19 ~ So chi sei

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Marta si era seduta nel suo tavolino appartato, lui non era ancora arrivato e pensava gli avesse fatto piacere trovarla seduta proprio lì, nello stesso tavolo dove l'aveva sorpreso a scrutarla il giorno prima.
Aveva scritto che sarebbe tornato il giorno dopo e quello dopo ancora, l'aveva preso in parola e si era ripresentata da Piero, senza disegni ma con un'irrefrenabile voglia di scoprire chi fosse quello sconosciuto che già la conosceva. Ma come avrebbe potuto mai dimenticarsi di quegli occhi così verdi e di quei capelli poi, aveva sognato di perderci le dita ad accarezzarli, proprio la notte prima.
Non c'era un orario nel bigliettino ma Marta aveva supposto di tornare più o meno alla stessa ora del giorno prima, forse si era sbagliata.
Piero le aveva portato la cioccolata calda, più fumante del solito e le aveva sorriso in modo così solidale, quasi sapesse che lo sconosciuto non si fosse presentato. Forse doveva chiederglielo ma più di qualche frase di circostanza con lui non aveva mai scambiato.
Si decise ad alzarsi, quella parte di sé che continuava a sbatterle in faccia che lei non era fatta per le relazioni, non per quelle amorose almeno, ebbe il sopravvento per l'ennesima volta.
- Lascia stare, offre la casa - Piero non voleva che pagasse il conto, Marta lo ringraziò sbadatamente e corse fuori. Poteva tornare a casa, terminare il ritratto che stava disegnando ma era troppo triste e il suo stato d'animo non avrebbe giovato al suo lavoro, la sua arte.

Si sentì strattonare verso un vicolo laterale, a poche centinaia di metri dopo il bar - Scusa il ritardo, avevo le prove e non mi sono accorto dell'ora - era lui!
Lo sconosciuto l'aveva presa per mano e la stava portando dietro di sé, verso un palazzo. Si fermò per prendere le chiavi e dopo aver aperto il portone le riprese la mano ma Marta era rigida e non voleva accompagnarlo - Io non ti conosco, dove mi stai portando? -
Lo sconosciuto si fermò e sorrise, Marta pensò che fosse la perfezione quel ragazzo, quei denti e quelle fossette sulle guance erano illegali.
- Ah già... io so chi sei, tu invece Marta sei un po' come dire... smemorata e non ti ricordi di me, sono Cristian - le accarezzò velocemente la guancia e le riprese la mano.
Questa volta Marta lo lasciò fare e dopo due rampe di scale arrivarono a quello che Marta pensò fosse l'appartamento di Cristian.
- Entra, non fare caso al disordine. Non ci sono praticamente mai - il monolocale era piccolo e c'erano vestiti ovunque, poster di gruppi musicali appesi e uno in particolare attirò l' attenzione di Marta.
- Sono io quello, sì. Canto in un gruppo e ci esibiamo un paio di volte al mese al Metz, lo conosci? -
- Ne ho sentito parlare, ci suonano gruppi rock... non è il mio genere -
Sorrise Cristian in modo malizioso e in pochi passi attirò Marta a sè con un braccio e quasi gli cadde addosso - E qual'è il tuo genere? - inizió ad accarezzarle i capelli.
Marta era a disagio, quella vicinanza era troppo per lei, lui era veramente troppo per lei. Si scostò e Cristian la mise a suo agio facendola sedere sul divano lì vicino mentre lui prese posto nella poltrona adiacente.
- I tuoi capelli erano più biondi quand'eri piccola ed erano anche più lunghi -
Marta era confusa - Ma mi conosci veramente allora -
- Certo! L'estate del 2001 io avevo 10 anni e tu ne avevi qualcuno in meno di me, eravamo in vacanza insieme, tuo papà e il mio erano amici- Il campeggio ad Alassio, al mare. Marta si ricordava bene di quella vacanza, litigó con i genitori per non andarci, era pieno di bambini che urlavano e lei non voleva far altro che disegnare, odiava l'acqua e la confusione.
- Non mi ricordo proprio di te, scusami -
- Non mi stupisce, ti si vedeva poco in giro e solo un paio di volte tua mamma ti obbligò a cenare con la mia famiglia, rimanendo imbronciata con lo sguardo chino per tutto il tempo - Marta lo guardò meglio e forse iniziava a ricordare.
- So chi sei, avevi gli occhiali e i capelli corti. Il figlio del Sig. Bonini. Non avrei mai potuto riconoscerti, sei così diverso adesso - avrebbe voluto dire che era diventato un figo pauroso.
- Tu sei bella, proprio come allora -
Il telefono interruppe quel momento nostalgico e quasi imbarazzante, era Fabrizio. Marta doveva andare all'atelier ma non ne aveva nessuna voglia, Cristian la ammagliava e non riusciva a guardarlo negli occhi, il suo sguardo era troppo penetrante, la guardava dentro e questo la spaventava e la elettrizzava allo stesso tempo.
Si alzò e si avviò alla porta - Vai già via? - Cristian le arrivò così vicino, un'altra volta.
- Sì... - non riusciva a sostenere quei maledetti occhi verdi, sarebbero stati la sua rovina.
- Domani sera suoniamo al Metz, ci sarai? - Marta lo guardò indecisa - Ti passo a prendere io - aggiunse Cristian.
- No, ci incontriamo lì - non sapeva come ma avrebbe trovato il coraggio, ci sarebbe andata, al diavolo la timidezza e il suo continuo senso di inadeguatezza.

Ora posso tornare a dormire, sono le 3 del pomeriggio e al pensiero della nottata appena trascorsa dovrei solo riposare ma sono ancora eccitato e fremo per quello che è stato e quello che ancora ci sarà tra Elvira e me.
Il capitolo si è lasciato scrivere da solo ma non voglio trasmetterlo a Roberta, non ancora. Lo farò solo quando la storia di Marta e Cristian conoscerà la parola fine.

Lucio è molto ispirato e vuole portare a termine la storia di Marta e Cristian 💑🙌🏻

Cercami nei papaveri (#2 Book)Where stories live. Discover now