Capitolo 44

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Rimanemmo ad osservarci in silenzio per parecchi secondi.

Solo la voce della dottoressa ruppe quel silenzio per dire soltanto: «Vi lascio sole.»

Né io né mia madre la seguimmo con lo sguardo mentre usciva dalla stanza: eravamo entrambe sotto shock.

«Daphne?» ripeté lei. «Sei tu?»

Una lacrima sfuggì al mio controllo. Sentii che percorreva la mia guancia e ne sentii il sapore salato in bocca quando dissi: «Sai chi sono?»

Prima che potessi rendermene conto, mi ritrovai travolta da un abbraccio caldo e materno. Un abbraccio che non avevo più ricevuto da quasi otto anni.

Quando mia madre mi lasciò andare da quella stretta piena d'amore, notai lo sguardo lucido che aveva in quel momento. Era uno sguardo che non aveva più avuto dall'ultima crisi a cui avevo assistito e capii che in quel momento era lei.

«Sei diventata così grande» sussurrò, accarezzandomi una ciocca di capelli. «E così bella» aggiunse con un sorriso.

Non ero sicura di quanto fosse tornata in sé, ma sapevo che era abbastanza lucida da capire che ero sua figlia. La strinsi nuovamente in un abbraccio. Era come se stessi recuperando tutti gli anni persi con quel contatto.

«Mi dispiace» singhiozzai tra le sue braccia. Non ero sicura che sapesse per cosa mi stavo scusando e io non avevo intenzione di ricordarle in quel momento che negli ultimi cinque anni non ero più andata a farle visita.

«Ti ricordi cosa ti dicevo sempre quando eri piccola e piangevi?» mi chiese, lasciandomi un bacio in fronte.

«Che tu saresti stata sempre accanto a me e non dovevo avere paura» risposi, mentre le lacrime continuavano a scendere.

«Lo stesso vale per tuo padre» aggiunse lei, tornando ad accarezzarmi i capelli. Queste parole mi ricordarono che si trovava in quel posto per un motivo e che non era tornata del tutto in sé.

Non sembrava ricordare nulla di quello che era successo sei anni prima. Non ricordava il male che mio padre le aveva fatto. Lei credeva che fossero ancora due anime gemelle.

«Per me e tuo padre, tu sei la cosa più preziosa» disse infatti. Era dura dover ricordare la realtà in quel momento. Io non sapevo che persona fosse mio padre, quando lei se ne era innamorata, ma di certo ora non era più lo stesso uomo di un tempo.

Non volevo rivelarle come stavano le cose. Non aveva senso dirle che si era innamorata della persona sbagliata a tal punto da perdere la ragione.

«A me basta essere la cosa più preziosa per te» dissi soltanto.

Le mie parole furono seguite da una pausa di riflessione. Era come se il suo istinto materno la stesse guidando attraverso il labirinto di follia che aveva in testa.

«Tuo padre ti ama ancora moltissimo, anche se non ama più me» disse con mio grande stupore.

Sollevai la testa di scatto. La sua espressione era impenetrabile, ma i suoi occhi nascondevano un dolore profondo mentre aveva pronunciato quelle parole. Mi chiesi se la mia presenza lì la stesse mettendo di fronte alla realtà dei fatti. Non sapevo quanto a lungo avrebbe retto quel dolore che le leggevo dentro e la mia presenza sembrava aver risvegliato dei fantasmi del passato.

«Sei qui per colpa sua» le dissi. «Soffri perché lo ami ancora e lui non se lo merita.»

Mia madre restò in totale silenzio dopo il mio sfogo. La sua espressione era una maschera di impassibilità, ma i suoi occhi esprimevano un tale dolore che mi sentii in colpa per ciò che avevo detto.

«Scusa» sussurrai soltanto.

«Daphne» disse lei, sollevandomi il viso con le punte delle dita. «L'amore è un qualcosa di inspiegabile e, se potessi tornare indietro, sceglierei di amare tuo padre mille volte ancora» affermò tutto d'un fiato.

«Non puoi dire sul serio» dissi a bassa voce. «Non quando l'amore ti ha ridotto in questo stato.»

«Daphne, io non sono qui per via dell'amore e non voglio che tu pensi che l'amore faccia solo soffrire» ribatté con tono dolce. Quelle parole mi sorpresero non poco.

«Non penso questo» mi giustificai.

«Sei mia figlia» disse lei. «E una madre sa quando c'è qualcosa che non va» aggiunse, accarezzandomi i capelli. «L'amore non è solo sofferenza e non devi averne paura.»

«Mamma...»

«La dottoressa mi aveva detto che la bella ragazza dell'altra volta sarebbe tornata con qualcuno» mi disse lei. «Può essere che ci sia qualcuno di importante nella tua vita?»

Rimasi stupita e totalmente esterrefatta. Capivo che era mia madre, ma non era stata esattamente sé stessa negli ultimi periodi. E aveva capito tutto. Ogni singola cosa.

«Me lo presenterai la prossima volta che verrai?» mi chiese.

«Ho combinato un casino» risposi però. Non potevo assicurarle che Marzio sarebbe voluto venire con me a farle visita.

«Allora dovresti rimediare» disse lei con semplicità. «Non devi avere paura dell'amore solo perché hai visto ciò che è successo a me.»

Quelle parole furono come una doccia fredda per me. Era davvero possibile che avessi paura di ammettere di amare Marzio? Sapevo di provare qualcosa per lui, ma fino a quel momento non avevo neanche pensato alla possibilità che quello che provavo fosse "amore".

Da quando lo conoscevo, sentivo che era come se dovessi tenere le difese alte quando ero con lui. Era come se avessi paura a lasciarmi andare completamente e non avevo mai compreso che il motivo era solo uno. Io lo amavo.

Ma non potevo accettare l'idea che i miei sentimenti mi rendessero vulnerabile come era successo a mia madre. Avevo paura di ciò che sarebbe successo in quel caso.

Potevo sentire che ciò che provavo per lui era un qualcosa di totalmente nuovo. Era un sentimento che non si avvicinava minimamente a ciò che avevo provato per Dylan nel passato e solo ora capivo che era amore.

Sentii la voglia di andare da lui, di correre tra le sue braccia e rivelargli i miei sentimenti.

Sì, perché io lo amavo. Amavo Marzio Grimaldi. E lui doveva saperlo.

Probabilmente, mia madre lesse nei miei occhi ciò che mi passava per la testa, perché mi accompagnò fino alla porta dicendo soltanto: «Va' e metti le cose a posto perché voglio conoscerlo.»

Non ero per niente sicura che, quando fossi tornata a trovarla, lei sarebbe stata ancora cosciente come lo era in quel momento e sembrava che anche lei ne fosse consapevole.

Ci stringemmo in un ultimo abbraccio pieno di commozione. Non servivano parole per esprimere il dolore e la gioia che stavamo provando in quel momento.

«Ti prometto che tornerò presto» le dissi prima di andare via. C'era qualcosa di molto urgente che dovevo fare e non potevo più rimandare.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now