39 ~Il passato torna sempre a bussare~✔

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La memoria è come un ripostiglio pieno zeppo di oggetti vecchi e impolverati, ognuno ne ha uno che, giorno dopo giorno, si riempie di ciarpame o di cose importanti, ma che non ci servono più. Sono tutte lì, sopite in un lunghissimo letargo, che non aspettano altro se non l'opportunità di piombarci addosso come una doccia fredda.

Ciò che risveglia il mostro addormentato sono i dettagli, piccolezze immagazzinate tanto tempo fa, chiuse in un cassetto di cui abbiamo perso la chiave.

La vista di quella voglia al cappuccino fu per me come aprire il vaso di Pandora: in piedi nello stadio di Rio de Janeiro c'era Alice, la radice di tutti i miei mali.

Il mio cuore accelerò, ogni battito si armonizzò all'andatura di Alice.

Passo, battito, passo e ancora battito.

Poi la sua traiettoria virò, salì delle scale che inframmezzavano gli spalti e si posizionò tra un gruppo di tifosi cinesi, era sulla mia traiettoria ma in un settore diverso.

Potevo guardarla senza essere scoperta, lei di sicuro non mi avrebbe riconosciuta, l'ultima volta che mi aveva vista avevo undici anni, ero una bambina. Lei, invece, non sembrava cambiata più di tanto, aveva i soliti lunghi capelli ricci che arrivavano a sfiorarle il fondoschiena, una cascata di boccoli perfetti come se fossero appena stati sotto le mani di un parrucchiere esperto.

Notai che anche Sveva si girava spesso nella sua direzione rivolgendole occhiate fugaci ma, nascosta da quegli enormi occhiali modello Butterfly, nessuno avrebbe potuto riconoscerla, soprattutto una persona proveniente dal passato.

In quel momento la mia testa era inondata da un fiume in piena formato di domande che, di lì a poco, avrebbero sconfinato gli argini scardinando la diga che le aveva tenute a bada da sempre.

Perché era qui? Dove si era nascosta per tutti questi anni? Era all'estero, da quanto ne sapevo, possibile che il fato avesse voluto che, tra tutti gli innumerevoli paesi, lei avesse scelto proprio il Brasile? Ma, cosa più importante, cosa voleva adesso da Samuele?

Era tornata nel momento sbagliato, avevo una paura matta che Alice potesse distruggere tutto quello che io e Samuele stavamo costruendo, mattone dopo mattone, perchè, lei, aveva il potere di disintegrare tutto come una palla da demolizione.

Per fortuna, la voce metallica dello speaker brasiliano, calmò le acque in tempesta del mio cervello, focalizzando l'attenzione sulla persona che in quel momento aveva bisogno di tutto il sostegno possibile.

Samuele sembrava calmo e concentrato, aveva già indossato i paracalli e la parte superiore del body azzurra gli si era leggermente sporcata di magnesia io, invece, che non stavo gareggiando, ero un fascio di nervi.

In quel momento anche lui avrebbe potuto scrivere la storia della ginnastica italiana che, nell'attrezzo degli anelli, vedeva come unico dominatore, il grandissimo Juri Chechi.

Vicino a lui c'era il suo allenatore, gli aveva poggiato una mano sulla spalla e, presumibilmente, gli stava dando gli ultimi suggerimenti. Samuele a volte scrutava tra la folla ma i suoi occhi non avevano mai incontrato i miei, ero troppo distante, speravo solo che gli arrivasse almeno il sostegno della tifoseria italiana che aveva sempre il pregio di farsi riconoscere per il suo calore e il suo incitamento.

Il primo a salire agli anelli fu il cinese Liu Yang, uno degli avversari più temibili e candidato indiscusso al podio finale, la Cina aveva da sempre una tradizione invidiabile nel campo della ginnastica e lui, di sicuro, ne era la prova lampante. Si aggrappò con forza agli anelli, tenne ogni posizione i secondi necessari alzando sempre la testa davanti a sé e facendo oscillare solo lievemente gli anelli. Quando fu il momento dell'uscita con un salto con avvitamento, il cinese non calibrò bene la spinta e fu costretto ad atterrare a terra con un piccolo passetto.

A un passo dal sogno - Let's Make It -Onde histórias criam vida. Descubra agora