Capitolo 13

1.4K 47 1
                                    

Nadia mi aiutò tutta la mattinata con il trasloco, chiedendo una giornata libera al lavoro.

«Sei sicura che non ti faranno problemi al negozio?» le chiesi, mentre caricavamo l'ennesimo scatolo sul furgone dei traslochi.

«Abbiamo fatto un cambio di turni. Quindi smettila di preoccuparti e passami quel benedetto quadro» protestò alzando gli occhi al cielo.

«Agli ordini!»

«Non capisco perché tu lo stia portando con te» disse appoggiandolo accanto alle altre cose. «La casa di Grimaldi sarà già arredata. Dove hai intenzione di metterlo?»

«Nella mia camera, ovviamente. Sono abbastanza sicura che non mi permetterà di toccare nient'altro nel suo stupido appartamento» sbuffai spostandomi una ciocca di capelli che era sfuggita alla coda.

Nadia si fermò, con lo scatolo ancora tra le mani, e mi guardò come se fossi stupida. Ma che ho detto?

«Vorrai dire la vostra camera» puntualizzò.

Questa era una faccenda a cui non avevo ancora pensato, sia perché non ne avevo avuto il tempo materiale, sia perché il mio subconscio aveva probabilmente allontanato la questione dal mio cervello. Nadia mi lesse tutto ciò in faccia, perché cominciò a ridere così forte che tutti i passanti si voltarono a fissarci.

«Questo è un incubo...» sussurrai sedendomi sul bordo del marciapiede e massaggiandomi le tempie.

«Ma no, su. Però se tuo padre volesse improvvisamente dei nipotini, quello sì che sarebbe un incubo.»

La guardai scioccata. Ecco un'altra questione che il mio cervello non aveva previsto. L'aria sembrava bloccata dentro i miei polmoni, non usciva e non ne entrava altra. In cosa mi sono cacciata...

«Sto scherzando, Daphne! Tuo padre è stato chiaro. Vuole soltanto che risulti che siate sposati, non gli importa di nient'altro. Stai tranquilla» mi consolò Nadia con un tono leggero.

Mi calmai leggermente, perché la mia amica aveva ragione. A mio padre interessava solo che l'azienda fosse ormai legata alla nostra famiglia in modo permanente, non gli importava cosa sarebbe accaduto dopo. "Non tutti i matrimoni si basano sull'amore" mi aveva detto.

«Va meglio, ora?» disse preoccupata.

«Se tu non mi avessi fatta agitare, sarebbe andata meglio. Grazie.» Le rivolsi uno sguardo truce e lei si mise a ridere mentre riprendeva a caricare i pacchi sul camion.

Risalii nel mio appartamento per prendere le ultime cose, non badando troppo alla tristezza che mi assalì alla vista del mio appartamento.

Erano spariti solo i miei effetti personali, mentre i mobili, a cui mi ero affezionata, erano ancora lì. Era vero che avevo solo affittato quell'appartamento, ma lo sentivo davvero come se fosse casa mia e pensare che qualcun altro avrebbe vissuto lì mi causò una stretta al cuore. Finalmente, avevo ritrovato un luogo che potevo chiamare casa e lo stavo perdendo per l'ennesima volta. Non sapevo esattamente se prendermela con mio padre, con Grimaldi o con faccia da botox. Okay, Daphne. Non scontartela con Grimaldi che stavolta non ha nessuna colpa.

«Finalmente una se n'è andata!» disse una voce, mentre chiudevo la porta.

Mi voltai per trovarmi davanti la mia adorabile vicina di casa non tanto simpatica.

«Signora Fermi!» esclamai. «Non sia troppo triste per la mia partenza, non voglio che si rovini la salute» le dissi ironica.

«Adesso manca quell'altra e poi in questo condominio tornerà la pace!» disse, sventolando in aria un mestolo. Vedendo quell'oggetto, il mio naso doveva essersi ricordato di funzionare perché all'improvviso l'odore del cibo mi investì in pieno.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now