🧬 37. Tutela dell'arte

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Quando freno davanti casa, il pianto di Fab è ancora così copioso che le mie nocche diventano bianche attorno al volante. Rimango immobile in questa posizione, ingoiando con stizza ogni istinto, finché lui non sospira e: "Olli, possiamo entrare?"

"Avresti dovuto farmi parlare con quel pezzo di merda."

"Piantala" ribatte. "Sappiamo entrambi che non avresti per niente parlato."

"No, certo che no! Che cazzo dovevo fare, offrirgli pure un drink?!" grido sbattendo la mano contro la carrozzeria e scoprendomi esageratamente nervoso. "Sei un buonista del cazzo, non avresti dovuto lasciarlo andare via impunito!"

"Domattina lo denuncio" ribatte.

"Domattina se n'è già andato in qualche buco di culo per costruirsi un alibi."

"No, so chi è, fidati; la polizia farà sicuramente un lavoro efficace nel trovarlo e dargli quello che si merita."

"Niente è più efficace di una sprangata sulle gengive e non si merita altro che un calcio combinato allo scroto. Cristo Santo, Fabio..." mi mordo l'indice per placare la rabbia e ancora non riesco a togliere il piede dalla frizione. Fab ci ha messo un'ora a convincermi di stare buono, ma adesso tutto quello che voglio è fare marcia indietro e andare a picchiare quel figlio di puttana.

"Olli..." la voce di Fab mi riscuote, la sua faccia sciolta mi pugnala. "Per favore, entriamo e mettiamoci tranquilli. Ho bisogno di riprendermi, ok?"

Con riluttanza, annuisco e lo aiuto a scendere dall'auto, scortandolo fino all'interno di casa mia. Non è ridotto troppo male, per fortuna, ma da quando è successo il fatto non è riuscito nemmeno a cambiarsi d'abito, così ora c'è una coperta a scaldargli la pelle nei punti in cui gli abiti sono stati strappati. Sotto di essi, ancora più angosciante, un tentativo di effrazione che lo segnerà per sempre.

"Hai bisogno del bagno? Vuoi farti una doccia? Vuoi...?"

Fab scuote la testa, gli orecchini che brillano come un vessillo dorato sul relitto di un vecchio galeone. Si limita ad indicarmi il divano ed è lì che lo conduco, osservandolo accarezzare Blu appena gli salta in grembo con un flebile guaito.

Fab è sempre piaciuto a Blu e viceversa: avvolge il lopide contro di sé, abbassando le ciglia finte che raccolgono la rugiada di un'alba terrificante. Ho vissuto un'esperienza simile, non molto tempo fa, quindi so come ci si sente. Corro in cucina e mentre si scalda il tè, raggruppo tutti i medicinali che abbiamo, per poi tornare da lui come un paramedico al richiamo dell'emergenza.

Gli siedo vicino e per prima cosa, giro il suo volto per controllare la gravità del macello. Se l'è cavata con un paio di abrasioni, probabilmente quando ha tentato di divincolarsi dal suo aggressore.

Da quello che so, è riuscito a fermarlo in tempo prima che potesse violare le sue parti intime, però in cambio ha dovuto sopportare delle percosse che gli sono costate qualche livido. La ferita più grande gli si è aperta nell'orgoglio, lo so benissimo, le lacrime sono come sangue che zampilla dalla lacerazione dell'anima.

"Chiudi gli occhi e resta fermo" gli ordino, mentre con un batuffolo imbevuto di disinfettante passo sopra alle ferite.

Il suo volto si contrae per il bruciore: "Non sai fare queste cose".

"Giuro che te lo ficco in bocca, se è necessario."

"Anni a sperare in questa frase e ora me la butti lì così..."

Mi fermo, arretro. Guardo Fab talmente male che non serve aggiungere didascalia; non importa il grado di devasto in cui si trova, lo spazio per flirtare con il sottoscritto è sempre sacrosanto. Che razza di idiota.

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