f i f t y - t w o

762 55 1
                                    

-Yoongi...-

Una volta scoperto, Jungkook ripeté quel nome piano, con il tono ridotto a un mediocre sospiro, come se si rendesse conto che da esso non potesse derivare nient'altro se non solo un qualcosa che per lui si sarebbe rivelato di certo spiacevole, ostile, problematico.

Ma d'altra parte, che poteva fare ora, anche essendo a conoscenza di ciò?

Cercare di scacciare alla cieca una massa invisibile ai suoi occhi, che provava un piacere inspiegabile nello stuzzicarlo sfruttando questo vantaggio che possedeva sulla sua persona e che non poteva controbattere in alcuna maniera?

Chiedere aiuto?
E a chi, se l'unico che avrebbe potuto prestargli soccorso si era allontanato da ormai un tempo che era diventato incalcolabile, intento a far chissà cosa, senza che il moro avesse la più pallida idea di quel che potesse trattarsi con esattezza?

Tentare di mostrare la forza, magari nascosta, che da qualche parte dentro di sé si celava, confidando nella buona sorte che tanto gli era ostile?

Un sospiro affranto, stanco, secco, sfiorò la carne tenera delle labbra del nostro interessato, ormai disorientato e confuso fino all'estremo che, non sapendo dove guardare data la presenza indefinita che sembrava esser tanto timida da non avere ancora il coraggio di mostrarsi a quella terribile creatura, si limitò a rivolgere lo sguardo al suolo, gettando le dita affusolate fra la soffice massa di capelli e domandò, apparentemente a nessuno se non al vuoto, il quale al momento era forse il solo a riuscire ad ascoltarlo come lui desiderava -Allora, perché sei qui, Yoongi?-

Un sogghigno pieno di malizia che -possiamo magari dire per fortuna, se è concesso- rimase ignaro, nascosto agli occhi della povera pecorella smarrita, colorando il volto pallido dell'essere dall'identità che si ostinava a rimanere sconosciuta, fatta eccezione per il suo nome, notizia che di certo non era sufficiente.

Non c'è da chiedersi il perché di tale gesto impulsivo; basta farsi un'idea, basta anche un minimo vaga, delle intenzioni, prevedibili con abbastanza facilità, di questa nuova, intrigante quanto misteriosa pedina in gioco, che aspettava da un po' di poter iniziare a far parte di una partita tanto emozionante e combattuta come quella che era stata tenuta fino ad ora dove, almeno per il momento, non si erano dimostrati né vincitori, né tantomeno vinti, sempre per ciò di cui noi siamo a conoscenza, tenendo conto di fonti talmente misere e scarseggianti, non affatto all'altezza di una vicenda di tal rango, da non lasciar troppo trascurata o, peggio che mai, addirittura presa sottogamba, valutata scioccamente da menti dalle vedute ridotte, orizzonti microbi, scettiche di natura.

Ci fu un attimo di breve quiete, di silenzio forzato, di una pace che tutto aveva dentro di sé tranne questo, che portò Jungkook a chiedersi se non fosse di nuovo stato lasciato abbandonato alla sua solita, monotona e demenziale solitudine, della quale in realtà non si era mai sbarazzato in modo definitivo perché, per quanto meravigliose e dolci le illusioni possano essere alla vista di chiunque, umano, demone o quel che egli sia, indipendentemente da un fattore simile, dalle speranze e l'ingenuità a cui riesce a chiedere conforto, nessuno può contare su qualcun altro per sempre e non è vero che basta circondarsi di presenze, di attenzioni, per star bene e sentirsi veramente in pace con la propria anima, protagonista principale della vicenda alla quale ci interessiamo, portatrice di simile scompiglio.

La sua impressione però fu ben presto smentita, dato che l'ennesima risata goffa, sconnessa, rude visto il contesto in questione, risuonò in quei quattro lati grigi circondati da mura, frutto dell'accavallarsi di finzioni su finzioni, che non sarebbero state né le prime né le ultime, ma solo una serie di tante, tante, tante altre che nel corso della storia si sarebbero susseguite con estremo rigore in maniera spietata, fredda, indifferente, perché a loro non importava nulla degli effetti che si lasciavano dietro, perché loro avevano da svolgere questo compito, come qualsiasi normale evento, bello o brutto che si trattasse, e il loro interesse non si rivolgeva ai sentimenti, alle sensazioni altrui.

Ma non era forse giusto così? Non sarebbe andato tutto meglio se ciascun essere avesse agitato con un atteggiamento all'apparenza sì, disumano, meschino, privo di tatto o pietà, però giusto, severo, infallibile?

-Un po' per lo stesso motivo per cui tu stai qui, perché non puoi andartene.-

Non importava quali e quante parole, frasi o altro sarebbero state dette da quella figura: qualsiasi argomento avrebbero trattato, esposto con quel tono di voce indefinibile, tetro, cupo, che non c'era modo non portasse a gelare il sangue in circolo, il moro non sarebbe mai stato capace di tener a freno quel famoso, noto istinto di paura a lui fin troppo conosciuto; quei brividi che lo avrebbero sempre e comunque invaso; quel cuore che non avrebbe mai imparato a placare quei suoi ritmi alterati dal terrore istantaneo provato, in apparenza implacabile, letale, in realtà solo uno dei tanti scherzi che il cervello si divertiva a fare a ragazzi deboli come lui.

Era come se si trattasse di una di quelle leggi fisiche impossibile da capire, inspiegabile, contorta e antipatica, che pare sembri fatta apposta per farti girare la testa a furia di cercare, provare e riprovare a decifrare, standoci sopra magari più del necessario, con cui però, che ti piaccia o meno, anche se non riesci a capirne la ragione o il senso, l'essenza fondamentale che si celi al di fuori delle sue teorie irrazionali -forse chissà, addirittura inesistenti- devi obbligatoriamente conviverci e soprattutto accettarla, restando in silenzio senza aver il diritto di pronunciare alcuna protesta o reclamo, rassegnandoti solo al semplice fatto che esista e che tu non possa far proprio nulla per sbarazzartene, perché la sua presenza contribuisce a dar un assetto all'esistenza che, pur se a tuo inesperto parere decisamente insignificante e inutile, risparmiabile, serve maggiormente di quel che ci si possa aspettare o si è in grado di comprendere, a non mandare ogni cosa in rovina, a equilibrare il circolo delle azioni, quello a cui nessuno quasi mai si cura di prestar attenzione, dando anche le peggiori banalità scontate.

-Che intendi?-

E probabilmente, proprio a causa di queste forze esterne che si intromettevano nella vita del giovane come preferivano, nel vago tentativo di non far precipitare ogni cosa, di tenere fino a quanto erano capaci la situazione in regola, in uno stato di tranquillità che non sarebbe durato in eterno, questo era incapace di interpretare a dovere ciò che ascoltava.

Gli altri però non sempre sarebbero stati disposti a spiegargli tutto, a suggerirgli la maniera migliore per comportarsi, per evitare di soffrire, anzi.

Senza che ovviamente potesse esser notato, Yoongi si avvicinò al piccolo e gli sfiorò un'ultima volta la tenera pelle, accarezzandogli le guance, quasi ipnotizzato da quel che mai avrebbe potuto più sentir suo o limitarsi a possedere.

Più si soffermava a guardarlo, più capiva Taehyung e le sue folli motivazioni, tutti quei pezzi di puzzle che aveva voluto metter insieme giorno dopo giorno, alcuni combiacianti, altri improvvisati, segno di un'attenzione scrupolosa e allo stesso tempo di una fretta eccessiva, in base ai tasselli; non poteva biasimarlo, se fosse stato al suo posto probabilmente avrebbe seguito quasi in modo identico i suoi stessi passi.

Magari non mancava poi molto.

Jungkook, dal canto suo sì, non poteva vedere la figura che gli stava ora vicino, ma ciò non significava che non potesse neanche sentirla e avvertirne il tocco.

Infatti, quando poggiò la mano su quell'esatto punto dove lo avvertiva giocherellare, nemmeno facendoci eccessivo caso, all'istante, come per magia, qualcosa iniziò improvvisamente a prender una forma omogenea, a colorarsi, a diventare essenza vera.

Rendendosi conto dell'enorme sbaglio che aveva fatto e delle conseguenze fatali che da esso si sarebbero potute generare, Yoongi si allontanò subito, sbarrando le palpebre e maledicendosi, imprecando in silenzio, sperando che il moro non lo avesse squadrato e che magari si fosse accorto della cosa quando oramai era troppo tardi.

Ma non era affatto andata come avrebbe desiderato lui: quegli occhi, quei capelli biondi, quell'incarnato chiaro non sarebbero mai potuti passare inosservati.

Così, non potendo ora far altro, prima di sparire del tutto, il nuovo arrivato sospirò e disse in maniera quasi impercettibile -Guardati da lui, non è quel che tu pensi davvero.-

Poi, senza lasciar altre spiegazioni, il rumore di una porta aprirsi e più nulla.

🌱

( ͡° ͜ʖ ͡°)

Monster; v k o o kDove le storie prendono vita. Scoprilo ora