23. Il momento è arrivato

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Siamo sull'aereo di ritorno, che ci porterà di nuovo a Seoul.
La Settimana della Moda si concluderà ufficialmente domani sera, con la Cerimonia di Chiusura, ma per me è finita stasera; subito dopo aver indossato il mio ultimo completo e aver sfilato, mi sono cambiata e mi sono catapultata con gli altri all'aeroporto.
Dopo aver ricevuto quella telefonata da parte di Harry, non ho più pensato ad altro e ora più che mai, ho paura di quello che potrebbe essere successo. Ha detto che non è nulla di grave, ma non so se l'ha detto per tranquillizzarmi o perché, in effetti, è vero. Nonostante tutto però, so già che non mi piacerà, qualunque cosa sia accaduta.
Mancano pochi minuti all'atterraggio, perciò sono più che sveglia; siamo partiti verso mezzanotte, mezzanotte e mezza, quindi qui ormai è giorno.
Appena scendiamo dall'aereo, raccattiamo i nostri bagagli e tutte le nostre cose e usciamo dall'aeroporto, dove un furgone ci sta già aspettando, per portare tutti noi alla SM Enteirtanment.
Io lì, incontrerò Harry e altra gente che fa parte della mia agenzia, per discutere di ciò che sta succedendo, mentre i ragazzi, devono riprendere le prove, visto che hanno saltato una settimana di allenamenti (a causa mia).
Il viaggio durerà circa un'ora, quindi Tao, Chen e Lay, ritengono opportuno farsi un pisolino e cadono addormentati, non appena toccano il sedile.
La mia testa, è talmente piena di pensieri, che non mi accorgo nemmeno che siamo arrivati; Kai deve chiamare il mio nome una decina di volte, prima che lo senta e che scenda dalla macchina.
Dico all'autista di portare le valigie al mio indirizzo e di lasciarle al portinaio, le metterà lui al sicuro.
L'ultima volta che sono stata qui, ero venuta per il servizio fotografico, durante il quale ho indossato quel meraviglioso abito da sposa di Dior e ho posato con Chanyeol; li conoscevo a malapena da un giorno, a quel tempo, e ora mi sembra che siano trascorsi anni, mentre in realtà sono solo un paio di mesi.
Il mio manager, mi attende nell'atrio, subito dopo l'entrata e non appena mi vede, mi viene incontro e mi abbraccia forte, quasi volesse dirmi qualcosa (cosa che mi fa preoccupare, visto che non l'ha mai fatto).
È arrivato il momento di salutare i ragazzi: non so quando li vedrò di nuovo, anzi... non so nemmeno se li rivedrò ancora oggi, così dico loro di venire a casa mia, in caso non mi trovassero più qui quando loro finiscono.
Ci dividiamo a malincuore, mentre loro prendono una strada e io quella opposta.
Harry mi porta in una sala conferenze, dove mi trovo davanti alcuni suoi colleghi e alcuni miei superiori, quindi li saluto cordialmente e prendo posto vicino a Christian, che mi fa un sorrisino d'incoraggiamento.
Per la prima ora e mezza, discutiamo dell'andamento della mia esperienza lavorativa a Parigi, di cui sono molto soddisfatti: guardiamo le foto e i video in cui compaio io, dopodiché studiamo e leggiamo le varie recensioni, che i critici di moda hanno espresso sull'abito e sul mio modo di portarlo.
Non è stato detto nulla di negativo, per nessuno dei completi che ho portato e questo induce i presenti ad applaudire; nonostante ne sia contenta, non riesco proprio a sorridere e a mostrarmi felice: continuo a pensare a quello che potrebbero dirmi adesso.
La riunione diventa più seria e so che sta per succedere qualcosa: "Jenni, allora... sappiamo che Harry ti ha chiamato, durante il tuo soggiorno in Europa..." inizia a dirmi uno dei capi dell'agenzia, un certo Arthur Deslet, "Sì, signore. È così." rispondo e mi accorgo che sono tesa come una corda di violino, mentre pronuncio queste parole.
"Bene..." continua lui, "...c'è una cosa di cui dovremmo parlarti allora. So che quello che ti ha detto... o meglio, che non ti ha detto Mr Evergreen, deve averti fatta preoccupare molto" si ferma e io annuisco, senza guardarlo in viso.
"Vedi, il fatto è che abbiamo ricevuto una chiamata (mentre tu eri in Francia), dal Signor Francesco Materi... tuo padre, se non erro, anche se hai cambiato il cognome in Mathers. Ecco, tuo padre..." lo interrompo "Non lo chiami così. Per me non lo è, quindi non nomini quella parola" e mi accorgo di stringere i pugni dalla rabbia.
"...Ahem, d'accordo. Mr Materi, ci ha fatto l'offerta di comprare la nostra agenzia... e noi l'abbiamo accettata. Lui è il Presidente della ModelsRecInternational ora... e quindi il tuo (e il nostro) capo".
Non ci credo, non può essere!
Perché si è intromesso nella mia vita proprio adesso? Non è bastato ritrovarmelo sotto il naso a Parigi?! Ora deve anche rovinarmi la vita qui a Seul?!
"Cosa volete che ci faccia, huh?" mi esce dalla bocca, prima che possa trattenerlo, ma il mio tono è stranamente freddo e distaccato, quasi stessi volando sospesa sopra le loro teste. "Ecco, sappiamo che non hai buoni rapporti con lui e volevamo fare noi, una proposta a te" esclama ottimista un uomo accanto ad Arthur, ma non ho idea di chi sia, e sinceramente non mi interessa nemmeno, "Bene. Sto aspettando." ribatto, sempre con la stessa espressione.
"Possiamo cambiarti di agenzia, cosicché tu possa continuare a fare il lavoro che ami, senza avere problemi di nessun genere, legati a lui" mi dice Arthur e i miei occhi si illuminano per un attimo, ma si incupiscono subito, quando sento il resto della frase, "...però non potrai più vivere qui a Seoul. Dovrai trasferirti a Chicago."
"No" dico categorica, alzandomi e facendo cadere la sedia alle mie spalle, "Voi mi state chiedendo di lasciare la mia casa, il mio paese, il mio tutto, a causa di quel... di quella specie di individuo... ma sa che c'è? Mi rifiuto. Io ho iniziato con quest'agenzia e continuerò con essa, finché non mi sbatteranno fuori a calci, cosa che succederà molto presto, visto la situazione!" e così mi dirigo verso la porta ed esco, facendola sbattere.
Quando sono sul corridoio, sento il bisogno di muovermi, così inizio a scendere le scale, fino ad arrivare all'entrata, dopodiché mi fiondo fuori e continuo a correre, in direzione di casa, l'unico posto in cui voglio essere ora.
Non so quanto tempo ci metto, ma non sento nemmeno un po' di stanchezza quando arrivo al mio palazzo.
Quando entro Paul, il portiere, mi saluta cordialmente e mi dice che le valigie sono già nel mio appartamento, io rispondo tranquilla, senza mostrare agitazione o preoccupazione, ma non appena sono fuori dal suo raggio visivo, inizio a fare le scale di corsa, fino ad arrivare al dodicesimo piano, davanti alla mia porta.
Con le mani tremanti, tiro fuori le chiavi dalla tasca dei pantaloni e ne infilo una nella serratura; ci impiego qualche minuto perché non riesco a inserirla, a causa del tremolio.
Quando finalmente ci riesco, spalanco la porta, entro e me la chiudo alle spalle, come se fossi inseguita da qualcuno e devo seminarlo. Mi accascio a terra e inizio a piangere, oh, quanto piango. Urlo fino a perdere la voce e tempesto di pugni il pavimento, fino a che devo smettere a causa del dolore lancinante alle mani.
Mi trascino, un po' da in piedi e un po' da sdraiata, fino al centro del soggiorno, sul tappeto proprio di fronte al divano; se qualcuno entrasse dalla porta, dovrebbe per forza avanzare di qualche passo per vedermi.
Me ne sto lì rannicchiata in posizione fetale, per quelle che penso siano ore e non mi muovo di un millimetro. Le parole di Deslet, continuano a rimbalzare nella mia testa, non riesco a farle uscire "Lui è il Presidente della ModelsRecInternational ora... e quindi il tuo (e il nostro) capo".
Mi sembra di stare in un incubo, non voglio capacitarmene, non voglio crederci, ma devo.
La rabbia prende il sopravvento, facendomi alzare di scatto, in posizione seduta: "Non posso permetterlo, non voglio farlo, ma non voglio nemmeno andarmene dalla Corea, da Chanyeol e dagli altri..." penso ad alta voce, "Perché deve sempre rovinare tutto quello che riesco a costruire?!" urlo a nessuno, e afferro il vaso di vetro che c'è sul tavolino di fronte a me e lo lancio, rompendolo in mille pezzi. Faccio la stessa cosa con tutto quello che c'è nel mio raggio visivo: statuine di vetro, plastica e metallo, souvenirs di tutti i generi e cornici con le foto al loro interno.
Presa dall'ira, sferro un pugno al centro del tavolo (che è di cristallo), distruggendo anche questo, ma anche ferendomi: numerose schegge si conficcano nel mio braccio, facendolo iniziare a sanguinare copiosamente da ogni parte, ma non sento dolore.
Strano, ma vero, non sento niente.
Decido idi ignorare totalmente il tutto, "Cosa importa?" mi dico, ansimando per lo sforzo, "Non importa più di nulla..." e ritorno a rannicchiarmi come prima.
Io resterò alla ModelsrecInternational, qualunque cosa accada, ma cosa succederà? È evidente che mio padre mi odia (e il sentimento è più che reciproco, credetemi), ma vorrà davvero rendere la mia vita un inferno? Avevo appena trovato la felicità.
Non so se è a causa di questi pensieri complicati e senza risposta, della distruzione di massa che ho appena attuato, o per la situazione in generale, ma le mia palpebre iniziano a farsi pesanti, finché mi arrendo all'evidenza e lascio che si chiudano, portando l'oscurità.

Quella magica SeoulWhere stories live. Discover now