🧬 45. La chiamata

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Alla fine, non ho preso la chiamata Skype che mi aveva rimediato Fab.

Lo so, sono un idiota.

In compenso, però, ho sentito la Perego per informarmi su questa Geniessen Show. Pare che siano una media corporation nascente e che abbiano visto del potenziale nel mio documetraggio, inoltrato la mattina del matrimonio nella sua versione rinnovata, grazie alla fiammante soundtrack di Raffa e il consiglio "esperto" di Rico.

La Perego dice che secondo lei non è cambiato assolutamente nulla, ma questi affiliati, che sono bramanti di nuovi talenti, hanno immediatamente apprezzato e intendono usare il format per farne una versione in tedesco. Vogliono la mia firma sulla regia e sebbene per ora siano solo voci di corridoio, sono volati anche termini come "serie TV".

Vogliono far nascere una serie TV sulla base del mio documetraggio... ci credete? Io non ancora: mi guardo sempre le spalle in attesa che spunti l'omino della Candid Camera a ricordarmi quanto sono sfigato.

Difatti, per quanto l'atmosfera sembri propizia, anche in questo caso ho fatto la mia figura da re dei coglioni, ignorando sia la prima che la seconda chiamata, che quelle dei giorni successivi. Non mi sento ancora pronto ad affrontarli ed è per questo che anche oggi, anziché stare davanti a un computer a giocarmi il mio futuro, dopo sforzi immani e notti insonni, ho chiesto di rimandare per l'ennesima volta.

No, non pensate che sia perché non so né il tedesco né l'inglese, l'ho fatto semplicemente perché non sono dell'umore di pensare in avanti. Ho ancora troppi casini alle spalle e se non sistemo ciò che ho dietro, rischio di costruire castelli sopra alle sabbie mobili. Quindi come primissimo step, ho bisogno di vedere zia Ross e farle capire che se non torna fra noi, mia madre le farà il culo in Paradiso. 

Sono passati alcuni giorni, ormai, da quando è stata ricoverata, e io sono l'unico a non averle ancora fatto visita. Papà si è preso un permesso e si è sostanzialmente trasferito in ospedale nelle ore notturne. Raffa e Cate, invece, si dividono le ore diurne, incapaci di proseguire le loro vite distante dal capezzale di mamma.

Li capisco benissimo.

Quanto a me, infatti, al principio ho ritenuto opportuno eclissarmi il più possibile per lasciare al dramma i tempi e gli spazi necessari. Ho chiesto a Shishir la cortesia di ospitarmi nella sua ambasciata e tra una pomata alle spezie e l'altra, ho fissato il mio tatuaggio seccarsi, mentre seguivo le orme dei miei familiari e mi lasciavo scappare occasioni in preda al malumore.

Da mio cugino non è mai arrivata nessuna notizia: non mi ha né scritto, né chiamato, né cercato. Non si è preoccupato di chiedermi dove fossi e se stessi bene, non ha nemmeno mandato terzi a farlo. Una volta si sarebbe persino fatto Milano-Roma in macchina per scusarsi... adesso mi sa davvero che, qualsiasi cosa ci fosse tra noi, è esplosa troppo male per poter essere riaggiustata in tempi brevi. Succederà tra mesi, forse... forse tra anni. E sono certo che comunque, niente tornerà mai più com'era prima.

Per questo ho bisogno che almeno i pilastri della mia vita non crollino: oggi è il giorno in cui sono pronto ad uscire dalla Calcutta in miniatura di Shish e rimettere a posto tutto ciò che è ancora salvabile.

In orario di pranzo Cate e Raffa fanno il cambio della guardia, quindi so di essere solo, quando passo a salutare Sofia Antonella. Vedo che hanno aggiunto una targhetta alla sua postazione: ora potrà ufficialmente scegliere tra un nome moderno e uno di una parente defunta... che gran fortuna già da piccola, eh?

Però sono felice che stia bene. 

Credevo che non l'avrei mai ammesso, eppure ci tengo già a lei. Ultimamente mi sono ritrovato spesso a pensare con tenerezza alle sue minuscole manine che si aggrappano ai tubicini che la circondano... e scopro dopo più di vent'anni che sono un maledetto rammollito.

DNA - Dovrei Non AmartiWhere stories live. Discover now