Capitolo 62

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Il fallimento della Grimaldi Corporation aveva fatto parecchio scalpore. Erano passate settimane, eppure sembrava che la notizia fosse fresca di giornata.

Io e Marzio eravamo entrambi disoccupati e fu solo grazie a Pierre che riuscimmo ad avere di nuovo un lavoro. Ci aveva proposto di lavorare per lui nella sua nuova società e aveva chiesto anche a Mattia di farne parte.

L'unica nota negativa per Marzio era dover vedere Dylan tutti i giorni, ma per il resto sembrava essere soddisfatto da quel momentaneo impiego.

Ogni tanto, lo vedevo perdersi nei suoi pensieri ed ero sicura che pensasse al suo studio nella Grimaldi Corporation e alla sua amata azienda.

Il mio cuore si stringeva ogni volta che lo vedevo in quello stato. Mi sarebbe piaciuto essere una fata madrina o un genio della lampada per realizzare i suoi desideri, ma non ero nessuno e non c'era molto che potessi fare se non stargli accanto.

«Sai» gli dissi una sera, appoggiata al suo petto, «è davvero assurdo che sei arrivato al punto di sposare un'estranea per salvare la Grimaldi Corporation e alla fine hai perso l'azienda ma ti devi tenere la moglie.»

Marzio rise alle mie parole. «Proprio un affare, non è vero?»

«Pensaci» lo feci riflettere, appoggiandomi su un gomito. «Hai accettato di sposarmi quando non mi sopportavi per nulla e ora non ti puoi più liberare di me.»

Le sue labbra mi baciarono divertite e poi disse: «Forse ora che la Grimaldi Corporation è fallita, tuo padre ci permetterà di divorziare.»

Mi sollevai di scatto.

Stava sorridendo. Trovava quello che aveva detto molto divertente.

Ma io non stavo ridendo per nulla.

«Ahia!» si lamentò, massaggiandosi il punto sulla spalla dove lo avevo colpito.

«Non osare dire una cosa del genere neanche per scherzo, Marzio Grimaldi! Ormai sei mio, chiaro? Se pensavi di scappare via da me, dovevi pensarci prima di sposarmi!»

«Ma non potevo scappare via!» esclamò con lo stesso sorriso di poco prima. «Non avevo altra scelta che sposarmi con te!»

Lo colpii di nuovo, stavolta mettendoci più forza di prima.

«Ahia!» esclamò, massaggiandosi l'altra spalla. «E va bene, va bene! Non dico più nulla!» disse alla fine, lasciandomi un bacio veloce sulle labbra e scendendo dal letto.

Se si era alzato, c'era una sola spiegazione e io proprio non avevo voglia di muovermi da quel materasso.

«Daphne» mi rimproverò lui, vedendo che mi ero girata dall'altro lato. «Faremo tardi.»

«Dovevi proprio prenotare al ristorante alle otto e mezza?» gli chiesi. «Non potevamo andare dopo?»

«No» rispose Marzio con pazienza. «Se fossimo andati così tardi, tu avresti iniziato a lamentarti per la fame.»

Misi il broncio sentendo quelle accuse. Sapevo perfettamente che aveva ragione e lo sapeva anche lui.

«Forza» mi esortò, incrociando le braccia al petto. «Dobbiamo anche lavarci.»

Chiusi gli occhi facendo finta di dormire e di non sentire la sua voce, ma lui rimediò subito al mio tentativo di ignorarlo. Mise una mano sotto la mia schiena e l'altra sotto le mie ginocchia e mi sollevò dal letto prima che me ne rendessi conto.

«Fermo!» gridai ridendo. «Marzio, mettimi giù» lo implorai mentre mi portava in bagno.

«Niente affatto» rispose con un sorriso. «Adesso facciamo una doccia e usciamo prima che tu ci faccia arrivare in ritardo.»

Sorrisi a quelle parole e mi lasciai portare in bagno senza più protestare.

***

Il ristorante in cui ci trovavamo era molto carino. Si trovava in montagna, un po' fuori città, e la vista sulla vallata era meravigliosa. Il nostro tavolo si trovava proprio vicino alla finestra e potevo vedere le luci della città da lì. Erano talmente piccole che mi sembrava quasi di osservarle da un aereo che stava decollando e l'atmosfera in quel posto era accogliente.

«È bellissimo» commentai, distogliendo lo sguardo dal panorama.

Marzio non lo stava calcolando di striscio: i suoi occhi erano ancorati a me e mi osservavano seri.

Decisi di anticiparlo prima che potesse dire qualcosa di scontato e imbarazzante.

«Non mi dirai mica che io sono più bella?» lo presi in giro.

Rise di gusto dopo ciò che avevo detto, ma non mi contraddisse. Stava decisamente per dire qualcosa del genere e io avevo deciso di fare la guastafeste.

Rimase pensieroso per la maggior parte del tempo o forse era meglio dire che improvvisamente sembrava iniziare a pensare a qualcosa di punto in bianco. Non ero sicura che fosse qualche preoccupazione: non mi sembrava turbato.

Tuttavia, c'era qualcosa che mi stava nascondendo.

Quando arrivammo al dolce e lui ebbe il suo ennesimo calo dell'attenzione, decisi di fargli notare il suo strano comportamento.

«Cosa succede stasera?» chiesi.

«Mh?» disse Marzio, preso di sorpresa.

«Sei strano» gli spiegai. «Sei silenzioso, ti perdi nei tuoi pensieri quando parlo... Che succede?»

«Ma nulla!» disse, con il tono di chi stava nascondendo qualcosa.

Misi da parte il mio muffin e, con tono perentorio, dissi soltanto: «Marzio Grimaldi, dimmi cosa sta succedendo!»

Marzio sospirò sconfitto e si appoggiò allo schienale della sedia. «Certo che non ti si può nascondere niente!» esclamò, passandosi una mano tra i capelli.

«Allora?»

«Non sapevo come parlartene» disse solo. «È da un po' che ci penso e forse dovremmo sistemare un attimo la nostra relazione.»

Le sue parole mi lasciarono pietrificata sulla sedia. Sistemare la nostra relazione? Di cosa stava parlando? Eravamo sposati. Non c'era nulla da sistemare.

A meno che...

A meno che la conversazione di quel pomeriggio non fosse uno scherzo come avevo creduto. Forse aveva voluto lanciarmi dei segnali quando aveva parlato di divorzio e aveva detto di essere stato costretto a sposarmi. Forse era questo che intendeva.

Forse ci trovavamo in quel bel ristorante, accanto ad una vista mozzafiato, perché stava cercando le parole giuste e l'occasione giusta per lasciarmi. Sentii un dolore al petto al solo pensiero.

«Mi stai lasciando?» gli chiesi, formulando ad alta voce i miei pensieri. Era dura dire una cosa simile a voce alta.

«Cosa?» chiese Marzio, completamente sorpreso dalle mie parole. «No! Assolutamente no!»

Tirai un sospiro di sollievo e ripresi a respirare regolarmente. Non mi ero neanche resa conto di aver trattenuto il fiato.

«Scusa» disse, notando che ero entrata in stato di agitazione a causa delle sue parole ambigue. «Non volevo che fraintendessi.»

Si alzò dalla sedia e si avvicinò a me.

Credevo che si stesse chinando su di me per darmi un bacio e rassicurarmi, ma non avevo capito nulla.

Non si stava chinando. Si stava inginocchiando.

Lo osservai sorpresa e rimasi ancor più basita quando tirò fuori dalla tasca della giacca un astuccio. Al suo interno, ovviamente, c'era un anello di fidanzamento.

Miele nei tuoi occhiTahanan ng mga kuwento. Tumuklas ngayon