18;

7.4K 330 16
                                    

18;

-Hai, ehm.. Hai dormito bene?- provò ad avvicinarsi, ma si bloccò quando vide che il mio corpo si irrigidì. Il fiato mi si bloccò in gola, facevo estremamente fatica a respirare, come se fosse la sua presenza a soffocarmi lentamente.
-Si, grazie.-
-Non ho visto il tuo letto disfatto, dove hai dormito?- si accomodò al tavolo, mentre io mi rilassavo per quella distanza.
-Ho dormito con i ragazzi. Cioè, nella camera degli ospiti.- spiegai, mentre guardavo il suo abbigliamento. Portava dei pantaloncini grigi, in stile sportivo, mentre una maglietta verde acido gli copriva le spalle. Ecco perchè si doveva alzare presto.
-Sei andato a correre?- chiesi, smorzando quell'aria tesa.
-Si, adoro Parigi di prima mattina.- una cosa in comune. -Tu invece ti sei appena svegliata?- domandò, prendendo un mandarino dal cesto di frutta in vimini. Quella domanda sapeva tanto di 'so perfettamente che lo sei, ma voglio creare un dialogo, seppur forzato, ma lo voglio creare.'
-Si, i ragazzi dovranno scendere fra poco.- guardai a breve i miei piedi, per poi concentrarmi sulla stanza. -E' cambiata, devo dire in meglio.- osservai, mentre scorgevo un sorriso sul suo volto.
-Si, da quando ho conosciuto Catherine vi sono stati molti cambiamenti.- annuì, mentre mandava giù uno spicchio del frutto arancione.
-Tipo Lucie.- sputai secca.
-L'hai già conosciuta?- l'espressione era sorpresa.
-Si, mi ha aspettata in piedi, stanotte.-
-Quella bambina..- rise appena, scuotendo la testa. -Quando si mette in testa qualcosa nessuno più la ferma.-
-Un po' come te.- mi lasciai sfuggire un sorriso sincero.
-E come te. La testa calda l'hai ereditata da me, sai..-
-Non fare l'errore che hai commesso con me. Ti dico solo questo.- mi alzai, lasciando la cucina. Era tutto così strano. La conversazione con lui, la casa che non riusciva a far uscire le mie lacrime colme di sangue, dolore. Entrai nella stanza degli ospiti, mi cambiai in fretta e furia infilandomi un paio di jeans e una felpa azzurra, pesante. Quel giorno il termometro segnava un grado. Un misero grado per una ragazza abituata al clima caldo dell'australia era come un pungo allo stomaco. Mi buttai sul materasso, a poca distanza da Luke. Dormiva beato, i pugni chiusi, le labbra leggermente aperte. Non so per quanto tempo stetti ferma a guardarlo, ma potevo davvero perdermi in tutta quella bellezza. I suoi lineamenti rilassati, le labbra dischiuse, le ciglia che sfioravano appena la pelle. Non sapevo nemmeno il perchè, ma amavo le sue mani. Così grandi, così magre. Ho sempre avuto un debole per le mani altrui (maschili), ma le sue mi mandavano completamente in tilt. Troppo, troppo belle.
-Buongiorno.- una flebile voce mi fece risvegliare dalla mia fase di trance.
-Lucie.- mi alzai verso la piccola, portandola fuori dalla stanza. I ragazzi erano molto stanchi, svegliarli era l'ultima cosa che avrei voluto fare.
-Ma chi sono loro?- domandò, indicando la porta.
-Loro sono i miei amici.- le sorrisi, guardando quei due occhioni azzurri come il mare ghiacciato.
-Come si chiamano?- alla sua domanda aprii poco la porta.
-Vedi il ragazzo ricciolino? Ecco, lui è Ashton.- indicai il mio migliore amico, accucciandomi in parte a lei. -Il ragazzo dopo, quello mezzo scoperto, è Calum. Mentre quello in parte a lui è Michael. Invece il ragazzo biondo è.. Lui è Luke.- le spiegai, indicando ogni ragazzo
-Ha i capelli verdi.- la piccola rise, portandosi entrambe le mani davanti alla bocca mentre guardava vispa Mike.
-Oh, si, e non li hai visti quando erano rosa.- le strizzai l'occhio.
-Mi piace Luke.- decretò poi, facendomi quasi andare di traverso la mia stessa aria. 'Siamo in due, mia adorata Lucie.'
-Come mai?- domandai, mentre la piccola squadrava il biondo, ancora beatamente tra le braccia di morfeo.
-Ieri sera ho visto che ha gli occhi azzurri. E poi è bellissimo, diventerà il mio principe.- sorrise, mentre faceva una giravolta su se stessa. Non riuscii a non sorridere a quella scena, Lucie era a dir poco dolcissima. Anche se beh, Luke era un tasto dolente del mio cuore, ma poco importava.
-Vuoi fare colazione?- le chiesi, mentre lei sorrideva felice. Annuì, e dopo averla presa a spalle, ci dirigemmo in cucina. Era ancora vuota, mentre i raggi pallidi del sole penetravano dalla finestra. Mi mostrò dove vi erano le cose per la colazione, e optò per una tazza di cereali. Feci scaldare il latte, mentre lei canticchiava qualcosa in francese. Quella bimba sapeva davvero metterti allegria anche solo guardandola.
-Sai, papà mi ha parlato molto di te.- disse, dopo aver mandato giù la prima cucchiaiata di cereali. Dondolava le gambe corte, mentre muoveva la testa da una spalla all'altra.
-Davvero? E cosa ti ha detto?- poggiai la testa su una mano, mentre guardavo i lunghi capelli biondi lasciati sciolti.
-Tu sei stata la sua prima figlia, che gli mancavi molto e che non vedeva l'ora di vederti. Mi ha anche fatto dormire nella tua camera.- si portò subito le mani alla bocca. -Questo non dovevo dirtelo, scusa.- risi alla scena.
-Sono felice che il mio letto abbia avuto compagnia dopo tanti anni.- le sorrisi, contagiando di nuovo lei.
-Poi mi ha detto che avevi i capelli lunghi e color rosso, con due occhi verdi verdi, come i prati al sole.- spiegò, mangiando la sua colazione. -Ha detto che saremmo andate d'accordo, e che un giorno sarei venuta da te a Sydney. Mi piace il caldo, e mamma ha detto che là c'è.- si asciugò il latte dalla bocca, mentre io non facevo altro che sorridere.
-Ma sei ancora più bella di quello che diceva papà.- mi sorrise, lasciandomi sbalordita. Nemmeno il tempo di rispondere, che era già tra le mie braccia. Era una sensazione strana quella di avere un esserino così piccolo stretto a te. Era bellissimo, ma strano per me. Ricambiai l'abbraccio, quando una finta tosse fece voltare Lucie. E dagli occhi che brillavano, potei intuire di chi si trattasse.
-Disturbo?- Luke entrò in cucina. I capelli scompigliati e l'espressione assonnata in viso.
-No, tranquillo.- gli sorrisi, mentre Lucie si sedeva sulle mie gambe.
-Ciao!- esclamò la piccola, facendo sorridere il biondo.
-Bonjour!- esclamò, facendo una faccia buffa, tutta per Lucie.
-Mi piacciono i tuoi occhi.- la piccola si portò le mani alla bocca, mentre Luke si inginocchiava a lei. Era una scena così carina.
-Sono come i tuoi, sai?- restai a bocca aperta nel sentire parlare Luke in francese. Il suo dito toccò fugace il nasino di Lucie, che espanse, per quello che poteva, il suo sorriso. No, aspettate, time out. Luke parla in francese?
-Si!- esclamò felice, mentre io osservavo la scena, fin troppo intenerita.
-Lucie, che ne dici di andare da Catherine?- le proposi, sorridendole. La piccola annuì, prima di sorridere a Luke, e correre fuori dalla cucina. Mi alzai dal tavolo, portando la tazza nel lavandino sotto lo sguardo attento del biondo. Due braccia, infatti, mi cinsero da dietro, mentre le sue labbra lasciavano caldi baci lungo il mio collo.
-Buongiorno.- la sua voce roca arrivò dritta nelle mie orecchie, facendomi gemere mentalmente. Era troppo per me. Continuò la sua lunga andata per il mio collo, inumidendo ogni piccolo centimetro scoperto dai capelli, che aveva accuratamente spostato sulla spalla poco prima. Raccattai un po' di forza che le mie gambe avevano perso, e mi voltai, trovandomi a pochi centimetri dal suo viso. Se possibile, i suoi occhi di mattina erano ancora più chiari, le labbra più rosee. Creò un contatto tra le nostre fronti, mentre gli occhi non avevano intenzione di mollarsi per nulla al mondo. Ed eccomi di nuovo lì, in quella bolla azzurra che mi assorbiva completamente da tutte le paure, incertezze, delusioni. Eravamo solo io e i suoi occhi. I suoi occhi che sorridevano, senza bisogno della labbra. Quei pozzi infiniti, pieni di lui. Di Luke.
-Buongiorno.- sussurrai, sorridendo appena. Il suo sorriso si allargò, mentre le mie mani si appoggiavano al lavandino, cercando un appiglio per non cadere a terra, sciolta come cera calda. Perchè io, in quei momenti, ero un po' come lo stoppino di una candela, e lui la fiamma, il fuoco. Appena si avvicinava, io bruciavo. Bruciavo e mi scioglievo, trascinando con me tutto quello che avevo. Non appena la punta del suo naso sfiorò la mia, sentii davvero il pavimento cedermi da sotto i piedi. Ma i suoi occhi mi rendevano impossibile cadere. Fece combaciare le nostre labbra come una cosa unica, intrecciando la sua lingua alla mia. Muoveva in sincronia con me la testa, mentre i respiri affannati si mischiavano l'un l'altro, come una cosa unica.
-Oggi andiamo in un posto.- decretò, staccandosi dalle mie labbra, che lo chiamavano ancora a gran voce.

try hard[efp]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora