Capitolo 19

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Brutto troglodita con la testa quadrata e il cervello di una nocciolina, pensavo sbattendo con forza le dita sulla tastiera del computer, correndo il serio pericolo di romperla.

Erano passate ore da quando avevamo furiosamente litigato e io non mi ero calmata per niente. Anzi, proprio quando sembrava che il mio malumore stesse pian piano scemando, ecco che arrivava una nuova impennata di nervosismo.

Solo una cosa poteva farmi calmare definitivamente: ricevere delle scuse. Tuttavia Grimaldi non avrebbe mai fatto nulla di simile: era troppo orgoglioso, ma aveva trovato una più orgogliosa di lui. Non gli avrei più rivolto la parola neanche se mi avesse pagata con dei lingotti d'oro, o meglio, neanche se avesse annullato il matrimonio stesso.

«Ehm... Daphne» disse una voce sovrapponendosi al fragoroso rumore dei tasti che stavo cliccando. Mattia era fermo sulla porta con addosso il cappotto. «Io sto andando.»

Gettai uno sguardo al mio orologio per notare che ero andata ben oltre il mio orario di lavoro per quella giornata.

«Ci vediamo domani» gli risposi, tornando ad immergermi in quelle pratiche. Non era mia intenzione scontarmela anche con lui, ma sapevo che qualunque cosa potessi dire sarebbe stata inutile. Mattia era il migliore amico di Grimaldi d'altronde.

«Ehm, Daphne...» mi richiamò però esitante. Sollevai lo sguardo sulla porta, dove era rimasto immobile. Aveva un'espressione incerta e i suoi occhi vagavano per tutta la stanza, evitando attentamente di guardare la sottoscritta.

«C'è altro?» gli chiesi con un tono neutro. Non volevo essere fredda con Mattia, non se lo meritava affatto. Il suo unico difetto era il suo migliore amico dopotutto, e lui non poteva farci molto. Sembrò notare che il mio tono era meno freddo del mio umore e ciò lo spinse a fare qualche passo dentro la stanza.

«Sai, Marzio...» Non appena pronunciò il suo nome, mi irrigidii sulla sedia. E anche lui sembrò notarlo. «Lui... non sa bene quello che dice.»

Lo osservai senza mutare espressione. Che razza di giustificazione era "non sa bene quello che dice"?

«A volte non ragiona...» continuò Mattia. «E quando succede, non si ferma a riflettere prima di parlare... a quanto pare.» Neanche Mattia sembrava perfettamente convinto di ciò che stava dicendo e la mia espressione divenne ancora più scettica.

«A quanto pare?» chiesi. «Non siete amici da una vita?»

«Sì, beh...» replicò, più incerto di prima. «Non ha mai reagito così quando-» Si bloccò di colpo senza aggiungere nient'altro.

«... quando?» lo esortai.

«No, dicevo... lui non vuole offenderti quando dice certe cose.»

«Ah no?» dissi, accennando una risata. «Ti ha raccontato cos'è successo?»

«A grandi linee» sussurrò Mattia imbarazzato. A grandi linee, come no, pensai. «Era un po' agitato e non ci ho capito molto» aggiunse, probabilmente notando quanto avessi creduto a quel "a grande linee".

«Immagino» sospirai. Potevo davvero immaginarlo. Grimaldi che gridava nel suo ufficio, cercando di spiegare perché ci eravamo sbranati a vicenda, e il povero Mattia su una sedia, confuso e incapace di mettere insieme le fila del racconto.

«Volevo chiederti-» cominciò a dire, ma lo bloccai immediatamente.

«Non ho nessuna intenzione di scusarlo. Quindi non chiedermelo» dissi con fermezza.

Mattia fece per aprire bocca, ma poi tacque di nuovo. «Forse puoi scusare me allora» disse in imbarazzo. Questo mi sorprese molto.

«Per cosa?»

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now