Capitolo 5

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L'autobus era stato impeccabile. Mi aveva lasciato in perfetto orario davanti all'edificio in vetro, evitando che arrivassi in ritardo proprio il primo giorno.

A differenza della settimana prima, nella hall c'erano altri esseri viventi che si affrettavano per raggiungere il loro piano e cominciare a lavorare. Tuttavia, mi aspettavo un numero di colleghi più corposo, sufficiente a riempire l'intera hall per prendere gli ascensori, rispetto a quello in cui mi ero imbattuta. Pensavo che la Grimaldi Corporation fosse un'azienda talmente grande da poter creare una confusione simile a quella delle stazioni metropolitane e, vedere che di fatto non era così, mi lasciò spiazzata.

«Buongiorno» dissi ancora sovrappensiero a barbie, che mi ignorò platealmente. «A che piano devo salire?»

Alzò finalmente gli occhi, anche se il suo unico obiettivo era analizzarmi. Non c'era niente da fare: tra di noi era stata antipatia a prima vista.

Percepii chiaramente il suo sguardo diventare annoiato, una volta constato che non avrebbe potuto fare nessun commento sul mio abbigliamento. Non capisco perché perde il suo tempo così. Non troverebbe nulla da dire neanche se mi presentassi in una tuta da sub.

«Piano 8» rispose tornando ad ignorarmi. La guardai un'ultima volta confusa, prima di mettermi in fila per prendere l'ascensore, e ispezionai i tre minuti totali di conversazione che avevamo avuto dal giorno del mio colloquio. Non avevo detto nulla che poteva averla offesa in alcun modo, eppure era evidente che non le andavo a genio. Ah, pazienza pensai. D'altronde, neanche lei mi aveva fatto una bella impressione.

Come era accaduto nella hall, anche l'ottavo piano si era ripopolato rispetto all'ultima volta e, nonostante non fosse eccessivamente affollato, mi sembrava di essere in una centrifuga. Tutti sembravano andare di fretta e riuscii a fermare una ragazza quasi parandomi davanti a lei.

«Salve, dove posso trovare Mattia Fontana?» chiesi gentilmente.

«Sta parlando con il signor Grimaldi» rispose, sistemando meglio il pacco che aveva tra le mani e che sembrava essere un tantino pesante, e sfrecciando nuovamente via.

E ora che faccio? Devo bussare o aspetto?

Osservai combattuta la porta, mentre le lancette dell'orologio scorrevano. E alla fine mi decisi a bussare.

«Avanti» esclamò una voce all'interno.

«Buongiorno» dissi sfoggiando il mio miglior sorriso.

«Signorina Riviero, è in ritardo di dieci minuti ed è ancora il primo giorno. Ha intenzione di tenere questo ritmo di lavoro?» mi chiese Marzio Grimaldi con occhi gelidi. Come fa ad avere quello sguardo glaciale con un colore degli occhi così caldo?

«Non sapevo se mi era permesso entrare» mi giustificai, sperando che il suo obiettivo non fosse quello di cacciarmi il prima possibile.

«Piacere, sono Mattia Fontana» si intromise l'uomo in piedi. La presenza di Marzio Grimaldi poteva far eclissare chiunque altro si trovasse nella stessa stanza, anche se quella persona era affascinante quanto lui. «Sarò il suo mentore da oggi.»

«Piacere.» E lo era davvero, sembrava una persona simpatica e cortese.

«La aspetto fuori» mi disse con un sorriso. Poi mi voltai verso il mio capo che, al contrario, aveva un'espressione seria stampata in faccia.

«Sarò breve e conciso» disse osservandomi. «Mi aspetto un lavoro impeccabile e attento. Non le è permesso parlare con membri esterni all'azienda del suo lavoro, a meno che la stampa non abbia già pubblicato gli articoli, e prenderà ordini direttamente da me o dal signor Fontana. Per ogni dubbio, può rivolgersi a lui, mentre mi aspetto che mi riferisca personalmente delle decisioni che vengono prese.» Restai, per la seconda volta, sbigottita dal ritmo con cui riusciva a parlare, chiedendomi se il merito fosse della straordinaria capacità dei polmoni, che non sembravano chiedere un afflusso regolare d'aria, o delle acrobazie che la lingua faceva per non impantanarsi su sé stessa. «Ci tengo a specificare, inoltre, che lei è solo in prova per il momento, Riviero. Tutto chiaro?» mi chiese, alzando un sopracciglio.

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