere le rigide regole non scritte della Organizatsya.»

«Capisco.» L'espressione le si era fatta meditabonda. «Sono presenti tutti i gruppirovki

«Sì, ma non tutti i Vor, solo quelli che abitano a Mosca o quelli che si trovano in capitale al momento.»

Wolfen - Vol. 1Where stories live. Discover now