5 ~Questioni di rispetto~ ✔

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Quando l'imbarazzo diventò impossibile da sopportare, ci accorgemmo di essere zuppi, ma non sembrava importarcene.

«Ti porto a casa», mi disse Samuele quando notò che avevo la pelle d'oca per il freddo.

«In realtà ho detto a mia madre che avrei dormito da Melissa», risposi di getto, immaginandomi già l'espressione che mamma avrebbe fatto vedendomi rientrare così. Non avrebbe capito e mi avrebbe additata subito come un'irresponsabile. Cosa che effettivamente ero stata, ma forse questo colpo di testa potrebbe essere annoverato tra le esperienze che una sedicenne prima o poi deve fare. A me, essere una normale sedicenne, non era mai stato concesso, da me si aspettavano tutti un ligio impegno senza eccezioni.

«Allora vieni da me. È un monolocale ma per una notte in due staremo bene».

La sua proposta mi colpì impreparata e capii subito di stare arrossendo.

Non poteva essere vero, per un istante pensai che stesse scherzando, che Samuele un po' ci giocasse sul mio essere acerba. Avevo sognato tante volte di ricevere un invito del genere, di vedere la sua stanza e, nei sogni più proibiti, di essere nuda di fronte a lui. Nonostante non fossi per niente preparata per tutto ciò, il mio cuore scoppiava di gioia. Tuttavia non potevo dimenticare che le circostanze lo avevano costretto a invitarmi, forse mosso da quel senso di protezione che non so per quale motivo nutriva verso di me.

«Sarà strano anche per me. Soprattutto perché ho lasciato un totale caos che mi vergogno, ma mi sembra l'unica soluzione plausibile per evitarti gli arresti domiciliari», precisò altrettanto imbarazzato.

«Lo so».

Senza più dire una parola ci dirigemmo verso la Mazda bianca parcheggiata in doppia fila, ci asciugammo come meglio potemmo e poi partimmo. Il viaggio fu silenzioso, ognuno era perso nei propri pensieri, probabilmente eravamo ancora scossi per tutto quello che era successo, per la canzone bisbigliatami all'orecchio.

Il monolocale di Samuele era esattamente come me lo aspettavo, trasudava accoglienza nonostante molte cose fossero fuori posto. L'unica stanza era composta da un angolo cucina in muratura, un tavolino tondo simile a quelli usati nei bar e un letto singolo che, ricoperto da cuscini, fungeva anche da divano.

«Benvenuta nel mio regno», disse Samuele per rompere il silenzio e poi puntualizzò: «piccolissimo regno, ma questo è ciò che posso permettermi con i soldi dello sponsor». Prima che potessi commentare, si accorse di una maglietta appallottolata sul letto e la nascose veloce nella cassettiera.

«È bellissimo invece e ti rappresenta molto», risposi mentre il mio sguardo si spostava dalle mensole piene zeppe di trofei ad alcuni attrezzi da palestra accatastati vicino al letto.

Samuele mi offrì da bere ma la tensione tra noi era palpabile.

Il vestito umido iniziava a prudermi la pelle e lui se ne accorse.

«Aspetta, ora ti do qualcosa di asciutto», esclamò per poi iniziare a frugare in un piccolo armadio vicino la porta del bagno. Prese una felpa grigia e dei pantaloncini che di solito utilizzava per allenarsi. Me li porse esitante.

«Mi dispiace non sono un gran che ma sei la prima ragazza che dorme qui e non sono attrezzato... cioè non intendo dire che dovrei avere dei cambi ma...», mi disse come se si stesse scusando. Peccato che risultò molto impacciato.

Mi piacque comunque il modo in cui sottolineò che ero la prima, mi sentii speciale e potei scacciare l'idea di Sveva in quella casa. «Sono perfetti», risposi.

Andai in bagno a cambiarmi. Lo specchio mi rivelò le condizioni in cui ero: orribili. I ricci si erano disfatti e la lacca, insieme alla pioggia, avevano reso i miei capelli crespi e arruffati, il mascara e la matita nera avevano lasciato delle ombre scure e irregolari. Il rossetto, neanche a dirlo, era sparito.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Where stories live. Discover now