Capitolo 46

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Ero riuscita a prendere sonno! Potevo dire di aver dormito nove ore abbondanti quella notte! Eppure, mi sentivo parecchio stanca.

Quella mattina mi ero svegliata come se non fossi riuscita a chiudere occhio tutta la notte e lavorare in quel momento mi costava una grande fatica.

La mia mente continuava a ricordarmi che la sera precedente Elvira era stata nell'appartamento di Marzio e ciò mi distraeva ancor di più. Immaginare che quei due avevano cenato insieme dove di solito ero io a cenare con lui, mi faceva sentire come se fossi sdraiata sui binari ad aspettare che un treno mi passasse di sopra.

Né avevo alcuna intenzione di andare a chiedere spiegazioni. Non che non volessi farlo, ma sapevo già da me che non c'era nulla da spiegare. Ero solo gelosa. Follemente gelosa.

Solo la voce pacata di Mattia mi distolse dai miei cupi pensieri. Era sulla porta e la sua faccia non mi sembrava portare buone notizie.

«Cosa succede?» gli chiesi con circospezione. Ormai, non perdevo neanche tempo a sperare che succedesse qualcosa di bello.

Mattia non fece in tempo a rispondere che fu scansato da un uomo che aveva superato la mezza età da un bel po', ma l'espressione corrucciata che aveva in volto lo faceva sembrare molto più grande.

Lanciai uno sguardo a Mattia, facendogli capire che avevo la situazione sotto controllo.

«Posso aiutarla in qualche modo, signor Riviero?» chiesi, già stanca all'idea di affrontare una conversazione con lui. «Forse la sua sposa ha qualche problema con l'abito» ipotizzai.

Avevo saputo da Mattia che l'abito di Giselle era stato consegnato qualche giorno prima e sarebbe stato davvero divertente sapere che c'era stato qualche inconveniente a pochi giorni dal matrimonio.

«Non sono qui per lavoro, Daphne» rispose però lui con mia grande sorpresa.

«Posso aiutarti in qualche modo, papà?» mi corressi allora, usando un tono che sapevo lo avrebbe irritato.

«Forse così ti passa la voglia di scherzare» disse semplicemente. Gettò sulla mia scrivania cinque riviste diverse che riportavano in copertina le stesse foto scattate da angolazioni diverse.

Osservai quei giornali incapace di esprimere un pensiero coerente. Né ero in grado di articolare qualcosa di più complesso come una frase di senso compiuto.

«Deduco dalla tua faccia che tu non ne sapessi nulla» commentò lui, sedendosi sulla sedia di fronte a me.

Tornai ad osservare quelle foto. Il volto di Marzio in prima pagina non era stato oscurato, a differenza di quello della ragazza che gli stava accanto e che stava, in un'altra foto, rientrando con lui a casa.

Tuttavia, solo il viso era irriconoscibile. Il rosso di quei capelli, invece, si distingueva facilmente e non mi fu difficile capire che si trattava proprio di Elvira.

Quella foto era stata scattata la sera prima. Ne ero certa non solo perché Elvira indossava gli stessi vestiti, ma anche perché così si spiegava come mai non ci fosse neanche un paparazzo appostato sotto casa di Marzio quando io ero arrivata: avevano già ottenuto ciò che volevano. O almeno lo credevano.

«Posso avere una spiegazione?» mi chiese mio padre. «Mi sembra che ultimamente siano avvenute un paio di cosette.»

«È solo un malinteso» dissi, richiamando alla mente anche l'episodio del bacio con Dylan.

«È stato fatto un accordo» precisò lui con l'aria di chi non ammetteva repliche. «Ti consiglio di chiarire con Marzio Grimaldi il prima possibile o altrimenti...» Si bloccò, prima di completare la frase.

Miele nei tuoi occhiWo Geschichten leben. Entdecke jetzt