Capitolo 14 *

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Curt's POV

Ormai la festa andava avanti da ore.

Nello stesso momento in cui avevo tagliato il traguardo quella piccola folla aveva iniziato ad urlare impazzita.

Essere acclamato come un eroe era una sensazione che mi era sempre piaciuta. Delle volte mi sentivo così vuoto e stupido che ricevere i complimenti, le pacche sulle spalle e gli inviti ad ogni tipo di evento da parte di quegli sconosciuti sembrava essere tra le poche cose che riusciva ancora a farmi sentire vivo. Vincere, per me, era ormai come una sorta di porta verso quella felicità spasmodica che ricercavo in ogni dove, con disperazione. E continuare a non trovarla, mi rendeva vulnerabile, al punto da spingermi spesso ad accettare proposte di ogni genere, pur di continuare ad inseguire quel brivido che riusciva a farmi credere di non essere più il ragazzino inutile e insicuro che cercavo di nascondere dietro la maschera che tutti conoscevano.

L'inetto che era arrivato secondo, tra l'altro, aveva voluto scommettessimo le nostre auto, ed io avevo accettato di buon grado.

Avevo accettato per noia. Odiavo quel gradasso. Odiavo avesse provato a dimostrarmi che non ero capace in ciò che mi riusciva meglio. Io ero sicuro di vincere.

Per quanto adorassi le macchine, non me ne facevo niente. Ero strapieno di soldi, di auto di ogni tipo, le mie case sembravano dei musei colmi di opere d'arte e ovunque andassi, incontravo qualcuno che mi adulava e mi moriva dietro. Uomini e donne in egual misura.

Eppure ero infelice.

Lo ero sempre stato, se non in fugaci momenti che sapevo non sarebbero tornati mai più.

Ad ogni modo, vincere aveva sortito il suo effetto.

Mi sentivo carico. Avevo voglia di divertirmi, di bere, di festeggiare quell'insignificante ennesimo traguardo.

Correre mi piaceva.

Non riuscivo a smettere, era una droga per me.

E poi adoravo provocare mio padre.

Avrei continuato a farlo fino a che o io o lui avremmo smesso di respirare.

Il vecchio sapeva sicuramente dove mi trovavo e pure che avevo vinto di nuovo.

Ero la sua ossessione. L'unico neo nella sua vita perfetta e lui mi odiava per questo. Aveva provato a piegarmi in ogni modo, ma gli avevo giurato che non gliel'avrei mai e poi mai permesso, perché il motivo per cui continuavo a vivere era per punirlo.

Per fargliela pagare per ciò che aveva fatto a mia madre, che era morta nel tentativo di salvarmi da quella vita di cui non sarei mai stato padrone.

Mia madre voleva rendermi diverso da lui.

Lei mi voleva felice e libero.

Era la donna più bella e sorridente del mondo.

Avevo cinque anni, quando mi dissero che non c'era più.

Nonostante il suo sacrificio, però, io non ero poi troppo diverso da mio padre.

Forse l'avevo delusa.

"Ti ho deluso, mamma?" mi chiesi.

Anche io avevo le mani sporche di sangue e troppe cose di cui pentirmi.

Anche io distruggevo tutto quello che avevo intorno, proprio come mio padre.

Ma non mi importava.

Era un prezzo che ero disposto a pagare, pur di vendicarla.

Coincidenze - COMPLETA (IN REVISIONE)Where stories live. Discover now