2 ~ Nulla è come sembra ~ ✔

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Mio padre diceva sempre che, le persone su cui possiamo fare affidamento nella vita, si contano sulle dita di una mano. L'uomo, in realtà, è un animale solitario e quando sceglie il suo branco, lo fa per sentire meno dolore.

La solitudine è dolore.

A me di quelle dita ne bastavano tre, e la scelta di quelle persone era avvenuta in un modo così naturale e spontaneo da creare un'unione profonda. Anime che si fondono, anime che si conoscono in un modo così intimo e fraterno da creare un legame indissolubile. Mio padre è una di queste. La biologia non ci lega ma questo non ha fatto che rafforzare quello che siamo. Nelle mie vene non scorre il suo sangue e, nelle sue, non scorre il mio. Ciò non ha impedito che io lo scegliessi come migliore amico, e che lui scegliesse me.

Appena varcai la soglia di casa vidi mio padre seduto davanti al camino con un libro in mano. Nel momento in cui si accorse della mia presenza, sfoggiò il solito sorriso dolce. «Principessa! Ben tornata!».

Sorrisi a mia volta, nonostante il terremoto interiore della sera appena trascorsa.

«Vieni, ti ho preparato la minestra!», si alzò di fretta dalla poltrona e mise il piatto nel microonde. In silenzio presi posto a tavola, gli bastò uno sguardo fugace per capire che qualcosa non andava.

«Hai litigato con mamma?», mi chiese mentre si sedeva accanto a me sistemandosi il papillon arancione che spiccava sulla tonalità porpora della camicia.

«No», risposi mentre con il cucchiaio iniziai a mangiare ciò che mi aveva preparato.

Mio padre era uno scrittore eccentrico ma, di sicuro, non era uno chef.

Sentivo i suoi occhi indagatori su di me, il silenzio era rotto solamente dal ticchettio del pendolo proveniente dalla sala da pranzo, finché non fui io a parlare: «lei dov'è?».

«È andata a letto. Era molto stanca».

Se lei era stanca, io ero in coma profondo da due mesi con i dottori che mi davano per spacciata. Sospirai per evitare che i miei pensieri si trasformassero in parole taglienti. Non potevo ferire mio padre, in fondo si stava parlando della donna che amava.

«Senti, tua mamma mi ha detto cosa è successo», disse mentre i suoi occhi amorevoli mi studiavano per poter carpire cosa mi frullasse nella testa.

«Ok», risposi.

«Ok?», esclamò lui dubbioso.

«Non proprio», sospirai mentre mandavo giù quella minestra insipida e priva di qualunque attrattiva.

«Valeria lo fa per il tuo bene. Conosce il tuo talento, Giusy! E non vuole che tu lo sprechi».

«Sprecare?», gridai al limite dell'isteria, «come puoi dirmi questo? Proprio a me! Che ho sedici anni e passo l'intera giornata ad allenarmi. Potrei fare come fanno tutte le adolescenti, uscire con i ragazzi, divertirmi in discoteca e perfino ubriacarmi tutti i sabato sera!».

Mio padre era allibito, i suoi occhi guizzavano in direzioni diverse spaesati, le mani erano poste in avanti come a voler fermare le mie conclusioni affrettate. «Calmati, io stavo solo dicendo che...».

«La predica no, per favore! Tu mi conosci meglio di chiunque altro», dissi con i nervi a fior di pelle continuando ad infierire, «come diavolo hai fatto a sposare quel mostro?».

«Nulla è mai come sembra, soprattutto le persone», mi rispose con un tono tra la delusione e l'amarezza. Iniziò a sistemare la cucina e non mi guardò più negli occhi, però non sbatté, neanche una volta, gli utensili per marcare il suo disappunto, così come era solita fare mia madre. Andò a letto senza neanche darmi la buonanotte, non era mai successo.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Where stories live. Discover now