Capitolo 14

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Spalancai la porta dell'ufficio di Grimaldi furibonda.

«È in ritardo, Riviero» disse senza alzare la testa dai suoi fogli.

«Ma davvero?! E di chi crede che sia la colpa?» chiesi ironica sbattendo le mani sulla sua scrivania e costringendolo ad alzare lo sguardo.

«Di sicuro non dell'autobus, visto che oggi non lo ha dovuto prendere.» Fece una pausa, continuando con un finto tono scioccato. «Non mi dica che ora ha intenzione di arrivare sempre in ritardo, Riviero! Se non mi sbaglio, adesso può venire a piedi a lavoro e arrivare puntuale.»

Faccia da schiaffi!

«Poteva svegliarmi» dissi a denti stretti.

«Le sembro la sua sveglia?»

«No, ma poteva bussare alla porta chiedendosi perché non mi fossi ancora alzata!» replicai con tutta la calma che avevo a disposizione in quel momento.

«Dov'è la sua sveglia?» mi chiese ignorandomi.

«Non è questo il punto» dissi con fare sbrigativo, sperando inutilmente che non insistesse.

«Riviero.»

«Ancora negli scatoli...» sussurrai esitante, sapendo dove voleva andare a parare.

«Io le avevo consigliato di sistemare ogni cosa ieri sera. Non è un mio problema se lei è testarda.» Appunto.

«Avrebbe potuto chiamarmi lo stesso!» protestai, decisa a non dargliela vinta. Grimaldi mi osservò in silenzio, mettendomi particolarmente a disagio: solitamente mi avrebbe risposto a tono e così la discussione si sarebbe trasformata in un piccolo battibecco.

«Mettiamo le cose in chiaro» disse poi facendo il giro della scrivania. «La nostra relazione sarà ridotta al minimo indispensabile, cioè vivere insieme. Meno interagiamo, meglio è. È già abbastanza dura doverla sopportare qui come dipendente. Se dovessi averla tra i piedi anche a casa, finirebbe per portarmi all'esasperazione e non esagero quando dico che potrei non rispettare l'accordo con suo padre e far chiudere la Grimaldi Corporation.»

Mi fece imbestialire vedere che mi stava trattando come un'appestata da tenere confinata il più lontano possibile da lui.

«Se non dovesse rispettare l'accordo, mi farebbe solo un favore» replicai.

Il suo sguardo ebbe un chiaro fremito di rabbia, che mi portò a mettere da parte il mio carattere combattivo e ad indietreggiare lentamente.

«Perché non lo fa saltare lei questo matrimonio?» sputò acido. «Perché non si è opposta, mh? Io ho le mani legate, devo salvare un'azienda. Ma perché la piccola Daphne Riviero non si è opposta?» Fui costretta a fermare la mia "fuga" quando le mie spalle toccarono la libreria dietro di me. «È colpa sua se ci troviamo in questa situazione» continuò il mio capo, posando le mani ai lati della mia testa. «Suo padre è uno stronzo, ma si vede proprio che lei è la figlia.»

Lo spintonai via, in preda a un disperato tentativo per non scoppiare a piangere davanti a lui. Aveva esagerato, aveva davvero esagerato.

«Lei non sa niente. Non sa niente!» dissi guardandolo attraverso le lacrime. Lo sforzo che stavo facendo per non piangere mi fece annaspare e, ogni qualvolta tentavo di riempire i polmoni d'aria, usciva dalla mia bocca uno strano singhiozzo, forse ancora più umiliante delle lacrime che cominciavano a scendere.

«Forse» rispose con uno sguardo gelido. «Ma io non sarei stato coinvolto in questa storia se lei avesse detto di no a suo padre.»

«Neanche a me fa piacere sposarla, signore» dissi asciugandomi il volto con la manica della maglietta. «Ma anch'io ho qualcosa da proteggere e mi creda che se avessi un'altra scelta, farei qualunque cosa pur di evitare di stare al suo fianco un minuto di più.»

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now