46 ~La rosa~

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Furono un cigolio acuto, una soffiata di vento caldo e un lieve tepore sul viso a farmi svegliare quella mattina.

Le mie palpebre si alzarono lentamente, ogni secondo ne valeva tre, vedevo tutto appannato, come se avessi davanti un vetro opaco.

Prima di poter mettere a fuoco ciò che mi circondava, dovetti strizzare più volte gli occhi. Alla fine comparve una sagoma vicino la finestra aperta, con un lungo vestito svolazzante che si muoveva al tirar del vento.

Quando finalmente riuscii a acutizzare la mia vista, capii che quell'ombra apparteneva a mia madre, riconobbi i suoi occhi neri, i suoi capelli corvini striati di nastri d'argento raccolti nel solito severo chignon, riconoscevo ogni parte di lei eppure, c'era qualcosa di diverso.

Sembrava più vecchia, come se fossero passati dieci anni, le rughe sulla fronte e agli angoli della bocca erano più marcate del solito e, non appena mi sorrise, aumentarono ancor di più.

«Tesoro, finalmente», esclamò avvicinandosi con un piccolo balzo alla ringhiera in ferro del letto.

Tesoro? Dovevo aver battuto la testa in modo violento, se questo era il risultato.

«Tesoro? Come ti senti?», ripeté lei noncurante della mia espressione ebete.

«Io...», provai a dire ma riuscii a emettere solo un suono arrochito.

«Tieni bevi dell'acqua».

Mi passò un bicchiere che prese da uno spoglio comodino in legno, alzai il braccio con fatica accorgendomi di avere l'ago della flebo sottopelle.

A quel punto osservai il mio corpo, avevo una vestaglie bianca e larga, e sentivo di avere una fasciatura stretta sotto il seno, proprio lì dove provavo dolore.

Cercai di piegare in giù la testa per guardare meglio ma mia madre mi bloccò subito: «non devi fare movimenti bruschi, altrimenti la ferita potrebbe riaprirsi».

Aggrottai la fronte e poi bevvi tutto d'un fiato il contenuto del bicchiere.

Sentii un sapore aspro sulla lingua, mia madre aveva il vizio di correggere qualunque bevanda con alcune gocce di limone, era il suo marchio da salutista.

Provai di nuovo a schiarirmi la voce ma sentivo la gola secca come mai mi era capitato, mia madre se ne accorse: «aspetta qui, vado a chiedere una cosa all'infermiera».

Uscì con velocità dalla stanza, una piccola singola con le pareti bianche, una minuscola televisione posta in alto e una vecchia poltrona dall'aria consumata.

A quel punto potei osservarmi il corpo, tolsi il lenzuolo leggero che mi ricopriva interamente le gambe, non c'era niente di strano, solo qualche livido e una distesa di peli neri che mi erano ricresciuti troppo di fretta, imbarazzata mi ricoprii sperando che nessuno li notasse.

Mi toccai il fianco sinistro, c'era un enorme cerotto che mi ricopriva una parte abbondante di pelle, quando mi muovevo sentivo tirare e un dolore lancinante si propagava in tutto il corpo.

Mia madre tornò da me con una piccola bustina, simile a quelle che contengono la maionese e che ti lasciano ai fast food. Prese un cucchiaino e ne versò il contenuto denso prima di imboccarmi.

Il sapore stucchevole del miele mi colpì immediatamente le papille gustative, però fece il suo effetto, la mia gola sembrò calmarsi.

«Cosa mi è successo?», fu la prima cosa che riuscii a dire balbettando leggermente.

«Sei caduta al volteggio, durante la gara», rispose lei sedendosi al bordo del letto.

«E poi?».

A un passo dal sogno - Let's Make It -Donde viven las historias. Descúbrelo ahora