Capitolo 52

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Marzio mi stava accompagnando alla clinica ed anche Nadia e Mattia avevano voluto venire con noi.

Avevo spiegato molto velocemente e per sommi capi cosa stava succedendo e tutti e tre avevano assunto un'espressione sorpresa quando avevo detto loro che mia madre si trovava in una clinica e doveva aver avuto una brutta crisi se Stefania mi aveva contatto.

Era lei il contatto che il centro aveva per le emergenze e Stefania mi contattava solo quando le crisi erano talmente forti da richiedere la mia presenza. Cosa che ultimamente era successa fin troppo spesso.

Corremmo tutti e quattro nell'edificio e su per le scale, una volta arrivati. Era rassicurante sapere di non essere sola in quel momento, soprattutto perché avevo capito sin da subito che quella crisi che mia madre aveva avuto non era per niente da sottovalutare.

«È in prognosi riservata» mi spiegò la dottoressa. «È scappata dalla stanza mentre un infermiere le portava il pranzo ed è caduta dalle scale.»

Sentii la mano di Marzio stringersi intorno alla mia. Era strano pensare che adesso non dovevo più solo immaginarlo al mio fianco lì dentro. Adesso era davvero lì. E, forse, fu questo a darmi la forza per chiedere: «Crede davvero che sia caduta? Non ha provato a gettarsi di proposito?»

Le mie parole stupirono anche i miei amici: le avevo pronunciate con una calma innaturale ed era strano per me essere così tranquilla in quella situazione.

«Non lo so» rispose la dottoressa, confermando i miei dubbi.

Non era la prima volta che mia madre aveva tentato gesti estremi e questo era capitato soprattutto nel periodo in cui aveva saputo della relazione extra-coniugale di mio padre.

Mi gettai su una sedia e Marzio si sedette al mio fianco. Non aveva detto nulla da quando gli avevo rivelato che mia madre era lì dentro. Aveva solo detto che sarebbe venuto con me. Senza chiedere spiegazioni.

«Non volevo che venissi a sapere di lei così» gli dissi. «Volevo presentartela come si deve.»

Marzio spostò una ciocca di capelli dietro il mio orecchio e i suoi occhi dicevano chiaramente che non dovevo preoccuparmi.

«Non devi più portare questo peso da sola» disse soltanto. «Da oggi, "ogni tua gioia è una mia gioia e ogni tua sofferenza è una mia sofferenza, ricordi"?» disse, citando le promesse che ci eravamo scambiati poche ore prima.

«Non posso credere che ci troviamo qui il giorno del nostro matrimonio» commentai, accennando un sorriso.

«In effetti, non credevo che avremmo passato la nostra luna di miele in una clinica» disse con un sorriso.

Non era quella conversazione leggera a darmi un pizzico di serenità. Era lui. Il tono dolce della sua voce, il suo sguardo profondo e il fatto che fosse lì seduto accanto a me, mi permettevano di starmene lì seduta ad aspettare che ci fossero notizie sulle condizioni mediche di mia madre.

Nadia e Mattia si allontanarono da lì solo per tornare con la nostra cena. Sapevano che non avrei mangiato, ma provarono comunque a porgermi il panino che mi avevano portato.

Era notte fonda quando un'infermiera sorridente si presentò da noi. Mi scossi dal dormiveglia, sollevando la testa dalle ginocchia di Marzio, e compresi dal suo sorriso che ci stava portando buone notizie. Sembrava essere andato tutto bene, ma avremmo dovuto aspettare il giorno seguente per parlare con lei.

Abbracciai Marzio emozionata. Avevo davvero temuto che non avrei potuto farli conoscere, avevo temuto che avrei perso mia madre ora che ero tornata da lei. Cominciai a piangere, lasciando strada libera a tutte le lacrime che avevo trattenuto fino a quel momento.

Marzio sembrò leggere perfettamente i miei pensieri, perché mi strinse ancor di più e ripeté come un mantra "va tutto bene adesso".

Solo sapere che adesso andava tutto bene davvero, mi permise di prendere un po' di sonno.

***

Quando la mattina dopo mi risvegliai, scoprii che dormire su una sedia era più scomodo di quanto pensassi. I miei muscoli erano tutti intorpiditi e la spalla mi stava pregando di cambiare posizione.

«Buongiorno» disse la voce calda di Marzio. «Cappuccino e cornetto per mia moglie» aggiunse poi, mostrandomi un sacchetto da cui proveniva un odore davvero invitante.

C'eravamo solo noi due nel corridoio ed era strano pensare che avevamo passato la nostra prima notte da sposati a dormire sulle più scomode sedie che avessi mai visto in vita mia.

«Informati su quale azienda le produce» gli dissi, dando una pacca a quella trappola per il corpo, «così non le prendi per la Grimaldi Corporation.»

Marzio sorrise e mi lasciò un bacio sulla fronte. «Mattia e Nadia torneranno più tardi con Stefania» mi disse, mentre io mi abbuffavo con la mia colazione. «Lei... non può venire prima di questa sera probabilmente.»

Il tono esitante con cui l'aveva detto mi insospettii, ma non mi ci volle molto per capire il motivo.

«Fammi indovinare» dissi. «Mio padre ha bisogno di lei visto che il suo matrimonio con Giselle è domani e non le ha permesso di venire.»

Marzio non rispose, ma la sua bocca si increspò diventando una linea obliqua. Quella era una conferma più che sufficiente.

«Credo sia per questo che ultimamente mia madre ha avuto tutte queste crisi» dissi, esprimendo ad alta voce i miei sospetti. «Sa che tra poco lui sposerà la donna con cui l'ha tradita.»

«Daphne...» disse Marzio. Non sapeva che dire, ma a me non servivano parole di conforto.

«Marzio, mi dispiace così tanto. Avrei dovuto parlarti di lei subito» dissi, «avrei dovuto dirti quello che stava succedendo. È per lei che sono stata costretta a non andare contro il volere di mio padre, quando mi ha detto che dovevo sposarti. Lui mantiene il suo soggiorno qui dentro e paga le sue cure. Non potevo permettere che mia madre finisse in mezzo ad una strada.»

Non avevo neanche finito di dire tutte quelle cose, quando Marzio mi strinse a sé.

«E c'è un'altra cosa che devo dirti» gli dissi, nonostante mi avesse intimato di non dire più nulla. «Ero qui quando tuo padre si è sentito male. Non ero con Dylan. Non ho mai passato un singolo secondo del mio tempo con lui. Mi dispiace per non esserci stata quando tu-»

Stavolta, Marzio mi costrinse con la forza a non parlare più. Le sue labbra si posarono sulle mie con forza, bloccando le parole che vi uscivano.

«Non scusarti più» disse, dopo avermi lasciato senza fiato. «Sono io che devo scusarmi per non averti creduto.»

Passai un dito sulle sue labbra. Erano morbide e si schiusero per lasciare un bacio sul mio dito.

«Perché credevi che fossi con lui?» gli chiesi. Non aveva alcun senso che avesse pensato che mi trovassi con il mio ex. Non gliene avevo dato motivo. Era vero che c'era stato un bacio di mezzo, ma non mi sembrava che gli avessi dato ragione di credere che mi ero vista con il mio ex dopo quella spiacevole vicenda.

«Il signor Toronto deve avermi voluto giocare un brutto scherzo» rispose innervosito. Il suo sopracciglio ebbe un fremito quando pronunciò il suo nome.

«Vi siete visti?» gli chiesi sbalordita.

«Per quella faccenda delle aziende francesi» disse sospirando. «Certo che è proprio bravo a farmi partire i nervi» commentò tra sé e sé.

Nella mia mente, aggiunsi che non era solo a Marzio che riusciva a far saltare i nervi in quel modo. Sarebbe stato meglio per Dylan se non si fosse mai più presentato di fronte a me o non avrei potuto assicurare che sarei stata in grado di restare pienamente cosciente delle mie azioni.

Fu la dottoressa a interrompere la nostra discussione. Aveva due occhiaie più marcate del solito e mi chiesi quanto faticoso dovesse essere lavorare lì dentro.

«Se volete entrare, è sveglia» ci disse con un sorriso.

Marzio mi sorrise e disse: «È il momento di conoscere mia suocera finalmente.»

Miele nei tuoi occhiWhere stories live. Discover now