Capitolo 12

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Io e Marzio Grimaldi rimanemmo ad osservarci come se avessimo visto un fantasma. Non avrei mai potuto immaginare che fosse lui l'uomo che avrei dovuto sposare. In primo luogo, perché qualunque padre avrebbe avvertito la figlia sull'identità del suo futuro marito, a maggior ragione se lo conosceva già; in secondo luogo, perché era semplicemente assurdo. Non riuscivo a capacitarmi della sua presenza in quella casa e i suoi occhi sbarrati mi fecero capire che doveva provare lo stesso anche lui.

«Lei? Lei è sua figlia?» disse a mio padre, ritrovando finalmente la voce. «È uno scherzo!» aggiunse rivolgendosi a me.

Il fatto che non gli avessi rivelato quanta importanza avesse il mio cognome e chi fossi davvero contribuì a rendere quella situazione ancora più difficile. Distolsi lo sguardo, evitando in tutti i modi di incrociare i suoi occhi per paura che sarebbe riuscito ad uccidermi se lo avessi fatto. Ma quei lampadari sono davvero impolverati! Ma come ha fatto tutta quella polvere a-

«È un piacere rivederla, signorina Riviero. Sono Mauro Grimaldi.»

«Oh... ehm... salve. Il mio nome è Daphne» dissi con incertezza. Spostai lo sguardo sul mio capo, che non si era ancora ripreso dallo shock. Non che io stia meglio.

«Direi di sederci e metterci a parlare» disse mio padre. Eh figurati! Per lui anche questo è solo un affare da concludere.

«Questa sì che è stata una sorpresa!» esclamò allegro Mauro Grimaldi. «Non pensavo che i nostri figli già si conoscessero.» Io e il mio capo ci fissammo senza parlare ed ero sicura che i nostri pensieri fossero gli stessi: Questo deve essere un incubo.

«Sapevo che vi avrei stupiti» disse mio padre divertito. «Almeno so che mia figlia è in buone mani.» Disse il tutto con una faccia che non si rendeva conto di poter essere presa a sberle da un momento all'altro dalla sottoscritta. Cosa c'era di divertente nell'essersi preso gioco dei presenti? Come poteva dire che ci teneva a sapere che fossi in buone mani? Stava giocando con le vite di tutti noi e sembrava che questo gioco gli piacesse molto.

«Anch'io sono felice di sapere che Marzio sposerà sua figlia. È una brava ragazza e ha dimostrato di tenere molto a cuore la nostra azienda» disse Mauro Grimaldi con un sorriso. Ma non si rendeva conto che aveva davanti un avvoltoio pronto a calare sulle carcasse di tutti noi?

«Direi di parlare dei dettagli e di chiudere questa faccenda» disse con tono freddo Marzio Grimaldi, intromettendosi in quella conversazione a dir poco assurda.

«Sono d'accordo» concordai, osservando mio padre. Aveva indossato un completo molto formale, segno che per lui quello era un affare qualunque. Io ero un affare qualunque.

«Abbiamo deciso che la Grimaldi Corporation sarà sotto la nostra direttiva, mantenendo invariato il suo nome e i suoi impiegati» disse mio padre osservando il mio capo. Quindi, si trattava soltanto di un cambio di direzione formale. Nulla che potesse giustificare quella pagliacciata.

«E io cosa c'entro?» chiesi spazientita.

«Il vostro matrimonio sancirà l'unione indissolubile tra le nostre famiglie» spiegò mio padre, lanciandomi uno sguardo ammonitore.

«Ci state prendendo in giro, non è vero?» Ben detto, capo. Tu sei la chiave per evitare tutto questo, vedi di far saltare quest'assurdità.

«Nessuno vi chiede di rendere il vostro matrimonio pubblico. Dovete solo sposarvi civilmente e vivere insieme» continuò mio padre ignorandolo.

«Solo?!» esclamai sbigottita. Non può essere serio. Conoscevo bene le sue tecniche: stava cercando di rendere cosa da poco una questione enorme, riducendo quel matrimonio a un piccolo inconveniente a cui si doveva andare incontro per ottenere un grande vantaggio.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now