32 ~Frammenti~✔

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Durante la colazione avevo notato dei piccoli dettagli nel comportamento di Samuele che mi avevano mostrato quanto fosse agitato per la gara imminente e che, chi non lo conosceva in profondità, non avrebbe potuto cogliere; cercava ripetutamente di sistemarsi un ricciolo biondo dietro l'orecchio ma che, non appena avvicinava la bocca per bere un sorso di latte, gli ricadeva sulla fronte. Inoltre, avevo visto il suo piede fare su e giù come se avesse delle molle sotto la suola della scarpa da ginnastica.

1 anno fa
Erano circa le otto di sera e le lezioni erano terminate, mia madre si era chiusa nel suo ufficio dicendomi che doveva fare delle telefonate e che, io, avrei dovuto aspettarla in palestra finché non avesse finito. Il potenziamento quel giorno era stato massacrante, mia madre non aveva risparmiato nessuno, alcuni giorni, in particolare, riversava le sue paturnie lavorative su noi povere ginnaste che, per guadagnarci il riposo, dovevamo ripetere come dei robot tutti gli esercizi che lei ci assegnava. Per questo motivo quella sera ero sfinita, i muscoli doloranti supplicavano riposo assoluto, quindi, mi sdraiai sul materassino morbido posizionato sotto le parallele e che serviva ad attutire le eventuali cadute, nascondendomi dietro al cavallo con maniglie. A un certo punto sentii dei passi e, attraverso le gambe in ferro del cavallo, scorsi Samuele e il suo allenatore Vittorio, in piedi vicino alle spalliere in legno appoggiate al muro.

«Samuele che diavolo ti prende?» domandò Vittorio in modo aspro, guardandosi velocemente attorno per assicurarsi che non ci fosse nessuno ad ascoltare.

«Non lo so», rispose lui amareggiato.

«Sto puntando molto su di te! Valeria non ti aveva neanche considerato per le Olimpiadi», proferì l'allenatore poggiandogli una mano sulla spalla, «voglio aiutarti ma se non riesci neanche a tenere le posizioni agli anelli, come faccio?».

Samuele aveva gli occhi fissi a terra, i ricci biondi gli si riversavano sulla fronte a cascata e, lui, non faceva che cercare di fermarseli dietro le orecchie.

«Aiutami ad aiutarti», continuò Vittorio cogliendo l'agitazione palpabile di Samuele.

Io avrei voluto alzarmi, andare lì da lui e sistemargli i capelli che tanto gli davano fastidio, avrei voluto fermare la sua gamba che, ansiosa, sobbalzava su è giù, avrei voluto abbracciarlo senza parlare.

Ma non potevo, lui sapeva chi ero, mi conosceva da sempre ma non gli avevo rivelato la parte più importante di me, i miei sentimenti.


Dopo la colazione uscimmo dall'hotel e ci dirigemmo nel parcheggio dove, il solito pullman azzurro, ci stava aspettando per scortarci alla palestra Olimpica di Rio. Io e Samuele fummo gli ultimi ad arrivare, non appena salimmo sul mezzo, gli occhi di tutti coloro che si erano già accomodati erano fissi su di noi. Questa volta, però, Samuele sembrò infischiarsene e mi condusse, mano nella mano, verso gli ultimi posti. Mia madre ci squadrò infastidita, non sapevo se mi avrebbe più rivolto parola dopo l'ultima litigata ma, in ogni caso, noi due non avevamo mai avuto una chiacchierata spensierata, quindi senza dubbio non ne avrei sentito la mancanza. Sveva era seduta vicino a Sergio, non appena ci notò gli buttò le braccia al collo esplodendo in una risata artefatta, lui, sorpreso quanto me e Samuele, alzò gli occhi al cielo ma si fece in ogni caso attorcigliare da quelle braccia magre.

Non avrei mai capito le sue reazioni e il suo esibizionismo, né cosa nascondeva dietro i suoi comportamenti da prima donna, gelosia o semplice egocentrismo?

Io e Sveva non avremmo mai avuto modo di condividere qualcosa, anche la ginnastica la vivevamo in modo diverso, lei si sentiva speciale e la usava per compiacersi e per farsi ammirare, io la usavo per esprimermi e per farmi conoscere.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora