Capitolo 51

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Era un po' strano rientrare in azienda con la consapevolezza di essere la signora Grimaldi. Ed ero certa che Marzio doveva pensarla allo stesso modo.

Eravamo tornati dritti dritti al lavoro dopo essere stati in municipio e sembrava che nulla fosse cambiato quando in realtà era esattamente l'opposto.

Fu la presenza di mio padre, davanti all'ufficio di Marzio, a porci nuovamente di fronte alla realtà dei fatti.

«Signor Riviero» lo salutò Marzio. «Mi scuso per il ritardo, ma abbiamo trovato traffico» disse, invitandolo ad entrare.

Io non proferii parola e mi limitai a seguirli nell'ufficio di Marzio.

«È andato tutto bene?» chiese.

«Sua figlia è ufficialmente mia moglie» rispose Marzio, lanciandomi uno sguardo. «Adesso può stare tranquillo.»

Senza che Marzio gli avesse detto nulla, mio padre si accomodò sulla sedia e tirò un sospiro di sollievo.

«Per un momento, ho pensato che ti fossi tirato indietro dall'impegno preso» disse. Aveva iniziato a dargli del "tu" senza neanche chiedergli il permesso, come se il fatto che ora fosse suo genero lo avesse automaticamente autorizzato ad usare un tono più informale con lui.

«Non ne ho avuto mai la minima intenzione» replicò Marzio con grande cordialità.

«Mi sembra naturale» rispose mio padre. «Se tu non avessi sposato Daphne, io avrei lasciato sprofondare la tua azienda tra i debiti.» Il tono arrogante che aveva utilizzato non mi piaceva per nulla e non ci voleva un genio per capire che neanche Marzio lo aveva apprezzato.

«Come stanno andando i preparativi per il tuo matrimonio?» mi intromisi. Non mi andava di vedere la pazienza di Marzio essere messa alla prova dalla maleducazione di mio padre.

«È vero» disse Marzio, dandomi manforte. «Ormai manca poco.»

«Procedono egregiamente» rispose lui. «Finalmente, anche questa attesa sta per finire.»

«La cosa che importa davvero è che non finisca anche questo nuovo matrimonio» replicai con un sorriso di sfida. Sentii Marzio accanto a me mascherare un attacco di risata con un colpo di tosse.

Il nostro divertimento, tuttavia, terminò abbastanza in fretta. Mio padre sembrava intenzionato a non lasciarsi deridere da noi, perché, con un tono che non preannunciava nulla di buono, chiese: «Come stanno andando quelle trattative con le aziende francesi?»

Marzio assunse un'espressione stupita. «Sta andando tutto bene» disse poi. «Se tutto procede come deve, dovremmo concludere l'affare entro la fine del mese.»

«Quello che dirò non ti piacerà allora» commentò mio padre con tono severo. «Giselle intende appoggiarsi ad un'azienda di una sua amica che ha aperto da poco qui in Italia.»

Marzio rimase stupito dopo quella affermazione. «Non capisco» disse poi.

«Voglio che chiudi il tuo progetto e avvii le trattative con le aziende che vuole Giselle. Da oggi, sarà lei a prendere le decisioni principali che riguardano l'azienda, dopotutto.»

Vidi l'espressione di Marzio indurirsi visibilmente. Mio padre gli stava chiedendo di accantonare un progetto che era quasi concluso: ne sarebbe andata di mezzo l'immagine dell'azienda.

«Con tutto il rispetto» disse Marzio, «ma la sua compagna non ha molta esperienza in questo settore e lei mi viene a chiedere di avviare una collaborazione con aziende di cui non sappiamo assolutamente nulla solo perché appartengono ad un'amica?»

«Ti ricordo il nostro accordo» rispose impassibile mio padre. «Io salvo la tua azienda, ma Giselle avrà il potere decisionale.»

«Non abbiamo alcuna garanzia che questo affare avrà successo» insistette Marzio. «Le aziende francesi con cui inizieremo a collaborare hanno una reputazione ben consolidata e la Grimaldi Corporation in questo momento non può permettersi incertezze economiche o neanche i suoi finanziamenti ci tireranno fuori dalla banca rotta!»

Non avevo mai visto Marzio così esasperato e arrabbiato al tempo stesso. Aveva perfettamente ragione, non c'era alcun dubbio a riguardo.

«Credevo di essere stato chiaro» rispose tranquillo mio padre. «Tu sposi mia figlia, io ti do in cambio i soldi per salvare la tua azienda e Giselle decide cosa fare.»

«Non permetterò alla sua compagna di rovinare l'azienda di mio padre» replicò Marzio.

«Allora, guardala fallire prima che io possa investire i miei soldi per salvarla» ribatté. Osservammo mio padre uscire da quell'ufficio in silenzio.

La discussione che c'era stata tra quelle quattro mura era stata surreale e non mi stupiva che Marzio avesse assunto quell'espressione stanca.

«Scusa» dissi soltanto. Non c'era molto che potevo fare per rimediare all'atteggiamento che mio padre aveva avuto, ma volevo cancellare quell'espressione corrucciata dal suo volto.

«Non è colpa tua se è tuo padre» rispose lui più dispiaciuto di me. «E ora che ci siamo sposati, dovrò fare uno sforzo per sopportarlo come mio suocero.»

Lo osservai con un misto di dispiacere e stupore dopo quelle parole, ma notai come la sua mascella si fosse irrigidita di colpo.

Lo sguardo di Marzio era fermo sulla porta e mi voltai per capire come mai si fosse come congelato.

Elvira ci osservava a bocca aperta da lì. Mio padre aveva lasciato la porta spalancata quando era uscito e noi non ce n'eravamo neanche resi conto.

Non ebbi il tempo di soffermarmi sul fatto che non mi andava proprio di vederla il giorno del mio matrimonio, ma la mia attenzione fu distolta dalle sue parole.

«Vi siete sposati?» chiese sorpresa. Aveva sentito ciò che io e Marzio ci eravamo detti, ma almeno avevo l'occasione per mettere le cose in chiaro.

«Puoi chiamarmi signora Grimaldi» risposi con un sorriso soddisfatto. Notai Marzio scuotere la testa esasperato, ma era evidente che stava tentando di nascondere un sorriso.

Elvira sembrava essere senza parole. Non sapevo se ciò era dovuto al fatto che, effettivamente, quel matrimonio era stato fatto quasi in segreto o piuttosto se la ragione fosse che i suoi piani erano andati in frantumi. Poteva ancora provare a mettersi tra di noi naturalmente, ma ormai eravamo comunque sposati. Non sarebbe stato più così semplice.

«Sei tremenda, signora Grimaldi» commentò Marzio, quando Elvira ci lasciò soli.

«Almeno adesso ci penserà due volte prima di giocarci brutti scherzi» ribattei soddisfatta. Mi era piaciuto molto come suonava quel nome detto dalle sue labbra e sembrava che anche lui la pensasse allo stesso modo: avevamo lo stesso identico sorriso stampato sul volto.

«Scusate» disse Nadia. Mi voltai verso la mia amica che si era materializzata dal nulla sulla porta. Si trovava con Mattia nel punto in cui c'era stata Elvira fino a pochi secondi prima ed entrambi avevano un'espressione perplessa in volto.

«Che succede?» chiese Marzio preoccupato, notando come me che non erano sorridenti come al solito.

«Daphne» disse Nadia. «Mi ha chiamato Stefania. Non riesce a mettersi in contatto con te e credo sia successo qualcosa di grave. Vuole che la richiami appena possibile.»

Non avevo bisogno di richiamare Stefania per sapere cosa era successo, ma Nadia non sapeva nulla della situazione di mia madre, perciò era comprensibile che fosse rimasta sorpresa e preoccupata dal fatto che Stefania l'avesse chiamata urgentemente.

Da quando avevo trovato la forza per affrontare la realtà, avevo deciso che sarebbe stato Marzio il primo a cui avrei parlato di lei. Era quello il motivo per cui neanche alla mia amica avevo ancora detto nulla.

Adesso, però, sembrava che fosse arrivato il momento per fare ciò che avevo rimandato troppo a lungo.

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now