40 ~Aspettami lì dove tutto è iniziato~✔

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Alice si avvicinò a Samuele e, con un piccolo gesto, lo spostò verso l'angolo più lontano del corridoio in modo che potessero parlare senza farsi sentire da me e Sveva. In quel momento stavano rientrando anche tutti gli altri atleti, il greco aveva la bandiera bianca e blu stretta intorno al collo e non faceva che sghignazzare con il suo allenatore mimando qualcosa che non riuscii a capire, il cinese era serissimo nonostante avesse vinto la medaglia di bronzo che gli pendeva sul body rosso mentre, il brasiliano, era circondato da tre ragazze dalla pelle olivastra e lunghi capelli scuri che lo sovrastavano di almeno venti centimetri ciascuna, un quadretto che mi fece sorridere.

Subito dopo un flusso di altre persone e il loro chiacchiericcio mi resero impossibile ascoltare quello che Samuele e Alice si stavano dicendo, riuscivo solamente a scorgere lui con le braccia incrociate che annuiva debolmente mentre lei gesticolava in modo incontenibile.

Sveva era di fianco a me, aveva preso uno specchietto dalla borsa e si stava sistemando la treccia senza togliersi gli occhiali da sole poi, improvvisamente, cominciò a canticchiare con un tono di voce ironico: «io te l'avevo detto, io te l'avevo detto, io te l'avevo...».

«Taci», sbottai inviperita stringendo le mani a pugno.

«Non prendertela con me, io ti avevo avvertita».

«Non significa niente, se non fosse tornata...».

«Cosa?», mi domandò lei chiudendo lo specchietto con uno schiocco e volgendo il viso verso di me, restituendomi i miei occhi riflessi sul vetro delle lenti.

«Ora saremo insieme».

«Povera, piccola, illusa Giusy», iniziò lei sempre con quel tono di voce melodioso e irritante, «sono cinque anni che aspetta questo momento».

«Te lo ha detto lui?», le domandai titubante.

Respirai a fondo, non ero sicura di voler conoscere la risposta a quella domanda, non sapevo neanche se potermi fidare di lei.

Nella mia vita tendevo solitamente a credere agli altri, cercavo di aggrapparmi alle loro parole senza domandarmi mai se mi stessero mentendo, avevo sempre la speranza che, nonostante tutto, la sincerità alla fine avrebbe vinto.

«Forse sì, forse no», rispose lei sibillina.

«Puoi rispondermi?», chiesi con occhi imploranti per poi aggiungere con difficoltà, quelle due paroline magiche che speravo facessero smuovere l'indole astiosa di Sveva, «per favore».

Le sue labbra si incurvarono in un sorriso appagato.

Fu umiliante.

«Ma il punto non è questo», disse come se fosse la cosa più ovvia del mondo, «io c'ero quando loro stavano insieme e c'ero anche quando Alice se ne è andata. Ho vissuto ogni fase del suo dolore e ti assicuro che la ferita non si è mai rimarginata».

Abbassai lo sguardo fino a osservare le mie scarpe di tela bianche, desideravo dare un'occhiata fuggevole a Samuele e Alice ma non volevo fare la figura della bambina che si mette a spiare, loro erano adulti e, come tali, speravo risolvessero la cosa in modo sensato.

«E comunque anche ti sarai accorta di qualcosa», esclamò Sveva per rompere il silenzio.

«Che intendi?».

«Sei sempre stata in palestra con lui».

«Deve essermi sfuggito», risposi malinconica cercando nella mia mente qualche ricordo che potesse essermi utile.

Nulla. Per me Samuele era quasi un idolo in palestra, come se fosse il cantante della mia band preferita, non avevo mai pensato che potesse avere dei problemi come tutti gli altri.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Donde viven las historias. Descúbrelo ahora