Capitolo 41

1.1K 52 4
                                    

Gettai un'ultima occhiata al mazzo di fiori che avevo in mano. Avevo scelto garofani e gigli per quella composizione, ma non ero sicura che al padre di Marzio sarebbero piaciuti. Era il mio futuro suocero, eppure non lo conoscevo per nulla.

Mattia mi aveva detto soltanto: «Gli piaceranno di sicuro», quando avevo provato a chiedere la sua opinione. E Marzio aveva già la sua bella dose di pensieri senza che io lo andassi a disturbare per una faccenda del genere.

Sentivo delle voci provenire da dentro la stanza in cui Mauro Grimaldi era ricoverato, ma ero abbastanza sicura del fatto che non ci fosse un medico dentro. Era l'orario di visita e Mattia mi aveva detto di come quella stanza fosse sempre stata piena di visitatori negli ultimi tre giorni.

Non ero sicura che fosse giusto per me entrare: sentivo la risata allegra del mio futuro suocero provenire da dentro e non avevo intenzione di interrompere la piacevole discussione che stava avendo. Però, avevo davvero paura che l'orario delle visite terminasse.

Bussai alla porta, immaginandomi già il signor Grimaldi sdraiato al letto a chiacchierare con qualche suo amico.

Era davvero un piacere sentirlo ridere in quel modo. Probabilmente, quelle risate erano accompagnate da qualche fitta al petto, ma perlomeno non era giù di morale.

«Avanti» rispose e, mentre pronunciava quella parola con tono allegro, sentii la risata interrompersi per un breve momento.

«Buongiorno» lo salutai, aprendo di qualche centimetro la porta. «Disturbo?»

Mauro Grimaldi mi rivolse un sorriso radioso. Quello di Marzio era diverso, forse era più simile a quello della madre, ma doveva aver ereditato dal padre il modo in cui anche gli occhi si illuminavano quando sorrideva col cuore.

«Niente affatto. Mattia mi aveva informato che saresti passata a trovarmi presto» mi disse. «Oggi sono proprio fortunato» aggiunse, «sono circondato da delle belle e allegre ragazze.»

Le sue parole attirarono la mia attenzione sull'altra persona presente nella stanza. Credevo di ritrovarmi con due nonnetti che si conoscevano da tempo, ma rimasi sorpresa nel vedere che c'era una giovane ragazza dall'aria molto familiare lì dentro.

«Elvira?» chiesi sorpresa.

Lei mi rivolse un sorriso luminoso. «Daphne!» mi salutò, «Ero nei dintorni e sono passata a portare al signor Grimaldi dei cioccolatini.»

«E sono della mia marca preferita!» aggiunse Mauro Grimaldi con un sorriso. «Devi ancora dirmi come facevi a saperlo! Non può essere stata una coincidenza.»

«Suo figlio mi ha detto che lo costringeva sempre ad assaggiare almeno uno di questi ogni volta che veniva a trovarla e che c'era sempre una confezione in casa» rivelò Elvira. «Ho pensato che potesse farle piacere riceverli.»

Lo sguardo di Mauro Grimaldi faceva capire perfettamente che era più che felice di aver ricevuto quel regalo. Forse sarebbe stato meglio se anche io avessi chiesto qualche consiglio prima di decidere di comprare un banale mazzo di fiori, pensai con una punta di rimorso.

«Sono per me quelli?» chiese. «Sono veramente molto belli. Ti ringrazio tanto, Daphne. È stato un pensiero molto dolce, non dovevi disturbarti» disse con un sorriso luminoso.

A quanto pare, gli piacevano. E non sembrava che la sua fosse solo una frase di circostanza.

«Dammi pure» disse Elvira. «Li sistemo qui.»

Li sfilò dalle mie mani e si diresse verso il davanzale della finestra. Decine di altri mazzi di fiori campeggiavano lì e i vasi in cui erano riposti erano tutti pieni.

«Forse posso dividerli tra i vari vasi?» chiese Elvira. «In questo modo, dovrebbero entrarci» rifletté ad alta voce.

«Questa ragazza è proprio dolce e in gamba» mi disse Mauro Grimaldi. «Sarebbe proprio un bell'acquisto per la nostra azienda.»

Elvira sorrise raggiante a quel complimento. Potevo capire bene quale onore fosse per lei sentirsi dire certe cose quando stava ancora svolgendo un semplice tirocinio. Nei suoi occhi, lessi la voglia di far sempre meglio e le parole dell'ex direttore della Grimaldi Corporation erano state l'incoraggiamento perfetto.

«Se il signor Grimaldi vorrà tenermi con sé, mi farebbe molto piacere» disse con un sorriso.

«Non avrà di sicuro problemi. Ormai sei come un'assistente personale per lui» la tranquillizzò.

«In effetti, mi ha ricordato che suo figlio mi aveva chiesto di sbrigare delle faccende per lui» rifletté Elvira, finendo di sistemare i miei fiori nei vari vasi. «Scusatemi, ma devo proprio andare. Lascio il signor Grimaldi a te, Daphne» disse, prendendo la borsa e la giacca.

Sembrava essere particolarmente energica e su di giri. Ero certa che i complimenti che aveva ricevuto avevano causato quell'euforia.

Quando uscì dalla stanza, sembrava essere tornata la calma.

«Mi dispiace per non essere venuta prima» dissi, sedendomi sulla sedia al fianco del letto. «Ho pensato che volesse riposarsi un po' e ho aspettato prima di venire.»

Mauro Grimaldi mi fissò con aria comprensiva e fece un pesante sospiro.

«Non deve essere la prima volta che ti ritrovi coinvolta con qualcuno che è stato male allora» disse soltanto. Le sue parole mi fecero trasalire visibilmente e dai suoi occhi capii che gli avevo appena dato un'implicita conferma.

«Si sente meglio?» gli chiesi, per cambiare argomento.

«Faccio un po' di fatica a parlare, ma sono tutti molto gentili a venirmi a trovare cercando di tirarmi su di morale.»

«Posso tornare domani se si vuole riposare» proposi. Mi sentivo un po' in colpa a stare lì quando aveva quell'aria stanca.

«Niente affatto» mi fermò lui. «Tu sei proprio la persona con cui ho bisogno di parlare.»

Lo guardai con aria interrogativa. Non ero sicura di capire cosa volesse dire con quelle parole.

«Marzio mi è sembrato un po' strano ultimamente» mi spiegò.

«È comprensibile, lei è suo padre ed era molto preoccupato» suggerii.

«No. No, no» obiettò. «Sono suo padre e so perfettamente che le sue preoccupazioni sono altre» insistette. Mi lanciò un'occhiata indagatrice a cui feci del mio meglio per sfuggire. Probabilmente, aveva letto i giornali e sapeva perfettamente che c'era qualche cosa che non andava.

In quell'istante, la porta si aprì. Era proprio vero che, quando si parla del diavolo, spuntano le corna.

«Eccolo» lo accolse suo padre.

Marzio mi guardò stupito e, non sapendo bene cosa dire, lo salutai con un semplice "ciao".

«Non mi aspettavo di trovarti qui» disse, avvicinandosi al letto. Dopodiché, posò un bacio sulla fronte di suo padre e non mi degnò più di una parola.

Avevo provato a sfuggire lo sguardo inquisitore del suocero, ma Marzio stava mostrando chiaramente che tra di noi c'erano dei problemi.

«Daphne mi ha portato dei bei fiori» commentò Mauro Grimaldi. «Gigli e garofani» specificò, per guidare lo sguardo di Marzio tra le dozzine di fiori presenti in quella stanza.

«Cos'è successo?» chiese però lui. «Sono tutti sparsi in vasi diversi.»

«Non c'era più posto e quello era l'unico modo per metterli un po' in acqua» spiegai.

Marzio mi lanciò un breve sguardo che non seppi interpretare.

C'era un silenzio pesante in quella stanza e capii che forse era il momento di lasciare padre e figlio da soli per un po'.

«Daphne» mi richiamò il signor Grimaldi, prima che scappassi via. «Tornerai a trovarmi domani?»

Lanciai uno sguardo a Marzio, per capire che risposta potevo dare, ma lui mi precedette.

«Domani torneremo insieme» disse.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now