Capitolo 8

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Cosa fai quando una persona ti dice che si fida di te, ma tu sai che non sei stata completamente onesta? Lasci che il senso di colpa prenda il sopravvento.

Forse dovrei dirgli chi sono davvero, pensavo mentre scendevo al terzo piano per portare agli stilisti i dettagli sull'abito di faccia da botox. Oppure no, pensai fermandomi a riflettere. In fondo, è una faccenda privata, non ha nulla a che fare con l'azienda.

Il terzo piano era praticamente identico all'ottavo, con la sola eccezione che lì non si respirava quel clima di tensione che era dovuto alla presenza del capo. Tutti mi sembravano più allegri e spensierati ed ero certa che la motivazione fosse la lontananza di Grimaldi. Sarebbe stato davvero bello essere assegnata a quel piano e lavorare in quell'atmosfera, ma, sfortunatamente, il mio ufficio era praticamente accanto a quello del capo e io mi sorbivo la pesantezza che aleggiava lì ogni giorno, dividendone il carico con Mattia: noi due eravamo gli unici poveretti a dover lavorare lassù a stretto contatto con Grimaldi. Di sicuro, però, io mi trovavo lì per essere tenuta ancora d'occhio, mentre Mattia era il braccio destro, fortunatamente simpatico, del capo.

Questi erano i pensieri che affollavano la mia mente quando il cellulare cominciò a squillare.

«Pronto» risposi infastidita.

«Daphne, dobbiamo parlare.»

«È bello vedere che ti sei ricordato che esisto, papà.»

«Non fare così...» replicò, ma non riuscii a capire se la sua voce era più supplichevole o esasperata.

«Come dovrei fare, allora? Pensavi almeno di invitarmi al matrimonio o volevi che lo scoprissi quando già eri all'altare?» sbottai premendo il tasto 8 dell'ascensore, dopo aver consegnato il materiale per il suo matrimonio a una donna di mezz'età con un sorriso gentile, che avrei preferito incontrare mentre non mi trovavo al telefono con un tale individuo.

«Non c'è stato il momento adatto per dirtelo in questi giorni.»

«Bastava una telefonata» risposi mentre la mia pazienza cominciava a tremare sotto i colpi delle stupidaggini che le mie orecchie dovevano sentire.

«Non sapevo come l'avresti presa...»

«Oh! Fidati che l'avrei presa meglio di come sto facendo ora!»

«Mi piacerebbe che mi appoggiassi...» disse, ignorando tranquillamente quello che stavo dicendo.

«È uno scherzo, vero?»

«Giselle vorrebbe che le facessi da damigella d'onore.» Questo tizio è impazzito.

«Puoi scordartelo» dissi uscendo dall'ascensore.

«Daphne...»

«Ti rendi conto di cosa mi stai chiedendo?» sbottai. «Non sapevo neanche che ti saresti sposato!» esclamai però abbassando la voce per evitare che qualcuno sentisse. «Senti, ora devo andare. Salutami Giselle e auguri per il matrimonio.» Riagganciai infuriata e mi precipitai nel bagno, dandomi una rinfrescata. Era ancora l'una e io mi sentivo già stremata.

«Resisti fino alle sei e poi potrai tornare a casa» dissi al mio riflesso nello specchio. Mi schiaffeggiai le guance e uscii di lì.

Non lo avessi mai fatto.

Torna dentro, torna dentro, torna dentro. Non feci in tempo a rientrare in bagno che mi sentii chiamare.
«Signorina Riviero!» Accidenti.

«Ehm... salve... ehm...»

«Lucrezia Costa.» Devo smettere di chiamarla barbie o non ricorderò mai il suo nome.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now