Capitolo 28

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Il cielo era sereno e il sole creava un torpore piacevole nonostante facesse ancora freschetto. Come noi, anche altra gente aveva deciso di godersi quella giornata, quasi a ridosso della primavera, all'aperto e infatti riuscimmo a trovare a stento un tavolo libero nel balconcino del ristorante vicino alla Grimaldi Corporation.

«Da questa parte» disse Pierre a me ed Elvira dopo aver scambiato due parole con il cameriere. Eravamo riusciti ad ottenere un tavolo che si affacciava direttamente sulla piazzetta sottostante.

Davanti a me, prese posto Pierre e io mi ritrovai a pensare come una stupida a come solo la sera prima, l'uomo seduto davanti a me, fosse qualcun altro. Sembravano essere passate settimane da quel momento, quando in realtà erano trascorse poco più di dodici ore.

«È davvero carino questo posto» commentò Elvira, sprofondando nella sedia. Quella mattina, le avevo fatto fare un giro per tutta l'azienda e più volte avevo dovuto spedirla agli altri piani. Probabilmente erano ore che non si sedeva, ma almeno aveva fatto un buon lavoro. Niente male per una tirocinante, avevo pensato più di una volta nel corso della mattinata.

«Senti un po'...» cominciai a dire, trovando finalmente il tempo per chiederle ciò che non avevo ancora fatto. «Per caso studi francese?»

Elvira mi guardò confusa, presa alla sprovvista dalla mia domanda improvvisa, così provai a spiegarmi meglio.

«Stamattina ho notato che stavi parlando in francese con Pierre» chiarii.

«In realtà, lo sto studiando da autodidatta» spiegò imbarazzata. «Sto tentando di migliorare la pronuncia dal momento che vorrei lavorare a Parigi» aggiunse, lanciando uno sguardo a Pierre.

«Sa prononciation est magnifique» mi disse lui a quel punto. Lo disse in francese, probabilmente intuendo che sarei riuscita a capire quel tanto.

Tornai ad osservare Elvira. Mi aveva dato l'aria di una persona insicura e timida, eppure parlava benissimo il francese e aveva un sogno anche molto ambizioso che voleva realizzare. Era decisamente una ragazza da non sottovalutare.

«Penso che farai strada» le dissi ammirata. Le mie parole dovettero soddisfarla molto, perché il suo viso mostrava un'espressione incredibilmente orgogliosa.

«Mi piacerebbe solo riuscire a parlare più spesso in francese per abituarmi» commentò, portandosi i capelli dietro le orecchie.

In quel momento, la cameriera passò per prendere i nostri ordini, il che ci diede un po' di tempo per riflettere e alla fine avere una buona idea.

«Forse Pierre potrebbe aiutarti» suggerii incerta, dando un'occhiata al mio amico. «Se non hai altro da fare» chiarii dopo, sperando di non essermi imposta e aver creato difficoltà.

«C'est une bonne idée» confermò Pierre, con mio grande sollievo. «Così potrei avere la scusa per venire in azienda a trovarti» aggiunse, facendomi un sorriso. Non ebbi il coraggio di guardare Elvira dopo quelle parole.

«Sbaglio», disse lei però, «o quella è Lucrezia Costa?» Da come aveva espresso la domanda, sembrava più che il suo fosse un pensiero espresso ad alta voce.

Mi voltai di scatto nella direzione in cui stava guardando e due occhi azzurri ci stavano osservando da un tavolo poco distante. La cosa più strana era però il fatto che Elvira sapesse chi fosse quella ragazza, dal momento che io non gliel'avevo presentata.

Quella mattina, Elvira era arrivata ben prima di qualunque dipendente in azienda e, quando stavamo uscendo per il pranzo, Lucrezia non era al suo posto. Come faceva quindi a sapere chi era?

«Vi conoscete?» chiesi confusa.

Elvira non rispose subito. «Non proprio» disse poi, passandosi una mano tra i capelli rossi. «Lei... era la ragazza del mio ex prima che noi ci mettessimo insieme» spiegò con una faccia stanca.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now